Referendum costuzionale, Renzi vince in Alto Adige, ma non a Lampedusa

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Matteo Renzi pensoso
Nella provincia sudtirolese il “Sì” raggiunge la vetta nazionale, mentre a Lampedusa c’è il record del “No”

Di Giuseppe Pace, segretario provinciale Padova Partito Pensionati

Matteo Renzi pensosoI giovani in Italia, dicono le previsioni e le verifiche successive, hanno votato “No”, mentre gli anziani “Si”. Di conseguenza, il Partito dei Pensionati avrebbe appoggiato Renzi? Niente di tutto ciò. Il nostro presidente nazionale, già On. Carlo Fatuzzo, ha dichiarato, fin dall’inizio, il “No” deciso del Partito Pensionati, che si colloca in una alleanza centrista e non di centrosinistra. Il sottoscritto, partecipando ad un’assemblea pubblica sulle ragioni del “Si” e del “No” a Padova, ha dichiarato, ai presenti, intervenendo per il “No” referendario, di essere per la democrazia parlamentare e dunque per il “No” al referendum in condivisione del relatore presente e già On. Settimo Gottardo.

In Veneto, alle scorse elezioni regionali abbiamo fatto alleanza con il “Fare” di Tosi, che adesso ha appoggiato Renzi, ma noi non c’entriamo in quella sua personale scelta, si spera solo che non si metta ad osannare, anche lui, il 40% dei consensi renziani avuti, ma in Veneto sono meno e i penta stellati non costituiscono maggioranza alternativa al Pd come in altre regioni italiane. 

Mentre gli italiani bocciano la riforma renziana della antifascista costituzione nazionale, in controtendenza c’è il Trentino Alto Adige dove il “Sì” ottiene il 59% dei consensi: a Bolzano supera addirittura il 63%. Gli elettori bocciano la riforma Boschi e il presidente del Consiglio annuncia il suo passo indietro. Il fronte dei contrari stravince in Sardegna, Sicilia, Puglia e Campania, mentre il “Sì” ce la fa (anche se di poco) in Emilia Romagna e Toscana. Tra le grandi città che salvano il provvedimento Milano e Firenze, mentre Oristano e Palermo sono i centri dove i contrari raggiungono i picchi maggiori. Da segnalare i risultati delle grilline Torino e Roma: qui passa il “No” ma con percentuali più basse rispetto alle altre realtà. Adesso a bocce ferme i perdenti cantano la vittoria raggiunta del 40% da conservare per governare ancora! Ma alcune loro voci dissidenti mettono in guardia l’ottimismo non giustificato dalla stragrande maggioranza degli italiani che ha votato contro Renzi più che contro la riforma referendaria paventata.

A Lampedusa, nel profondo Sud e isola emblema degli sbarchi degli immigrati, il 78,42% dei voti ha caratterizzato la vittoria del “No” senza possibilità di appello: un’onda di voti contrari alla riforma del Senato ha travolto il governo di Matteo Renzi che poco dopo ha annunciato le sue dimissioni da presidente del Consiglio. «Ho perso io», ha detto Renzi, in diretta da Palazzo Chigi. L’Italia si è presentata alle urne con un’affluenza altissima – 68,48% – dimostrando che la chiamata ai seggi è stata fin dall’inizio un referendum pro o contro l’esecutivo capace di mobilitare tutta la popolazione. Secondo i primi risultati del Viminale, il “No” vince con il 59,5% dei voti contro il 40,4%. Diverso il risultato se si guardano gli elettori all’estero che invece hanno dato il loro parere positivo sulla riforma con il 65% dei consensi. Come anticipato dai sondaggi degli ultimi mesi, Renzi non convince il Paese e viene punito da Nord a Sud per la scelta di personalizzare la consultazione. 

