“Buona scuola”: in Veneto scuole senza docenti

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proteste contro buona scuola
Zaia: «7.000 posti vacanti in Veneto, 22.000 tra Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Liguria. In Sicilia assegnate 4.600 cattedre in deroga a docenti che prendono lo stipendio stando a casa». Donazzan: «situazione non più tollerabile»

proteste contro buona scuolaIn Veneto (e non solo nella Serenisima, ma anche in gran parte del Nord Italia) la “Buona scuola” continua a fare discutere per i suoi effetti disastrosi sull’organizzazione scolastica e sulla qualità della didattica.

Dopo aver messo in rilievo ieri il disastro del piano assunzioni della cosiddetta “Buona scuola” (120.000 precari che non avevano ancora maturato i 36 mesi di servizio, 48.000 diplomati magistrali che insegnano materie complementari e non  quelle che servono a presidi e scuole, mentre i reali aventi diritto devono essere ancora tutti assunti per un costo complessivo che sfiorerà i 10 miliardi), il presidente del Veneto, Luca Zaia, torna sul tema della scuola mettendo a fuoco le ragioni della drammatica carenza di docenti nel Nord e in Veneto.

«7.000 posti in Veneto, 6.000 in Piemonte, addirittura 11.000 in Lombardia, senza contare i 2.000 rispettivamente in Friuli Venezia Giulia e in Liguria. Tanti sono i posti vacanti di insegnamento e potenziamento nelle scuole del Nord Italia. Sulla carta dovrebbero essere coperti dallo straordinario e dal declamato piano di assunzioni di Renzi/Faraone. In realtà si tratta di neoassunti mai neppure arrivati a prendere servizio dalle nostre parti, perché nello scorso anno scolastico è stato consentito loro di continuare a fare i supplenti nelle scuole vicine a casa, mentre per l’anno in corso hanno ottenuto dal giudice il riconoscimento del diritto di rimanere nelle province in cui risiedono anche se non esistono ore di lezione da svolgere tali da giustificare lo stipendio fisso che ricevono. Nel frattempo, in Sicilia, 4.606 professori si godono lo stipendio senza far nulla perché in sovrannumero».

«Al Nord – fa notare il Governatore del Veneto –  i posti devono essere coperti con supplenze, mentre al Sud e al Centro le scuole sono sovraffollate di docenti assunti in ruolo col folle piano di assunzione di Renzi/Faraone. Qualcuno non aveva ancora capito cosa c’è dietro il caos in cui è ancora immerso il sistema scolastico veneto? Continuiamo noi a spiegarlo – prosegue Zaia – ai Veneti, perché è giusto che tante famiglie e tanti studenti alle prese coi disagi quotidiani lo sappiano e, soprattutto, lo tengano a mente quando andranno ad esprimersi sull’autonomia della loro regione».

Secondo Zaia «da un lato dunque il clima clientelare in cui sono maturate le assunzioni della “Buona scuola”. Dall’altro il disastro nell’utilizzo dell’“algoritmo nazionale” che governa i trasferimenti nazionali dei docenti. Messo in mano a una nuova e inesperta dirigenza scelta dalla ministra Giannini, l’algoritmo non ha tenuto conto del principio che chi ha più punti ha la priorità nella scelta della sede di servizio. Sarebbe stato sufficiente ritirare tutto, correggere i risultati e rinnovare la pubblicazione. Ma siccome la burocrazia romana non ammette mai i propri errori, si chiede (ad agosto!) agli uffici scolastici provinciali di fare le conciliazioni con i docenti – continua Zaia -. Il Ministero ammette solo un numero ridottissimo di conciliazioni, i docenti non soddisfatti fanno ricorso ai giudici del lavoro che ordinano al Ministero di assegnare ai ricorrenti una sede di lavoro nella provincia. Da un lato gli Uffici provinciali del Sud assegnano i docenti ricorrenti a una scuola anche se non esistono più cattedre con ore di docenza disponibili, creando un allucinante soprannumero; al Nord intanto esplode il caos, il sistema di assegnazione delle supplenze va in tilt, e gli istituti (siamo a novembre) restano senza supplenti».

«Sono migliaia e migliaia le ordinanze cautelari emesse dai giudici che piovono sui poveri dirigenti provinciali del Nord: soltanto in Veneto, fra agosto, settembre e ottobre hanno riguardato 900 abilitati con frequenza di PAS e TFA e 2.500 diplomati magistrali – aggiunge Zaia -. Mentre gli uffici convocano i supplenti delle graduatorie provinciali, le notifiche di nuove ordinanze cautelari da parte dei giudici costringono a rinviare le date di convocazione per poter dare esecuzione. Le scuole, nel frattempo, tentano di nominare in via provvisoria attingendo alle graduatorie di istituto i supplenti “fino all’avente titolo”, ma molti rinunciano alla chiamata perché non interessati alla nomina provvisoria e perché, rinunciando, possono continuare a percepire l’indennità di licenziamento (NASPI) senza lavorare. In molte scuole, esaurite le graduatorie di istituto, i dirigenti scolastici devono chiamare anche aspiranti non inclusi in graduatoria. Per non parlare degli insegnanti di sostegno».

Insomma, secondo Zaia, «un caos allucinante. Intanto, in Sicilia, nell’estate 2016 sono state aumentate 4.606 cattedre di sostegno in deroga al solo scopo di creare nuovi posti per far rientrare in regione i docenti assunti grazie al piano assunzionale del 2015. Professori che resteranno in soprannumero per tutta la vita lavorativa. Fra i quali gente che resta addirittura a casa, tanto a scuola non hanno nulla da fare. Chi pagherà i costi di questa follia? Come sempre il Veneto e il Nord… E domani terza puntata. Parleremo della carenza dei dirigenti scolastici».

Sulla precaria situazione della scuola in Veneto, interviene anche l’assessore regionale alla formazione professionale e istruzione, Elena Donazzan: «la scuola è in funzione degli allievi, non dei docenti. O almeno così dovrebbe essere. Invece il primo atto assunto dal ministro Valeria Fedeli è un provvedimento su misura per favorire i docenti appena entrati in ruolo a ritornare vicino casa, annullando il vincolo triennale di permanenza nell’istituto al quale erano stati assegnati. Con quel provvedimento il ministro ha legittimato una furbizia, perché con un proprio decreto ha consentito che i posti di ruolo ottenuti in province diverse dalla propria si trasformino in posto di ruolo “sotto casa”. Non è solo una beffa ma, alla luce dei fatti, una vera e propria istigazione alla furbizia – incalza Donazzan –  che a casa mia non è mai stata un valore, e non può certo esserlo nella pubblica amministrazione, e meno che meno in una istituzione il cui fine è l’educazione e la formazione delle persone».

Uno dei motivi nel chiedere l’autonomia per il Veneto sta, secondo Donazzan, «nella possibilità di esercitare maggiori competenze e spazi di decisione in materia di scuola e istruzione. Così proveremo a correggere questa stortura, per tornare a dare rispetto alla professione dell’insegnante e ridurre la piaga del precariato, che oggi ha quasi l’aspetto del caporalato. Chi avrà ottenuto l’ambito ruolo in Veneto dovrà dimostrare di meritarselo (e a questo penseranno i dirigenti scolastici) e di volerlo fino in fondo. Per questo, quando la Regione Veneto potrà esercitare i propri spazi di autonomia, legheremo l’affidamento dell’incarico di docenza ad una permanenza continuativa nel tempo, di almeno un triennio, nella medesima sede».