Peste suina africana: per la Cia a rischio giro d’affari di 1,7 mld di euro

Allarme per “Made in Italy” Dop con impatto devastante su export. Restrizioni già decise da Cina, Giappone, Taiwan e Kuwait e Svizzera. 

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peste suina africana

Un problema di ordine sanitario, la Peste suina africana, che rischia di provocare un danno irreparabile per il tessuto produttivo ed economico legato alla filiera suinicola italiana, in particolare per la produzione di prosciuttiDop e Igp che, da Parma a Norcia, rappresentano il fiore all’occhiello del “Prodotto in Italia”.

Cia Agricoltori Italiani esprime la sua viva preoccupazione per l’allarme Peste suina africana (PSA) che «potrebbe avere un impatto devastante su un settore strategico dell’agricoltura nazionale, inficiando anni di lavoro dedicato alla qualità delle produzioni, alla sicurezza dei consumatori e al benessere degli animali». Intanto, il ministero alla Sanitàha dichiarato 114 comuni italiani fra Piemonte e Liguria come “zona infetta” e c’è molta attenzione su casi sospetti in Emilia Romagna.

Le autorità competenti di Giappone, Taiwan, Cina, Kuwait e Svizzera hanno già disposto il blocco dell’import di carni suine italiane e si temono ulteriori manifestazioni di ostilità commerciale da parte di altri paesi, tra cui la Corea del Sud.

Attualmente, il valore dell’export di salumi e carni suine si attesta su 1,7 miliardi di euro (+12,2% vs. 2020). Cia ribadisce che le misure di bio-sicurezza degli allevamenti italiani hanno standard molto elevati, che verranno ulteriormente rafforzate nelle prossime settimane per tutelare le aziende zootecniche, a rischio di tracollo nella malaugurata ipotesi di focolai. Malgrado non ci sia alcun caso di contaminazione della popolazione suina degli allevamenti, Cia chiede alle istituzioni di mantenere alto il livello di allerta e si rammarica della scellerata gestione del problema della fauna selvatica da parte dei nostri decisori politici, all’origine di questo grave allarme sanitario.

I numeri parlano chiaro: 2 milioni di ungulati in circolazione, oltre 200 milioni di danni all’agricoltura e 469 incidenti, anche mortali, in quattro anni. Cia, con il progetto “Il Paese che Vogliamo” ha lanciato la proposta di una riforma urgente della legge 157/92 per fronteggiare seriamente il problema degli ungulati selvatici in Italia. La riforma conta su alcuni punti chiave: sostituire il concetto di “protezione” con quello di “corretta gestione”, parlando finalmente di “carichi sostenibili” di specie animali nei diversi territori; non delegare all’attività venatoria le azioni di controllo della fauna selvatica, ma prevedere la possibilità di istituire personale ausiliario; rafforzare l’autotutela degli agricoltori e garantire il risarcimento integrale dei danni subiti.

Sul tema il senatore e responsabile nazionale del Dipartimento agricoltura di Fratelli d’Italia, Luca De Carlo, ha presentato un’interrogazione ai ministri delle Politiche agricole, alimentari e forestali, della Salute, e dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare

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