L’inflazione ad aprile torna a crescere in Italia e in Europa

In Italia, secondo l’anticipazione Istat, passa dal 7,6% al 8,3%, mentre frena il “carrello della spesa” al 12,1%. Rialzi anche nell’Eurozona. Preoccupazioni di consumatori e commercianti.

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Torna a crescere l’inflazione: l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, ad aprile sulla base delle stime preliminari dell’Istat registra un aumento dello 0,5% su base mensile e dell’8,3% su base annua, da +7,6% del mese precedente.

L’accelerazione del tasso di inflazione si deve, in prima battuta, all’aumento su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (da +18,9% a +26,7%). L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, resta stabile a +6,3%, così come quella al netto dei soli beni energetici (a +6,4%).

Il rialzo dell’inflazione è generalizzato anche in Europa, toccando ad aprile quota 7% nell’Eurozona, in lieve rialzo rispetto al 6,9% registrato a marzo, primo rialzo dell’inflazione dopo la discesa iniziata nel novembre scorso dai livelli record toccati nel 2022.

Secondo i dati raccolti e diffusi dall’ufficio di statistica europeo, ad aprile alimentari, tabacco e alcolici si sono confermati la principale componente a guidare l’andamento dell’inflazione, sebbene l’incremento dei prezzi nel comparto sia sceso al 13,6% rispetto al 15,5% di marzo. Seguono i beni industriali non energetici (6,2%, rispetto al 6,6% a marzo), e i servizi (5,2%, rispetto al 5,1% di marzo). Inversione di tendenza invece per i prezzidell’energia, che ad aprile sono tornati a salire, facendo registrare il 2,5% rispetto al -0,9% del mese precedente.

Il dato del rialzo generalizzato dell’inflazione in Europa potrebbe avere anche conseguenze sulla politica del rialzo dei tassi da parte della Banca centrale europea che, invece della frenata allo 0,25%, potrebbe proseguiresu un nuovo rialzo dello 0,5%, portando così nella prossima seduta del direttorio di maggio i tassi al 4%.

In Italia a livello settoriale rallenta leggermente il “carrello della spesa”: i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona passano dal +12,6% a +12,1%, mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto accelerano la loro crescita (da +7,6% a +8,2%).

L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,4% per l’indice generale e a +4,6% per la componente di fondo, cosa che comporterà un notevole aumento della spesa per la perequazione obbligatoria delle pensioni e per il pagamento degli interessi sui 2.800 miliardi di debito pubblico statale, proiettati oltre quota 100 miliardi.

I dati Istat sull’inflazione ad aprile allarmano i consumatori: «confermano purtroppo tutti gli allarmi lanciati dal Codacons nelle ultime settimane circa il rialzo dei prezzi al dettaglio. La frenata dell’inflazione registrata negli ultimi due mesi – afferma il presidente Carlo Rienzi – era una illusione ottica dovuta al ribasso delle bollette di luce e gas. Una volta terminato l’effetto calmierante dei beni energetici, il tasso è tornato a salire in modo preoccupante. L’inflazione all’8,3% equivale ad una maggiore spesa pari a 2.428 euro annui per la famiglia“tipo” che sale a 3.144 euro per un nucleo con due figli».

«Siamo preoccupati dell’effetto dell’inflazione sull’andamento delle vendite, soprattutto di beni di largo consumo e ortofrutta – afferma in una nota Carlo Alberto Buttarelli, presidente di Federdistribuzione -. Le nostre imprese rimangono sotto pressione perché compresse tra l’aumento dei costi all’acquisto e le difficoltà derivanti dall’attuale livello dei prezzi al consumo. L’attuale debolezza dei volumi di consumo, che stagnano intorno al -5%, è un fattore di rischio per l’intero sistema agroalimentare italiano, rappresentato da numerose filiere di eccellenza, così come per le nostre imprese. Nel corso dell’ultimo anno le aziende del settore distributivo hanno messo in campo uno sforzo notevole per gradualizzare gli aumenti e per tutelare il potere di acquisto delle famiglie, sacrificando significativamente la propria redditività – sostiene il presidente di Federalimentare -. Oggi questo sforzo non è ripetibile e le imprese sono sempre più impegnate a trovare soluzioni nell’offerta che rispondano alla necessità di coniugare convenienza e qualità a vantaggio dei clienti. È però evidente che occorre intervenire in una logica di sostegno ai consumi che passa necessariamente dal ristabilire un clima di fiducia e da un maggiore potere di acquisto delle famiglie».

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