Dopo un lungo commissariamento salviniano, si è finalmente svolto il congresso della Lega lombarda che non ha mancato di fare un amarcord sulla necessità della difesa degli interessi del Nord e un rilancio della Padania, evidenziando come la svolta nazionalista impressa dalla linea di Matteo Salvini sia stata tutt’altro che vincente, anzi: al Nord i fasti della Lega fu Nord di Bossi sono solo un mesto ricordo, con la Lega salviniana surclassata in tutte le regioni del Nord da una realtà come Fratelli d’Italia.
Il congresso della Lega lombarda riaccende lo scontro sulla questione del Nord, ma il leader Matteo Salvini tira dritto e rivendica la svolta nazionale facendo finta di non accorgersi della fila delle sconfitte che lui ha centrato con la deriva nazionale, perdendo drammaticamente consensi al Nord senza acquistarne di nuovi al Centro e al Sud.
Il nuovo segretario regionale, eletto per acclamazione – unico candidato dopo il ritiro di Cristian Invernizzi e del deputato Luca Toccalini – è il capogruppo in Senato, Massimiliano Romeo, che parla di identità perduta e invoca più ascolto della base.
«Matteo, sai che sono sempre stato leale con te, se non parliamo più del Nord, al Nord i voti non li prendiamo più» ha detto Romeo senza giri di parole rivolgendosi a Salvini presente in sala e scatenando l’ovazione della platea presente.
Ancora più netto il presidente della Lombardia, Attilio Fontana: «se continuiamo a dire che va tutto bene, nascondiamo qualcosa. Io qui sono a combattere a favore della Lombardia e a favore del Nord. Tutto il resto non mi interessa» spiega il governatore lombardo che da mesi si spende per la questione settentrionale perché «il problema del Nord c’è, è sempre più presente e si presenterà nei prossimi mesi e anni». Fontana, senza fare nomi, evoca anche lo spettro del fuoco amico: «quando dite che i nemici sono fuori dalla Lega, beh qualche nemico è anche dentro. Quando vedo certi emendamenti firmati dai nostri parlamentari di zone diverse dalle nostre che vanno tutti a danno della Lombardia, io mi incazzo come una bestia. Come Lombardia non possiamo essere gli unici che accettano e che tirano la baracca in questo Paese e in cambio riceviamo sberle. Le ultime mi hanno fatto veramente imbestialire» attacca Fontana, in relazione ad alcuni emendamenti o ripartizioni di fondi, come quelli sui trasporti, che secondo lui hanno finito per sfavorire le Regioni più virtuose come la Lombardia. Deputati e senatori provenienti da altre esperienze politiche, spesso non autonomiste, saliti in tutta fretta sul carro salviniano senza prima un’adeguata decantazione e rieducazione politica, che spesso riemerge.
Salvini ascolta ma non ammette i propri, numerosissimi, errori di strategia politica: «la scelta di un movimento nazionale per la Lega è giusta per il Paese ed è utile per la Lombardia. Su questo non torno indietro». Anche lui si concentra sul «rumore di fondo» che arriva da dentro e che danneggia il movimento: «il confronto interno in sezione è sacro e sacrosanto. Ma quando si va a sputtanare un altro militante sui giornali, non è più confronto interno ma mancanza di rispetto». Sorvolando sul fatto che ormai dei leghisti sono più quelli fuori che si stanno organizzando nelle nuove formazioni politiche che quelli rimasti dentro la Lega salviniana. E questo, vuol pur dire qualcosa, tanto più che il congresso della Lega lombarda ha ritirato fuori dal fondo dei cassetti di Salvini la questione settentrionale, facendo fischiare le orecchie del segretario nazionale, il quale, più che Romeo, avrebbe preferito che al timone della Lega lombarda fosse eletto il suo fedelissimo Toccalini.
Salvini non ci sta a far passare il messaggio che l’elezione di Romeo sia una sua sconfitta: «Abbiamo lavorato per trent’anni insieme. Non nomino capogruppo in Senato qualcuno di cui non ho stima», assicurando che nei prossimi giorni sentirà anche Umberto Bossi (che tanto per riattizzare ancor di più la questione settentrionale ha ricevuto la tessera n. 1 del “Patto per il Nord” dalle mani dell’ex deputato Paolo Grimoldi, diventandone presidente ad honorem), ma glissando sul futuro di Romeo come capogruppo.
Salvini chiede unità e compattezza e a tendergli la mano arriva anche il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti: «abbiamo bisogno di un capo, che va rispettato. E abbiamo bisogno di essere una comunità», afferma il ministro che nel congresso lombardo vede l’occasione «per fare un esame di coscienza».
Sul concetto di comunità si sofferma Romeo: «a me questa storia della Lega di Zaia, di Giorgetti e di Vannacci non convince. Ci vuole la Lega di comunità, non delle personalità». E poi basta con le «beghe di cortile» legate «all’inseguimento ossessivo di poltrone. Prima viene il simbolo, poi la cadrega. Sia chiaro. Così come la militanza non può essere considerata manovalanza e poi un comitato ristretto prende le decisioni per tutti».
Secondo Romeo, la Lega non deve dimenticare la sua storia e anche i suoi simboli: «a partire dal “Va pensiero” e dal “Sole delle Alpi”. E bisogna rimettere al centro l’importanza di fare gavetta». Che le cose, anche in Lombardia, ultimamente «non sono state rose e fiori», con un clima «ad alcune feste non da fratelli», con Salvini che però guarda al futuro con una speranza forse illusoria dopo avere buttato alle ortiche l’identità storica della Lega Nord: «vogliamo tornare a essere il primo partito qui e in Italia».
Il tema più identitario di tutti è stata l’autonomia che pare nuovamente sfuggire. Secondo Fontana, il ministro Roberto Calderoli «sta combattendo una battaglia da solo contro tutto il mondo» e anche se «non ha mai avuto sostegno dai nostri alleati e da nessuno, è riuscito a fare un passo avanti importante. Se serve, torniamo anche a parlare di “Padania libera”. Chiedo che venga posta formalmente una questione legata all’autonomia o legata a qualunque altro tipo di sistema che ci consenta di ritornare padroni a casa nostra. Altrimenti – ha concluso il governatore lombardo – dobbiamo forse cambiare strategia».
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