Il mondo delle startup italiane rallentate dalle difficoltà di accesso ai finanziamenti

Con Angelo Coletta, presidente di Italia Startup il punto di un settore che sarebbe strategico per la competitività del sistema paese, ma che è trascurato dalla politica.

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Sono ben 10.041 (numero aggiornato a marzo 2019) le startup italiane attive sul territorio nazionale, numero che testimonia la vivacità del settore ma che riflette anche la sua debolezza, soprattutto sul lato dell’accesso al credito, spesso indispensabile per la trasformazione di un’idea imprenditoriale in un prodotto o servizio commerciale.

Con il presidente di Italia Startup, Angelo Coletta, il punto sulla situazione del settore delle startup italiane.

Presidente Coletta, com’è il mondo delle startup italiane?

E’ sicuramente vivace e dinamico, a testimonianza dell’elevata voglia d’impresa da parte degli italiani a tutte le età, specie dai giovani nel campo delle nuove tecnologie. E’ un settore che potrebbe fare molto per dare tono all’economia nazionale, sia in termini di crescita del Pil che in quella dell’occupazione, senza tralasciare lo sviluppo della ricerca che costituisce la base fondamentale del successo di un Paese nel contesto internazionale.

Cosa è e cosa fa Italia Startup?

Costituisce la principale associazione italiana di settore, che annovera oltre 3.000 soci tra startup, scaleup (startup che hanno già trascorso la fase d’incubazione e di lancio, ndr), 60 tra i più importanti centri d’innovazione e d’incubazione nazionali, oltre a 30 aziende consolidate attive nel campo dell’innovazione. Italia Startup si propone di rappresentare le esigenze del mondo delle startup italiane al decisore pubblico, sollecitando provvedimenti a favore del settore e a favore dello sviluppo dell’imprenditorialità, oltre che della ricerca applicata. Inoltre, Italia Startup opera per favorire la nascita e la crescita di reti di dialogo e di scambio tra le startup associate e le aziende già sul mercato, facendole uscire dal proprio perimetro di attività, cercando di alfabetizzare i vari promotori al mondo dell’impresa attraverso il nostro “Salotto”, un evento itinerante che allestiamo nelle varie località italiane. Poi, tramite l’Osservatorio sul venture capital favoriamo la ricerca e l’incontro tra la

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Angelo Coletta, presidente di Italia Startup

domanda e offerta di capitali per assistere le startup italiane nella loro crescita dimensionale. Infine, l’associazione svolge un ruolo di ambasciatore del settore all’estero: nei prossimi giorni parteciperò ad una missione in Cina per attirare capitali cinesi nel nostro settore.

Cosa serve per irrobustire la crescita delle startup italiane?

Le neoimprese necessitato di supporto organizzativo e commerciale, oltre al fondamentale apporto di capitale, sia in fase di incubazione che di lancio successivo. Servirebbe un più convinto ed efficace contributo da parte dello Stato che da un rafforzamento del settore è il primo a guadagnarci. Come Italia Startup abbiamo accompagnato il primo governo Conte alla stesura, alla discussione e all’approvazione in Parlamento del primo Fondo nazionale per l’innovazione che mette a disposizione una massa finanziaria di un miliardo di euro a favore del settore. Peccato che siano trascorsi oltre sei mesi dall’approvazione della legge, con i provvedimenti di attuazione arenati in qualche cassetto della burocrazia ministeriale, con il governo che non trova l’accordo o il tempo nemmeno per nominare il consiglio di amministrazione del Fondo. Un comportamento totalmente deludente, quando il mondo delle startup vive di rapidità decisionale per essere vincente.

Sufficiente la dotazione finanziaria di un miliardo per il settore delle startup italiane?

Si deve fare di necessità virtù viste le condizioni finanziarie dello Stato. Certo, se si confronta quanto accade negli altri grandi paesi europei, con la Francia che ha già da qualche anno attivo il Fondo per l’innovazione con una dotazione di 4 miliardi di euro e si appresta a lanciarne uno nuovo con 5 miliardi di euro di dotazione, il risultato italiano è ridicolo. Qualcuno dovrebbe capire che dalle startup viene la crescita del Paese e la rigenerazione del tessuto economico, imprenditoriale e manifatturiero, oltre che sociale dell’Italia.

Quale sarebbe la missione del Fondo per l’innovazione?

Sostenere il settore nell’avvio delle nuove imprese e nel supporto della loro crescita dimensionale. Per fare funzionare il settore serve potere garantire una dotazione finanziaria di partenza a fondo perduto di circa 50.000 euro all’idea imprenditoriale che viene giudicata degna di supporto da parte di una commissione di valutazione. Il Fondo dovrebbe poi garantire l’apporto finanziario in fase di crescita della startup, apportando quei 200-300.000 euro per l’avvio commerciale dell’idea, soldi che, a differenza del contributo iniziale a fondo perduto, rientrano nel Fondo grazie alla successiva alienazione delle quote azionarie ricevute dalla startup a garanzia dell’erogazione. In questo modo si fa economia sana e duratura nel tempo.

Cosa sta facendo Italia Startup per sbloccare l’attivazione del Fondo?

Siamo impegnati al massimo per pressare il ministro e il governo, ma con scarsi risultati. Peccato, perché se ci fosse più attenzione da parte della politica si eviterebbe di perdere tante possibilità di sviluppo. Perché, come accade nel mondo dell’università, anche in quello delle startup le aziende con una buona idea se non trovano velocemente adeguati finanziamenti per supportarne lo sviluppo commerciale vanno dove li trovano, quasi sempre all’estero. Il Paese rischia così di investire risorse sulla fase di sviluppo preliminare che poi vengono sfruttate da altri a costo zero. Una cosa che è decisamente controproducente per il sistema Paese che così perde ingenti capacità.

A sostegno delle startup cosa possono fare le imprese già strutturate?

Molto, anche perché le startup sono spesso una fucina di idee nuove ed innovative, utili anche per le aziende già grandi che cercano nuove idee o ritrovati per migliorare i propri processi produttivi. Ci sono imprenditori illuminati che investono parte dei loro utili nel supportare le startup, fruendo anche del bonus fiscale del 40% per investimenti complessivi fino ad un milione di euro di capitale, soglia che è troppo bassa così come è bassa la percentuale del bonus fiscale. Ci sono aziende che investono ben oltre questa soglia, ma sono poche. Potrebbero crescere se adeguatamente incentivate. Comunque, l’intervento dei capitali privati nel nostro settore è già una realtà, perché la quota degli investimenti da parte di aziende nelle startup italiane è pari a circa il 65-70% del totale, mentre il resto è appannaggio di qualche fondo specializzato, il contrario di quanto accade all’estero, dove sono i fondi di venture capital ad avere la quota maggiore d’intervento finanziario.

Per un giovane con belle idee c’è spazio nel mondo dell’impresa attraverso le startup?

Se ci sono delle buone idee, quello della startup è il primo giusto passo per avvicinarsi al mondo dell’impresa dalla porta principale. Io stesso ho seguito la trafila per ben 4 volte, fondando altrettante startup che ho accompagnato nella loro crescita fino a cederle a gruppi internazionali interessati a quanto avevo sviluppato. Anche oggi, sono ancora impegnato nel lancio di una nuova realtà, Zakeke, dedicata a sviluppare un software plug-in che permette alle piattaforme di commercio elettronico di offrire ai loro clienti la possibilità di personalizzare i prodotti posto nelle vetrine in formato 2D o 3D.

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