“Dieselgate”: le ricadute sulle ricadute sulla filiera automotive italiana secondo Anfia

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volkswagen touareg TDI
Vavassori: «l’Europa e l’Italia è all’avanguardia nel campo della limitazione delle emissioni inquinanti e il Diesel è una tecnologia affidabile»

 

volkswagen touareg TDILa filiera italiana dell’automotive «non è preoccupata», per ora, dal caso sulle emissioni diesel “truccate” che ha colpito Volkswagen, ma bisogna capire i confini esatti della «macchia nera» dello scandalo per dissipare ogni «incertezza» su possibili ricadute. Lo ha detto il presidente dell’Anfia, Roberto Vavassori, intervistato dall’agenzia LaPresse sui possibili risvolti del “dieselgate” sull’industria italiana. 

Secondo i dati 2014 dell’associazione della filiera nazionale auto, su 40 miliardi di euro di fatturato complessivo la componentistica esporta per 19,3 miliardi l’anno, di cui 4 miliardi circa diretti in Germania. Se si considera la sola Volkswagen, l’export è di oltre 1,5 miliardi. 

anfia roberto vavassoriSecondo Vavassori circa il rischio di riduzione di fatturato della componentitistica italiana «se lo scandalo, come pare finora, riguarda solo veicoli che sono fuori produzione, non siamo preoccupati per i volumi dei nostri componentisti. Ora produciamo per i nuovi Euro6. Naturalmente è importantissimo che il perimetro di questo scandalo sia definito in maniera rapida. C’è incertezza. Quello che preoccupa l’industria dell’auto, e non solo i mercati finanziari, è che questa macchia nera possa estendersi». Quanto al rischio che lo scandalo da Volkswagen possa allargarsi coinvolgendo anche  altre Case, Vavassori crede che «ad oggi sembra di no e spero di no. Mi fido delle smentite dei grandi produttori. Auspico che il caso Volkswagen sia soltanto la frode di un gruppo di persone in un’azienda rispettabilissima con una grande storia. Non è giusto infangare l’intera Vw. A livello mondiale solo il 20% delle auto che vende ha una motorizzazione diesel». 

Interrogato sull’azione di pressione esercitata dalle case automibilistiche per addolcire le norme europee antinquinamento, per il presidente di Anfia «c’è un aspetto di “moral suasion” nei confronti di Bruxelles per una questione di competizione globale. La tecnologia europea sul diesel è due passi avanti a tutto il resto del mondo, non dobbiamo penalizzarla. L’Europa è stata virtuosa negli ultimi 10 anni. Ad esempio nel passaggio dall’Euro3 all’Euro6 si sono abbattute dell’84% le emissioni di ossido di azoto. E con le nuove norme le emissioni del gasolio, nonostante il contenuto energetico superiore del 20%, sono sostanzialmente equivalenti a quelle di benzina. Anche in termini di sicurezza le case hanno fatto molto: in 10 anni la mortalità per incidenti stradali si è dimezzata a 30.000 casi, e si punta a 15.000 nel 2020. Andiamo avanti sulle emissioni, ma ponendo limiti raggiungibili e che non affossino le tecnologie. In Italia si è raggiunto nel 2015, con due anni di anticipo, l’obiettivo sul tetto delle emissioni di CO2 nella media dei veicoli nuovi. Inoltre  – prosegue Vavassori – abbiamo il 15% di immatricolato con carburanti alternativi, Gpl e Metano. Gli altri Paesi su questo sono a un terzo o un quarto dei volumi». 

Vavassori getta uno sguardo anche al futuro dell’auto, visto che secondo alcuni lo scandalo sulle emissioni del diesel potrebbe spingere maggiormente verso l’elettrificazione spinta delle auto: «siamo ancora lontani da uno scenario del genere. Se tutto il parco circolante tedesco fosse elettrico, nei prossimi 10 anni le emissioni di CO2 aumenterebbero invece di calare, perché le centrali elettriche ne produrrebbero più energia» perché in Germania la maggior parte di produzione elettrica è legata alle centrali termoelettriche alimentate a carbone. «Il calcolo dei benefici  – secondo Vavassori – va fatto con cautela. E poi i prezzi sono ancora troppo elevati. Io stesso guido un prototipo elettrico da 40.000 euro e risparmio circa 800 euro l’anno. Un’auto equivalente a benzina costa circa 22.000 euro. Ci vogliono ancora oltre vent’anni al consumatore per ottenere un risparmio tangibile». 

Intanto, lo scandalo del “dieselgate” prende sempre più un’impronta politica, visto che l’elasticità delle norme e la facilità con cui è possibile eluderle è legata a doppio filo ad un comportamento dei maggiori gioverni volti a difendere la propria produzione industriale automobilistica. La stessa Germania è stata una dei protagonisti per addolcire le regole antinquinamento per favorire una gama di prodotto legata alle vetture di alta gamma, pesanti, potenti e ad elevati consumi (e conseguenti emissioni). Il ministro dei trasporti tedesco, Alexander Dobrindt, in Parlamento a Berlino ha riferito che nella sola Germania sarebbero circa 2,8 milioni le vetture del gruppo Volkswagen con sistemi di controllo delle emissioni “truccati”. Il governo di Berlino ha comunicato di non escludere la possibilità di indennizzi ai consumatori che abbiano acquistato i modelli oggetto della manipolazione, dal momento che – ha spiegato un portavoce del ministero della Giustizia – tali vetture non rispettano le condizioni annunciate dal produttore.