“Salva Milano”: appello da 140 urbanisti e costituzionalisti ai senatori

«Non approvate una legge che peggiorerà le città».

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Sul “Salva Milano” cresce il movimento dei contrari ad una legge che è «la risposta politica alle indagini giudiziarie sull’urbanistica milanese», una «intromissione della politica nel campo della giustizia, per bloccare indagini in corso» e soprattutto che peggiorerà la vita in tutta Italia perché «cambierà radicalmente il futuro delle nostre città, rendendole sempre più congestionate ed elitarie».

Con una lettera appello sottoscritta da oltre 140 professori universitari, urbanisti, giuristi, costituzionalisti, economisti, storici, sociologi, geografi, si chiede «ai Senatori della Repubblica» di non approvare «la proposta di legge numero 1309», la cosiddettaSalva Milano», già passata alla Camera.

Nata «come un condono per sanare le irregolarità del passato», si legge nella lettera, la legge «è stata trasformata in provvedimento “di interpretazione autentica” che, se approvato definitivamente, imporrà come legge in tutta Italia e per sempre la pratica dell’urbanistica seguita a Milano, abrogando le disposizioni che impongono la pianificazione attuativa delle città, a garanzia dei servizi dovuti a tutti i cittadini».

Nuovi palazzi, ma niente più «servizi per la città, edilizia sociale, parcheggi, marciapiedi, piste ciclabili, parchi, scuole, biblioteche». Lo spazio urbano, spiegano i firmatari, «potrà essere occupato da edifici senza un disegno unitario, senza un piano, senza una visione di città, se non quella degli operatori e dei fondi immobiliari». Con ampliamento «a dismisura della categoria della ristrutturazione edilizia».

Una legge, proseguono i sottoscrittori dell’appello, che «impedirà di promuovere politiche di verarigenerazione” e riqualificazione delle nostre città e delle periferie» e «innescherà dinamiche finanziarie che aumenteranno i prezzi dell’abitare e accresceranno le disuguaglianze». Ci sono nelle nuove norme «forti profili di incostituzionalità», che potranno essere «impugnati davanti alla Corte costituzionale».

 

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