La povertà assoluta affligge 5,7 milioni di italiani, con la crescita maggiore al Nord

Secondo l’Istat, in Italia nel 2023 il fenomeno interessa l'8,5% del totale delle famiglie residenti (erano l'8,3% nel 2022).

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Anni addietro, qualche grillino di buone speranze parlava di povertà abolita per decreto grazie al reddito di cittadinanza, ma così, dopo oltre 35 miliardi di spesa per l’assegno ai nullafacenti, la povertà assoluta non solo non è stata abolita, ma pure è cresciuta, soprattutto al Nord Italia dove il costo della vita più alto in carenza di stipendi adeguati all’effettivo potere d’acquisto rende i cittadini poveri ancora più poveri.

I dati comunicati dall’Istat sono impietosi. In Italia la povertà assoluta interessa l’8,5% del totale delle famiglie residenti (erano l’8,3% nel 2022), pari a 5,7 milioni di individui (9,8%; quota pressoché stabile rispetto al 9,7% del 2022).

La serie storica della povertà assoluta analizzata dal 2014 con i dati ricostruiti secondo la nuova metodologia di stima – spiega l’Istat nella sua analisi – presenta una crescita dell’incidenza familiare e individuale nell’arco dei nove anni considerati (2014-2023). L’incidenza di povertà familiare, che nel 2014 è risultata pari al 6,2%, nei due anni successivi è rimasta stabile, crescendo in maniera significativa nel 2017, quando l’indicatore familiare è arrivato al 7,2%. Quest’ultimo si stabilizza di nuovo nel 2018, per poi decrescere nel 2019 al 6,7%, in concomitanza con l’introduzione del reddito di cittadinanza di cui, a partire dal secondo trimestre, hanno beneficiato circa un milione di famiglie in difficoltà.

Nel 2020, anno della pandemia da Covid, l’incidenza riprende a crescere, arrivando al 7,8% e interessando oltre 2 milioni di famiglie, per poi stabilizzarsi nel 2021. Tale andamento risente principalmente del calo della spesa dovuto alle misure restrittive introdotte nel corso dell’emergenza sanitaria e al loro impatto sui comportamenti di spesa delle famiglie. Nel 2022, l’incidenza torna ad aumentare e arriva all’8,3%, in larga misura a causa della forte accelerazione dell’inflazione, che ha colpito in particolar modo le famiglie meno abbienti. Le spese di queste ultime non sono riuscite infatti a tenere il passo dell’aumento dei prezzi, incluso quello dei beni e servizi essenziali considerati nel paniere della povertà assoluta.

Nel 2023 l’incidenza di povertà assoluta familiare per ripartizione – spiega l’istituto nel dossier – mostra il valore più elevato nel Mezzogiorno (10,3%, coinvolgendo 866.000 famiglie), seguito dal Nord (8,0%, un milione di famiglie) e dal Centro (6,8%, 365.000 famiglie). L’incidenza individuale conferma il quadro tratteggiato in precedenza, con il Mezzogiorno che mostra i valori più elevati (12,1%), sebbene, rispetto al 2022, il Nord presenti segnali di peggioramento (9,0% dall’8,5%; 2,4 milioni di persone). L’intensità della povertà assoluta, cioè la distanza media della spesa per consumi delle famiglie povere dalla soglia di povertà, nel 2023 rimane stabile rispetto all’anno precedente (18,2%), con dinamiche differenziate fra le ripartizioni: è in crescita nel Nord (18,6%, dal 17,6% del 2022), mentre segna una riduzione nel Mezzogiorno (scende al 17,9%, dal 19,3%).

Le famiglie più numerose presentano i valori più elevati: quelle con cinque e più componenti si attestano al 20,3% (tornando ai valori del 2021), mentre il valore più basso è quello relativo alle famiglie con due componenti (6,1%). La presenza di figli minori continua a essere un fattore che espone maggiormente le famiglie al disagio; l’incidenza di povertà assoluta si conferma più marcata per le famiglie con almeno un figlio minore (12,0%), mentre per quelle con anziani si attesta al 6,4%.

Nel 2023, l’incidenza di povertà assoluta individuale per i minori è pari al 14%, il valore più alto della serie storica dal 2014; i minori che appartengono a famiglie in povertà assoluta, nel 2023, sono pari a 1,3 milioni. Rispetto al 2022, le incidenze di povertà sono stabili anche tra i giovani di 18-34 anni (11,9%) e tra gli over65 (6,2%), che restano la fascia di popolazione a minore disagio economico.

Secondo le associazioni dei consumatori, la povertà non solo non è stata cancellata, ma peggiora raggiungendo un nuovo record storico, grazie anche alla spinta dell’inflazione che ha mandato alle stelle il costo della vita per alimentari e bollette, mentre gli stipendi sono rimasti inchiodati al palo. Critiche anche al piano del “trimestre antinflazionelanciato dal governo Meloni sul finire del 2023 che «si è rivelato una sceneggiata inutile che ha pure peggiorato la situazione».

Il dato più significativo è che la povertà è cresciuta al Nord mentre è calata al Sud proprio grazie alla forbice del costo della vita, decisamente elevato al Nord mentre al Sud, se si eccettua le grandi città, è rimasto su livelli decisamente minori. E con i redditi uguali su tutto il territorio nazionale, impossibilitati a fotografare il reale potere d’acquisto a causa della miopia dei sindacati, la situazione non è destinata a migliorare a breve.

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