Malattie neurodegenerative, la sfida parte dall’università di Trento

Un gruppo di ricerca da oltre 10 anni utilizza filamenti di RNA come arma e bersaglio. L’invenzione ha ottenuto un brevetto valido in Europa e negli Stati Uniti. 

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malattie neurodegenerative
Laboratorio di Biologia e biotecnologie del RNA dell'Università di Trento.

Nuovo passo in avanti nella lotta alle malattie neurodegenerative con il frutto della ricerca compiuta dall’Università di Trento appena brevettata che apre nuove possibilità di cura.

Alla base della ricerca ci sono i filamenti di RNA, utilizzati nei laboratori Cibio dell’Università di Trento: ogni tratto va a colpire soltanto quello corrispondente. E l’RNA diventa arma e bersaglio, al tempo stesso, nella lotta ad alcune malattie neurodegenerative. Un problema che, con il progressivo invecchiamento della popolazione, è diventato una priorità per la salute pubblica a livello mondiale.

Il meccanismo, che si inserisce nella vasta ricerca scientifica internazionale sulle terapie geniche, ha ottenuto la concessione di un brevetto valido in Europa e negli Stati Uniti d’America. A coordinare la ricerca dell’Università di Trento è Michela Denti, che da oltre 10 anni conduce studi nel settore delle malattie neurodegenerative, soprattutto quelle a base genetica. 

«Non voglio illudere persone malate, familiari, associazioni – premette Denti -. Preciso che per arrivare a una terapia servono ancora tanta ricerca, tempo, investimenti. Finora abbiamo testato l’efficacia dell’approccio terapeutico solo su cellule in laboratorio. Ci manca la sperimentazione preclinica, che è un percorso delicato, costoso e lungo ed è passaggio necessario per arrivare alla fase in cui qualcuno possa mostrare interesse per acquisire il nostro brevetto e procedere con la sperimentazione clinica. Noi, però, proseguiamo la ricerca con impegno e tenacia perché il meccanismo è promettente e vogliamo che possa diventare, in qualche anno, una terapia nuova per varie malattie, sia rare sia diffuse, che si caratterizzano per un’irreversibile e progressiva perdita di funzionalità neuronale e per le quali a oggi non esistono cure».

Denti, con il suo gruppo di ricerca del Dipartimento di biologia cellulare, computazionale e integrata Cibio dell’Ateneo di Trento, lavora sull’RNA, l’acido ribonucleico che è coinvolto nei processi di decodifica, regolazione ed espressione dei geni. L’RNA è la molecola che raccoglie e trasmette le istruzioni per la produzione delle proteine.

L’invenzione di Michela Denti, professoressa di Biologia applicata, e delle ricercatrici Giuseppina Covello e Kavitha Siva, consiste in una terapia molecolare a base di RNA per malattie neurodegenerative (denominate Taupatie), causate da anomalie di una precisa proteina (la proteina Tau, codificata dal gene MAPT e associata alla stabilità dei microtubuli e quindi al buon funzionamento di alcuni processi della memoria).

«Andiamo a bersagliare l’RNA messaggero della proteina Tau che è mutato nella malattia – chiarisce Denti -. Il filamento di RNA si lega a quello complementare, come una chiave nella toppa. E quindi colpisce in modo preciso soltanto il tratto del filamento alterato per la mutazione che è causa della malattia».

Quanto al metodo, Denti chiarisce che «sviluppiamo molecole di RNA (siRNAs, short interfering RNA o RNA interferente breve, oppure oligonucleotidi antisenso), che si basano su brevi sequenze di nucleotidi (tipicamente venti o meno) in grado di interferire con la sintesi delle proteine o con il processamento dell’RNA messaggero. Li utilizziamo come strumenti terapeutici per ottenere alta efficienza e specificità nel trattare malattie geniche. Dopo 20 anni di ricerche, questi approcci stanno avendo un grande successo negli ultimi quattro anni come terapie per malattie genetiche rare e letali, come l’atrofia muscolare spinale, la porfiria epatica acuta e l’amiloidosi ereditaria».

Le molecole oggetto dell’invenzione si propongono di essere un approccio mirato per una demenza ereditaria precoce, che insorge entro i 60 anni di età, (la demenza frontotemporale con parkinsonismo legata al cromosoma 17), ma le applicazioni potrebbero riguardare varie patologie dovute ad alterazioni della proteina Tau. Esempi sono la malattia di Huntington, la distrofia miotonica, ma anche lo stesso morbo di Alzheimer, malattia complessa e che dipende da molti fattori diversi, ma che è accomunata alla demenza frontotemporale dall’accumulo della proteina Tau nel cervello delle persone che ne sono colpite.

Uno dei problemi maggiori riguarda la somministrazione. «Lo scoglio principale per tutti i ricercatori al momento è come far arrivare queste molecole di RNA terapeutiche all’organo o al tessuto giusto» conclude Denti, che fa parte di una delle reti di esperti (denominate Cost Actions), create in ambito europeo (dalla Cost European cooperation in science and technology), che si occupa proprio di questo (Delivery of Antisense RNA Therapeutics).

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