Ripresa incerta: ancora cautela da cittadini e imprese nell’accettare assegni e cambiali

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Protesti in calo del 21% nel primo trimestre del 2015. Assegni a vuoto dimezzati rispetto al 2011, le cambiali superano l’80% dei debiti andati in fumo

 

 

assegn bancari protestiNonostante i tenui segnali di ripresa, gli italiani continuano a dimostrare una grande cautela nei rapporti d’affari. Anche nel primo trimestre del 2015, come negli ultimi anni, cittadini e imprenditori sembrano più che prudenti nell’accettare promesse di pagamento, con il risultato di un peso più leggero di cambiali e assegni non onorati in circolazione lungo lo Stivale. In termini assoluti, nel confronto tra il primo trimestre del 2015 e lo stesso periodo del 2014 il totale degli effetti protestati è diminuito di circa 50.000 unità, di cui più di 37.000 costituiti da cambiali e oltre 11.000 da assegni. In termini percentuali, però, il calo più consistente è quello degli assegni: -23% nei primi tre mesi di quest’anno rispetto al 2014, a fronte di una riduzione nel numero delle cambiali che si è fermata al -19,2%. 

Andamento speculare per quanto riguarda la dinamica dei valori in gioco. In termini monetari, il monte complessivo dei “pagherò” non incassati tra gennaio e marzo è sceso di oltre 138 milioni di euro rispetto al 2014, di cui oltre 74 dati da cambiali e di 60 da assegni. Anche in questo caso, in termini relativi a ridursi maggiormente rispetto al primo trimestre 2014 sono stati gli assegni (-29,1%), con le cambiali che si attestano a -25,5%.

Questi alcuni dei dati più significativi che emergono dall’analisi sull’andamento dei protesti, a partire dal 2011 e fino al primo trimestre 2015, in base ai dati raccolti dalle Camere di commercio ed elaborati da InfoCamere per conto di Unioncamere.

I dati trimestrali sono una conferma dell’andamento generale dei protesti in questi anni di crisi: al netto della lieve ripresa del 2012, sia nel numero che negli importi, a partire dal 2010 i default degli italiani mostrano di seguire un trend discendente, come a rispecchiare la lunga frenata imposta dalla crisi alla nostra economia. Osservando gli ultimi quattro anni, l’indagine evidenzia una più marcata frenata degli assegni andati in fumo, sia nel numero che nel valore: rispetto al 2011, nel 2014 il numero complessivo dei pagherò modello “cabriolet” si è esattamente dimezzato, passando da 341.544 a 170.724 con una riduzione in valore totale del 58%. Nello stesso periodo il monte delle cambiali si è assottigliato “solo” del 24% in termini di numerosità e del 41,4% in valore, con il risultato che alla fine del 2014 il totale dei protesti circolanti in Italia risulta composto per l’80,6% da cambiali e per il 18,7% da assegni (a fronte di una ripartizione, nel 2011, che vedeva rispettivamente le cambiali al il 73,2 e gli assegni al 25,8%). Un’ulteriore indicazione della contrazione delle attività economiche determinata dalla crisi viene dal valore medio degli effetti protestati: se nel 2011 un protesto valeva in media 2.673 euro, nel 2014 questo valore si è assottigliato di ben 727 euro, scendendo a 1.946 euro mentre per le cambiali la riduzione media è stata di 416 euro (da 1.823 a 1.406).

grafici protesti unioncamereGuardando al 2014, nell’ultimo anno, il monte complessivo dei protesti levati in Italia si è ridotto di circa 270.000 unità (il 22,7% in meno), pari ad una riduzione in valore vicina ai 900 milioni di euro (-33,6% in termini relativi). In termini numerici, lo scorso anno la diminuzione ha riguardato soprattutto assegni, scesi del 25,8% rispetto al 2013, mentre la diminuzione delle cambiali si è fermata al 22%. In termini monetari, tuttavia, è stato il valore delle cambiali a contrarsi di più: 544 milioni (-33,5%) contro 342 milioni di assegni in meno rispetto all’anno precedente.

L’analisi territoriale dei dati mostra come i protesti siano diminuiti, sia nel numero sia nel valore complessivo, più sensibilmente nel Centro (rispettivamente -25,7 e -39,9%). Osservando le regioni, nel 2014 la frenata più vistosa nel complesso dei protesti si registra nelle Marche (-28,1%), seguite da Abruzzo (-26,7%) e Veneto (-26,4%). Unica regione in controtendenza è la piccola Valle d’Aosta, dove l’anno scorso il numero dei protesti è cresciuto del 9,7%. Anche in termini monetari lo stop più evidente si è registrato nelle Marche (-48,3% rispetto al 2013) con a ridosso la Sardegna (-44,6%) e il Lazio (-39,1%).

Tra le province, quella in cui le “farfalle” pesano di più è Prato (3.125 euro il valore medio di una cambiale scoperta nella patria delle stoffe), seguita a grande distanza da Forlì-Cesena (2.441 euro). All’altro capo della classifica i residenti del Verbano-Cusio-Ossola, ultimi con 670 euro. In valore assoluto, i più protestati restano i romani, con un monte pagherò non onorati pari a quasi 221 milioni di euro, seguiti dai milanesi (162 milioni) e napoletani (142 milioni).