A Trieste e a Basovizza visita congiunta di Mattarella e Pahor

Prima volta di un presidente di un Paese appartenente all’ex Jugoslavia. Riconsegnato alla comunità slovena lo storico Narodni dom. Critiche all’evento da parte di Gasparri e Meloni.

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giorno del ricordo
La corona commemorativa posta alla Foiba di Basoivizza.

I presidenti Sergio Mattarella (Italia) e Borut Pahor (Slovenia) hanno deposto una corona di fiori alla foiba di Basovizza, dove si stima che i partigiani comunisti jugoslavi abbiano gettato duemila italiani tra militari e civili. L’evento ha un grande valore storico: Pahor è il primo presidente di uno dei Paesi nati dalla disgregazione della ex Jugoslavia titina a commemorare le vittime italiane delle foibe. I due presidenti hanno osservato un minuto di silenzio dandosi la mano. 

Luogo simbolo e memoriale per i familiari delle vittime delle violenze slave del 1943-45, la foiba di Basovizza fu dichiarata monumento nazionale dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga l’11 settembre 1992. Precedentemente, nel 1980, il pozzo di Basovizza, con la foiba n. 149 di Monrupino, fu classificato come monumento di interesse nazionale. Nel 1991 vi si recò in visita l’allora presidente Cossiga. 

La foiba si trova sull’altopiano carsico nei pressi di un pozzo minerario in disuso profondo circa 200 metri. Nel 1945 fu luogo di esecuzioni e di occultamento di cadaveri. Al termine della cerimonia i due presidenti si sono trattenuti a parlare per pochi minuti. 

Altra cerimonia cui hanno partecipato i due presidenti dinanzi al cippo di Basovizza che ricorda quattro membri del Tigr (Trst Istra Gorica Rijeka) fucilati il 6 settembre 1930 in esecuzione di una condanna a morte emessa dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Ferdo Bidovec, Fran Marusic, Zvonimir Milos e Alojz Valencic avevano tra i 22 e i 34 anni e facevano parte di un gruppo clandestino collegato al Tigr; erano stati riconosciuti colpevoli anche di un attentato contro il quotidiano fascista locale “Il Popolo di Trieste”, in cui era morto un redattore, Guido Neri. I quattro giustiziati sono nel tempo divenuti simbolo della resistenza delle minoranze slave al fascismo. 

Ultima tappa della cerimonia congiunta a Trieste per la riconsegna alla comuinità slovena del Narodni Dom. I due presidenti, giunti a qualche minuto di distanza l’uno dall’altro, sono stati accolti da applausi da un gruppo di persone che li attendeva dietro a transenne, ad alcuni metri di distanza dall’ingresso, cui Mattarella e Pahor hanno rivolto un saluto. 

All’arrivo di Pahor alcuni appartenenti alla minoranza slovena in Italia, hanno intonato l’“Inno della Resistenza degli sloveni del litorale”, una canzone che ricorda come «dopo le torture – hanno spiegato – noi sloveni siamo riusciti a vincere il fascismo. Siamo qui perché oggi dovrebbe essere un giorno di festa, ma la diplomazia ci ha messo troppi simboli, tra cui la presenza di Pahor alla foiba. Il momento non è ancora opportuno». 

I due presidenti sono rimasti un breve periodo nell’edificio, dove è stata loro illustrata la storia del Narodni dom; insieme Mattarella e Pahor hanno compiuto una visita fermandosi a guardare foto e scritti esplicativi. Infine, hanno firmato nel libro del ricevimento. Al termine, mentre il presidente Mattarella usciva per rientrare in Prefettura, Borut Pahor ha incontrato la stampa. 

«Oggi Trieste, almeno per un giorno, almeno in senso metaforico, celebra i valori più nobili a fondamento dell’Unione europea e ne diviene la sua capitale – ha detto Pahor -. Ci sono pochi posti al mondo ad aver visto da vicino l’inizio della Prima guerra mondiale e la fine della Seconda. E Trieste è la città che meglio di tutte le altre sa che la Prima guerra mondiale era chiamata la Grande Guerra perché in verità non è mai giunta alla sua fine, ma è soltanto defluita nella seconda». 

