Divieto immatricolazione auto con motore termico dal 2035: gigantesco errore europeo

Borchia: «necessario intervenire subito per evitare danni irreparabili all’economia e all’ambiente».

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divieto immatricolazione auto

La decisione presa dal Parlamento europeo del divieto dell‘immatricolazione auto con motore a combustione dal 2035 sull’altare del presunto taglio delle emissioni inquinanti di cui l’auto è da decenni responsabile solo in misura limitata rischia di essere un clamoroso e dannoso autodafè della peggiore politica demagogica, con pesanti conseguenze sull’economia, sull’occupazione, sull’indipendenza tecnologica e anche per l’ambiente.

In questa puntata di “Focus” di “ViViItalia Tv”, l’esperto in comunicazione e analisi politica, Gianfranco Merlin, e il direttore della Web Tv e de “il NordEst Quotidiano”, Stefano Elena, intervistano Paolo Borchia, eurodeputato veneto veronese e capogruppo della Lega in seno alla commissione Industria, ricerca ed energia dell’Europarlamento, con si tracciano una serie di scenari a seguito di una decisione che l’Italia si trova a dover subire, complice il fatto che il governo Draghi ad ottobre 2022 e a nuovo governo Meloni non ancora insediato non ha fatto pesare sufficientemente le esigenze della neutralità tecnologica in questo settore.

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Di fatto, il divieto dell‘immatricolazione auto deciso dall’Europarlamento pone una serie di pesanti incognite sul futuro economico ed industriale dell’Unione Europea, che si troverà nel campo della mobilità a perdere la propria indipendenza tecnologica per legarsi a quintupla mandata ai monopoli cinesi in fatto di materiali indispensabili per la produzione delle batterie e dei motori elettrici.

C’è poi il problema delle emissioni che la vulgata ecologista vuole azzerare proprio grazie al cambiamento tecnologico della mobilità passando dai motori termici a quelli elettrici, facendo finta di non accorgersi del fatto che per assicurare il passaggio sarà necessario produrre molta più energia di oggi e farlo in modo sostenibile, non come ora che il 45% della produzione è assicurata da fonti fossili più o meno pulite (come il gas metano in Italia) o decisamente sorche (come in Germania e, soprattutto, in Polonia, dove gran parte del fabbisogno è assicurato dalla lignite, il peggiore tra i carboni disponibili).

Ma c’è anche la questione dei maggiori costi dell’auto elettrica, ancora oggi decisamente più elevati al netto dei ricchi contributi pubblici, oltre al problema della ricarica per la mancanza di punti di erogazione di energia che assicurino tempi compatibili con la fruibilità del veicolo. Senza contare il fatto che, secondo Assocarrozzieri, la manutenzione e riparazione di un auto elettrica costerà decisamente di più a causa delle procedure di sicurezza e della delicatezza dell’elettronica di bordo.

Insomma, da qualsiasi parte si giri la questione, il voto dell’Europarlamento fatto da una maggioranza composta da sinistre varie, verdi, liberali e grillini sarà un colossale boomerang che finirà con il favorire solo l’economia cinese. Davvero un bel risultato per una classe politica a fine corsa che alle elezioni del 2024 dovrà salutare il ricco scranno europeo.

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