Burocrazia choc: al sistema imprese italiano costa ogni anno 23 miliardi di euro

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giuseppe bortolussi cgia mestre 1Secondo lo studio della Cgia di Mestre, se con un colpo di bacchetta magica si potesse dimezzarne il peso economico sulle imprese, si libererebbero risorse per creare, almeno teoricamente, oltre 300.000 nuovi posti di lavoro all’anno

Pesa sempre di più: ormai ha raggiunto quota 23 miliardi. E’ questo il costo che le piccole e medie imprese italiane devono farsi carico ogni anno per espletare gli obblighi previsti dalla legge in materia di lavoro, di ambiente, di fisco, di privacy, di sicurezza sul lavoro, di prevenzione incendi, di appalti e di tutela del paesaggio. Un macigno, quello della burocrazia, che drena risorse e appesantisce le strutture amministrative delle aziende: ormai costituisce uno dei principali ostacoli alla crescita del nostro sistema economico. Lo dice uno studio della Presidenza del Consiglio dei Ministri che è stato presentato l’anno scorso.

“Se con un colpo di bacchetta magica fossimo in grado di ridurne il costo della metà – sostiene il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi – libereremo 11,5 miliardi di euro all’anno che potrebbero dar luogo, almeno teoricamente, a 300.000 nuovi posti di lavoro. Invece, tra il peso delle tasse e le difficoltà nel districarsi tra i meandri della burocrazia italiana, le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni, continuano a perdere tempo e denaro”.

Purtroppo, l’inefficienza dalla macchina amministrativa pubblica e una legislazione spesso indecifrabile e difficilmente applicabile hanno effetti negativi anche oltre confine. “I tempi e i costi della burocrazia – dice Bortolussi – sono diventati una patologia endemica che caratterizza negativamente il nostro Paese. Non è un caso che molti investitori stranieri non vengano qui da noi proprio per la farraginosità del nostro sistema burocratico. Incomunicabilità, mancanza di trasparenza, incertezza dei tempi ed adempimenti onerosi hanno generato un velo di sfiducia tra imprese private e Pubblica amministrazione che non sarà facile eliminare”.

Analizziando i dati in maniera più dettagliata, il settore che incide di più sui bilanci delle Pmi è quello del lavoro e della previdenza: la tenuta dei libri paga; le comunicazioni legate alle assunzioni o alle cessazioni di lavoro; le denunce mensili dei dati retributivi e contributivi; l’ammontare delle retribuzioni e delle autoliquidazioni, costano al sistema delle Pmi 9,9 miliardi l’anno.

L’area ambientale pesa sul sistema delle Pmi per 3,4 miliardi di euro l’anno. Le autorizzazioni per lo scarico delle acque reflue, la documentazione per l’impatto acustico, la tenuta dei registri dei rifiuti e le autorizzazioni per le emissioni in atmosfera sono le voci che determinano la gran parte degli oneri di questo settore.

Notevole anche il costo amministrativo che le aziende devono “sopportare” per far fronte agli adempimenti in materia fiscale. Le dichiarazioni dei sostituti di imposta, le comunicazioni periodiche ed annuali Iva, etc, costano complessivamente 2,8 mld di euro. Gli altri settori che incidono sui costi amministrativi delle Pmi sono la privacy (2,2 mld di €), la sicurezza sul lavoro (1,5 mld di €), la prevenzione incendi (1,4 mld di €), gli appalti (1,2 mld di €) e la tutela del paesaggio e dei beni culturali (0,6 miliardi di €).

Forse è il caso che il Governo Monti inizi a lavorare con impegno anche su questo versante della riorganizzazione dello Stato, per consentire la ripresa economica, il futuro delle imprese e l’incremento dell’occupazione realmente produttiva.

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