La presunta rimonta degli ultimi giorni di campagna elettorale, sulla spinta dell’endorsement strappato al fotofinish all’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, si è rivelata un’illusione. L’Italia è andata in massa a votare per, di fatto, mandare a casa il governo. La mappa dei risultati rivela una vittoria del “No” quasi dappertutto con pochissime realtà in cui il “Sì” è riuscito a prevalere. Una sconfitta sul territorio che conferma le difficoltà già riscontrate durante le scorse amministrative e soprattutto mostra un disagio in alcune delle zone del Paese maggiormente colpite dalla crisi economica. I contrari stravincono in Sardegna dove ottengono oltre il 72% dei consensi e Oristano è uno dei centri dove l’opposizione è più marcata: 75,5%. Per trovare un dato così schiacciante bisogna andare nell’altra isola, in Sicilia: qui i contrari superano il 71% e la provincia di Palermo raggiunge addirittura il 72,2% di “No” al progetto Boschi.

E dire che il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini (Pd), era persino stata a cena con Renzi alla Casa Bianca, ospiti d’eccezione di Barack Obama, scelta appositamente dal premier come testimonial dell’Italia (che conta e che vota in un certo modo) in occasione della recente cena di commiato del presidente americano. Non solo: la prima cittadina dell’isola siciliana era stata indicata da alcuni boatos come una possibile candidata in pectore di Renzi a Governatore in occasione delle prossime elezioni regionali. Insomma, un vero e proprio simbolo dell’italianità modello renziano, la prima cittadina di Lampedusa: l’isola da lei amministrata che però, appena 24 ore fa, alla prova referendaria ha ceduto alla schiacciante vittoria del “No” opponendo un netto rifiuto alla proposta di riforma costituzionale voluta al Premier, oggi dimissionario. Una rappresentante doc della governance dem dislocata sul campo, insomma, Giusi Nicolini: ma evidentemente, su quel campo – che non era certo uno qualunque, ma quello dell’isola per antonomasia presa d’assalto dagli sbarchi di migranti e profughi – si sono innestate altre necessità, altre convinzioni.

E non è un caso che sia successo proprio a Lampedusa, il luogo che prima, più e forse anche meglio di altri approdi, si è sobbarcato da subito l’onere dell’accoglienza coatta degli immigrati provenienti da anni da ogni parte del mondo, dando spesso e volentieri esempio di paziente accettazione dei diktat governativi. Eppure ieri, la stessa isola, ha detto “No”: e non ha retto all’onda d’urto anti-renziana, travolta dalla valanga dei “No” siglati e rivendicati alle urne. Tanto che domenica nel comune più a Sud d’Italia e anche d’Europa, quello di Lampedusa e Linosa, il “No” al Referendum costituzionale ha ottenuto quello che è stato prontamente ribattezzato un “suffragio bulgaro”: il 78,42% dei votanti contro il 21,58% per il “Sì”. Un risultato sorprendente su cui il sindaco dell’isola Giusi Nicolini dovrà riflettere, e di cui dovrà decodificare il messaggio.

Mentre il Sud boccia sonoramente il Premier e le sue smaniose riforme superficiali, il Trentino Alto Adige – a parte le rosse Toscana ed Emilia – lo premia, sia pure di stretta misura. I vertici politici di maggioranza del Trentino Alto Adige non stanno dando sufficiente voce agli italiani che devono subire l’invadenza linguistica e di pretese di doppia cittadinanza altoatesina. Essere discriminati in patria non è democratico e il Trentino Alto Adige, da troppo tempo, sta giocando con la pazienza del popolo italiano, che è un popolo saggio, ricco di storia e non ha molto da imparare da quello tedesco, a volte barbaramente lanciato, da pochi pazzi, agli onori negativi della Storia. 

La vittoria schiacciante al referendum data dagli italiani deve far meditare i facinorosi e soprattutto ai poco italiani, residenti in Trentino Alto Adige, che godono del supergeneroso pacchetto di agevolazioni volute in anni di vacche grasse, ma adesso siamo in quelli di vacche magre!