Governo Meloni avvia il processo riformatore, mentre l’Europa scopre un buco di bilancio

Peccato che il governo Meloni presenti provvedimenti come il decreto “Lavoro” che, dopo 6 giorni, mancano ancora del testo ufficiale. Repubblica presidenziale o premierato.

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governo meloni

Questa puntata de il “Bianco & Nero”, condotta dall’esperto in comunicazione e analisi politica, Gianfranco Merlin, e dal direttore della Web Tv e de “il NordEst Quotidiano”, Stefano Elena, parte da una piccola constatazione di metodo politico: il governo Meloni, così come quelli precedenti, illustra al pubblico provvedimenti di legge, come il decretoLavoro” che, dopo sei giorni dalla sua presentazione, manca ancora di un testo ufficiale definitivo, forse anche perché la Ragioneria dello Stato va con i piedi di piombo nella bollinatura del provvedimento, controllando l’effettività delle copertura finanziarie in una situazione di bilancio pubblico sempre più delicata.

Meglio sarebbe frenare un pochino gli ardori comunicativi e provvedere all’illustrazione dei provvedimenti solo un minuto dopo che la Gazzetta ufficiale li ha pubblicati, anche per evitare la ridda di interpretazioni – spesso fallaci – che la fregola dell’annuncio in largo anticipo causa.

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Il governo Meloni avvia il processo riformatore della forma di stato della Repubblica, fissando incontri con i vari esponenti dell’opposizione per arrivare a una proposta di riforma – che è oggettivamente indispensabile per accelerare il processo decisionale e la responsabilizzazione politica – che sia il più possibile condivisa, evitando il muro contro muro che può portare ad un nulla di fatto come accaduto troppe volte nel recente passato, dove le norme approvate a maggioranza semplice dal Parlamento sono state poi bocciate dal referendum confermativo popolare. Renzi docet.

Come trasformare la Repubblica italiana? Assetto presidenzialista o premierato forte? Riforma in senso federalista o rafforzamento dell’entità statuale? Che sistema elettorale per recuperare al voto schiere sempre più ampie di elettori che si rifugiano nell’astensionismo, schifati da un certo modo di fare politica da parte di certi leader di partito che preferiscono servi, portaborse e quaraquaquà di fiducia come candidati piuttosto che personaggi competenti e preparati e con capacità di giudizio critico ed indipendente, ma con lo svantaggio – agli occhi dei vari capetti di partito – di non essere facilmente addomesticabili?

Infine, uno sguardo anche all’Europa che, dopo i continui rialzi del costo del denaro operati a senso unico da una presidente della Banca centrale europea come Christine Lagarde che ha perso ogni contatto con l’economia reale, fa scoprire a Ursula von der Leyen che la sua Commissione rischia il buco nel bilancio per via del raddoppio dei tassid’interesse – con i conseguenti maggiori costi non preventivati – nella gestione del Recovery Plan, che alimenta i vari Pnrr accesi dai paesi dell’Unione, con l’Italia che svetta su tutti con i suoi 192 miliardi di euro. Di fatto, il costo del denaro deciso dalla Bce al 3,75% contro un 1,55% massimo preventivato dalla Commissione europea fa sì che si apra un bel buco nei conti dell’Unione, con von der Leyen che pensa all’istituzione di una nuova tassa per coprire il buco.

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