Se la città “parla” «della fragilità umana nel vortice di cambiamenti politici, sociali, storici ed etnici, oggi – prosegue Pahor – ci parla anche delle persone che comprendono, ricordano e perdonano ed è un potere enorme, che smuove. L’atto di oggi è conseguenza del grido del nostro desiderio congiunto a non sacrificare lo spirito positivo di questo tempo ricco di promesse a vantaggio di un altro tempo che potesse riportare nuovamente dal passato, quel passato amaro e tristemente già vissuto. L’odio non richiede impegni, basta lasciarsi andare, lasciarsi prendere in modo codardo dai pregiudizi; l’amicizia invece richiede coraggio e impegno per poter curare la diversità e rafforzare l’unione». In questo senso, la riconsegna del Narodni dom per Pahor «è un atto di speranza che ci infonde ottimismo e incoraggia il cuore nobile delle due nazioni, un atto talmente grande e pregno di significato che riguarda non solo gli sloveni e gli italiani ma l’Europa intera e tutti i suoi popoli».

mattarella e pahor
L’arrivo dei presidenti Sergio Mattarella e Borut Pahor alla Foiba di Basovizza.

«E’ una giornata molto importante ed è veramente un’emozione pensando che dieci anni fa ero riuscito a portare i tre presidenti d’Italia, Slovenia e Croazia in piazza Unità per il concerto dell’Amicizia del 13 luglio 2010 – afferma il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza -. E oggi, il Presidente Mattarella e il Presidente Pahor sono qui, alla Foiba di Basovizza. Continua così quel processo di pacificazione in cui ho creduto fermamente e per il quale mi sono impegnato nell’arco di vent’anni e ritengo di esserci riuscito. Non c’è solo la storia scritta dai vincitori, ma anche quella scritta dai vinti. Il passaggio oggi del Presidente Pahor – ha aggiunto Dipiazza – è sicuramente molto rilevante perché finalmente riconosce il valore e il significato della Foiba di Basovizza».

La cerimonia ha lasciato insoddisfatta la destra italiana. «Colpisce la potenza simbolica dell’immagine del Presidente Mattarella che si tiene per mano con l’omologo sloveno Pahor davanti alla Foiba di Basovizza. Da molto tempo si chiedeva un atto solenne di questo tipo nel complesso cammino di riconciliazione che Italia e Slovenia stanno facendo – commenta la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni -. Rimane però l’amarezza per la sbagliata equiparazione tra gli infoibati italiani e i quattro terroristi del Tigr con l’omaggio richiesto dal governo sloveno al cippo di Basovizza e la scelta di celebrare questa cerimonia proprio nel centenario dell’incendio del “Narodni dom” di Trieste. Così come non è condivisibile la scelta di trasferire la proprietà dell’edificio alla comunità slovena, visto che l’Italia aveva già ampiamente dato il suo risarcimento con la ricostruzione del Teatro sloveno di via Petronio. Dunque, amarezza e delusione per una giornata che avrebbe potuto essere storica, ma che si trasforma in una grande occasione mancata».

Da parte sua, il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, secondo cui «la presenza per la prima volta del presidente della Repubblica Mattarella alla foiba di Basovizza è un importante e ulteriore atto di omaggio alle vittime della pulizia etnica attuata dai comunisti guidati da Tito. Ancor più rilevante la presenza del presidente della Slovenia Pahor. Per la prima volta un rappresentante di uno degli Stati nati dalla fine della ex Jugoslavia si reca sul luogo di uno dei più tragici eccidi di italiani. Lascia perplessi che l’omaggio agli italiani innocenti sterminati per odio etnico, venga accompagnato dalla visita a un monumento eretto a quattro sloveni condannati nel 1930 a seguito di gravissimi atti criminali. Non sono eventi assimilabili». 

Secondo Gasparri, quanto alla consegna alla comunità slovena dell’ex albergo Balkan «non si può che rimanere sorpresi per tale atto, privo di reali motivazioni. A questo punto ci si attende dalle istituzioni italiane, governo e non solo, atti concreti per il mondo dell’esodo GiulianoDalmata: immediata restituzione di 179 beni lasciati in libera disponibilità degli esuli italiani, già proprietari, come previsto da accordi del 1983; lapidi multilingue in territorio sloveno nei luoghi del martirio di italiani; indennizzi agli italiani esiliati e creazione, con adeguati mezzi, di una Fondazione degli esuli italiani, dando seguito a decisioni contenute in trattati. Queste e altre iniziative vanno prese ora e subito. E a tal fine presenteremo una mozione parlamentare. Non alimentiamo toni polemici, ma aspettiamo rapidi atti di riequilibrio in Slovenia e in Italia».

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