Sgarbi si dimette da sottosegretario alla cultura tra raffiche di accuse

«Sangiuliano senza dignità». «Perseguitato, andrò al Tar». Le opposizioni esultano e chiedono che anche il sottosegretario alla giustizia Delmastro segua l’esempio.

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Il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi si dimette e per il governo di Giorgia Meloni si avvertono le prime crepe, con le opposizioni che chiedono lo stesso al sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro delle Vedove coinvolto nel caso Cospito e, indirettamente, in quello Pozzolo e il possibile fallimento delle imprese editoriali del ministro al Turismo, Daniela Santanché potrebbero aggravare la situazione.

Sgarbi si dimette annunciandole come «irrevocabili» ancora prima di averle presentate al premier Giorgia Meloni. Sgarbi se ne va da sottosegretario alla Cultura ringraziando il presidente del Consiglio, «che non mi ha chiesto niente», ma puntando il dito contro il suo ministro, il tecnico di area FdI Gennaro Sangiuliano, che non esita a definire «uomo senza dignità».

L’addio del critico d’arte – il secondo per il governo Meloni, dopo quello di Augusta Montaruli, condannata per peculato e il secondo per lo stesso Sgarbi dopo quello del 2002 al termine di un feroce scontro con l’allora ministro della Cultura, Giuliano Urbani, con la sua revoca con un provvedimento del Consiglio dei ministri, guidato allora da Silvio Berlusconi – fa tirare un sospiro di sollievo nella maggioranza, anche se non lo si ammette ufficialmente. La sua posizione – l’inchiesta per il quadro rubato, le attività extra istituzionali sotto la lente del Garante dopo le segnalazioni arrivate dal ministero della Cultura, le sue esternazioni spesso oltre le righehanno creato attorno alla figura di Sgarbi molti imbarazzi tra gli alleati.

Meloni, quando era scoppiato il caso delle presentazioni di mostre, libri e conferenze a pagamento, aveva preso tempo, aspettando di «valutare nel merito» le indicazioni dell’Antitrust, che aveva fissato al 15 febbraio la scadenza per pronunciarsi ma potrebbe comunicare prima le conclusioni sull’incompatibilità tra le attività extra governo di Sgarbi e il ruolo che ha ricoperto al Mic.

Su Sgarbi che si dimette pendeva anche una mozione di sfiducia delle opposizioni in Aula alla Camera, che sarebbe stata discussa proprio il 15 febbraio, dopo uno slittamento deciso due giorni fa tra le polemiche.

Dalle opposizioni si festeggia il nuovo addio del governo Meloni, richiamando la necessità che al passo indietro di Sgarbi ne seguano anche altri, come quello di Daniela Santanchè per i guai con Visibilia, quello di Andrea Delmastro Delle Vedove, su cui pende il processo per la rivelazione di segreto d’ufficio legato al caso Cospito, e pure quello di Francesco Lollobrigida, dopo la fermata straordinaria del Frecciarossa a Ciampino.

Sgarbi promette battaglia: «farò sicuramente ricorso al Tar» dice rivendicando il suo lavoro fin qui, paventando «un’azione precisa per portarmi alle dimissioni. Sono oggetto di una persecuzione mediatica evidente», assicurando che non si sarebbe dimesso «sulla base di insinuazioni o pettegolezzi con lettere anonime», ma quando «l’Autorità avesse riconosciuto l’incompatibilità». L’arrivo di una «molto complessa e confusa lettera» dall’Authority dove «c’era scritto che non posso fare conferenze da Porro», lo ha spinto a lasciare, dice con una evidente provocazione Sgarbi, che annuncia l’addio per l’appunto a un evento organizzato da Nicola Porro a Milano.

Da Palazzo Chigi, per ora, non si reagisce, anche se nelle prossime settimane bisognerà valutare se, e quando, sarà sostituito Sgarbi, considerando che è rimasto scoperto anche il posto lasciato da Montaruli al ministero dell’Università e della Ricerca dove il ministro Annamaria Bernini opera senza sottosegretari, nonostante il settore dell’alta formazione sia tutt’altro che secondario.

L’uscita di Sgarbi dal governo apre al totonomine, e al suo posto che ricopriva come tecnico («ora torno ad essere solo Sgarbi») potrebbe andare un esponente di Noi moderati come la deputata Ilaria Cavo.

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