“Dieselgate” in Italia l’inchiesta di allarga alla Porsche

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Perquisita la filiale italiana a Padova. Gli inquirenti alla ricerca di prove sull’alterazione dei motori TDI 3.0 V6 che equipaggiano Cayenne, Panamera e Macan

 

marchi Vw PorscheGiornata di grande attività per la Guardia di Finanza patavina che ha perquisito la sede italiana di Porsche, che si occupa della commercializzazione (non della produzione) del marchio tedesco in Italia, così come qualche settimana fa era accaduto nella sede italiana del gruppo Volkswagen (di cui Porsche fa parte) a Verona. 

L’indagine condotta dalla Procura padovana verte sull’ipotesi del reato di frode in commercio (per cui la pena prevista è tre anni di reclusione), a carico dei vertici del gruppo automobilistico. Iscritti nel registro degli indagati sono tutti i membri del consiglio di amministrazione di Porsche Italia, otto persone, compreso il direttore generale Pietro Innocenti. La perquisizione è scattata per verificare se sulle auto Porsche, il cui 49,9% delle azioni è detenuto dal gruppo Volkswagen, sono installati i sistemi elettronici in grado di rilevare l’effettiva emissione di gas di scarico o se invece, come emerso nel caso Volkswagen “Dieselgate”, il sistema elettronico sia stato modificato in modo da alterare i dati dei controlli sulle emissioni di gas. 

Le Fiamme Gialle hanno perquisito anche le abitazioni private degli unici due componenti del consiglio di amministrazione residenti in Italia, alla ricerca di documentazione cartacea e informatica che accerti la conoscenza o meno da parte dei manager italiani di alterazioni nella produzione delle auto. 

«Non c’è nessuna irregolarità», ha reso noto la filiale italiana di Porsche commentando le perquisizioni, precisando che «l’azienda sta collaborando con l’autorità giudiziaria come da indicazioni della casa madre» e che, «per quanto a conoscenza, non c’è alcun problema per ciò che riguarda i motori diesel delle vetture Porsche vendute in Europa, il problema riguarda le vetture vendute negli Stati Uniti». 

L’inchiesta padovana si collega a quella avviata lo scorso 15 ottobre su inziativa della Procura di Verona che aveva predisposto perquisizioni negli uffici veronesi di Volkswagen e in quelli bolognesi della controllata Lamborghini sempre al fine di verificare l’ipotesi dell’esistenza sulle auto diesel di centraline alterate. Inoltre come a Verona, dove l’operazione è partita dalle denunce delle associazioni dei consumatori Codacons e Adusbef, anche l’indagine padovana ha preso avvio dopo l’esposto presentato da una associazione di consumatori. L’associazione aveva sostenuto l’esistenza di una differenza tra le emissioni reali e quelle dichiarate da parte della casa tedesca, in particolar modo sul modello Cayenne. 

All’inizio di novembre era stata l’Epa, l’agenzia federale di protezione dell’ambiente Usa, ad affermare che Volkswagen ha imbrogliato anche sui motori TDI 3.0 V6, programmando le auto per truccare i test sulle emissioni inquinanti, e che tra i motori diesel inclusi nell’allargamento dei controlli Epa ci sarebbero anche Porsche Cayenne e Audi Quattro. 

La vicenda “Dieselgate” approda anche sul versante politico: in Consiglio regionale del Veneto, il M5S ha presentato una mozione in cui quale si chiede che vengano dati 33.000 euro di risarcimento per ogni mezzo inquinante della casa automobilistica Volkswagen, cifra equiparata alla stessa richiesta avanzata negli Usa.