Fogne e aria: Italia continua a sguazzare nel lercio

Nuova procedura d’infrazione delle norme europee in fatto di qualità delle acque e dell’aria con conseguenti multe milionarie che si aggiungeranno a quelle già in vigore (30 milioni ogni sei mesi dal 2018).

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L’Italia sguazza nel lercio o, meglio, nella merda, quella degli scarichi fognari non adeguatamente trattati e della qualità dell’aria spesso pessima specie nel bacino padano: la Commissione europea bacchetta nuovamente l’Italia con una nuova procedura d’infrazione delle regole europee in fatto di tutela dell’ambiente per la qualità non adeguata di fogne e aria.

Roma è stata nuovamente deferita alla Corte di Giustizia dell’Ue per non aver rispettato alcuni obblighi di raccolta e trattamento degli scarichi idrici previsti dalla direttiva Ue. Un braccio di ferro tra Roma e Bruxelles che va avanti da anni e che nel giugno 2018 ha visto l’invio della lettera di costituzione in mora, seguita dal parere motivato nel 2019 che hanno avviato l’iter della procedura d’infrazione. Nulla da fare. Nonostante «alcuni progressi» riconosciuti dal governo comunitario, gli sforzi dell’Italia per conformarsi alle norme sono stati «finora insufficienti».

Da qui, la decisione di deferire alla Corte l’Italia che potrebbe trovarsi a pagare una nuova multa per insostenibilità. Già nel 2018, la Corte europea ha condannato il Paese a pagare 25 milioni di euro perché, nonostante una precedente censura del 2012, oltre 70 agglomerati urbani, in violazione della normativa comunitaria, erano sprovvisti di fognature e impianti di depurazione adeguati; con l’aggiunta di altri 30 milioni per ogni semestre di ritardo nella messa a norma.

Bruxelles accusa Roma di «mancanza di conformità» in ben 179 agglomerati urbani, ovvero i comuni con più di duemila abitanti. L’Italia – evidenzia la Commissione – deve ancora garantire che i sistemi di raccolta delle acque reflue siano in funzione in 36 agglomerati; in 130 il Paese non riesce ancora a trattare correttamente le acque reflue raccolte; e, ancora, in 12 non rispetta l’obbligo di trattamento più severo per le aree sensibili. Infine, per 165 agglomerati, l’Italia non riesce a monitorare che gli scarichi idrici soddisfino, nel tempo, le condizioni di qualità. Insomma, i depuratori ci sarebbero anche, ma funzionano poco e male.

L’indagine comunitaria si è soffermata sull’Italia anche con altre tre procedure d’infrazione nel quadro della direttiva che ha lo scopo di proteggere l’ambiente dagli scarichi di acque reflue da fonti urbane e settori industriali specifici: in totale sulle fogne irregolari ci sono quattro procedure d’infrazione pendenti che riguardano ben 900 agglomerati urbani con più di 2.000 abitanti in tutto il territorio italiano. La Commissione, interpellata su quali siano le Regioni interessate, non ha voluto dare dettagli.

Fogne e aria: altro deferimento riguarda i livelli di inquinamento dell’aria per cui il Paese è da tempo sotto osservazione di Bruxelles. A Roma – denuncia la Commissione – è passata «inosservata» la sentenza di condanna della Corte di giustizia Ue emessa nel 2020. E nel 2022 la Commissione ha constatato che in ventiquattro aree la qualità dell’aria presentava «valori limite giornalieri» di concentrazione dell’inquinamento superiori al consentito e una zona superava i limiti annuali.

Limiti che appartengono alla “vecchiadirettiva sulla qualità dell’aria che l’Ue ha modificato solo di recente per renderli più stringenti, garantendo però al Nord Italia dieci anni in più per attuarli riconoscendogli «specifiche condizioni climatiche e orografiche» difficilmente modificabili. L’Italia ha ora due mesi di tempo per rispondere e «colmare le carenze». In assenza di una risposta «soddisfacente», l’esecutivo Ue potrebbe portare avanti la procedura fino ad arrivare a un nuovo deferimento alla Corte.

Fogne e aria: se per l’aria le soluzioni sono difficilmente applicabili per via della conformazione del bacino padano, per le fogne le soluzioni ci sono, eccome, anche a tutela del turismo balneare, troppo spesso messo a rischio dagli scarichi fognari non trattati recapitati a mare da fiumi, torrenti e rivi o direttamente dagli scarichi fognari che sboccano sul bagnasciuga, con tutto quel che ne consegue in termini di odori, panorama e rischio sanitario. Che, oltretutto, è costato fino ad ora 385 milioni di euro in multe che potevano essere utilizzate per costruire i depuratori mancanti.

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