Tassi Bce: scatta il nuovo rialzo, portandoli al 4,25%, record dal 2008

Decisione ampiamente attesa con forti conseguenze sull’andamento dell’economia già in rallentamento.

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rischio recessione Tassi Bce Lagarde
Il presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde.

La Banca centrale europea presieduta dalla francese Christine Lagarde ha deciso un nuovo aumento da 25 punti base sui tassi Bce ufficiali dell’Euroarea, portando al 4,25% il riferimento sulle principali operazioni di rifinanziamento che segna il massimo dal luglio del 2008.

La mossa, ampiamente attesa dagli operatori di mercato, anche perché sostanzialmente preannunciata dalla stessa Bce, segue un rialzo di portata analoga appena deciso dalla Federal Reserve, la banca centrale Usa, che ha portato i tassi sul dollaro a una forchetta del 5,25%-5,50%.

In entrambi i casi, queste strette monetarie puntano a favorire un calo dell’inflazione, creando un frenoall’attività economica tramite condizioni di finanziamento meno convenienti e espansive.

Nel comunicato diffuso a seguito del direttorio sul rialzo dei tassi Bce, si spiega che nonostante i continui calidell’inflazione «ci si attende tuttora che rimanga troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato» e che «il Consiglio direttivo è determinato ad assicurare» il suo ritorno tempestivo all’obiettivo del 2%».

I tassi Bce sulle operazioni marginali salgono al 4,50% (massimo dal dicembre 2006), quello sui depositi che le banche commerciali parcheggiano presso la stessa istituzione sale al 3,75% (in questo caso per trovare un valore analogo bisogna risalire al massimo storico del dicembre del 2000). Sulle future decisioni della seduta di settembre, la Bce ribadisce che «assicureranno che i tassi di interesse di riferimento siano fissati su livellisufficientemente restrittivi finché necessario a conseguire un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine». E che continuerà a seguire «un approccio guidato dai dati», in particolare le prospettive di inflazione, la dinamica dell’inflazione di fondo e l’intensità della trasmissione della politica monetaria.

La prosecuzione della stretta monetaria nell’Euroarea si accompagna da continue polemiche a causa del timore di caduta in recessione – che già interessa la Germania -, che viene accentuato da questa manovra. Le ultime indagini sul manifatturiero hanno segnalato i valori di produzione più bassi dal 2020.

Parallelamente, la Bce sta anche riducendo la mole del suo bilancio, e indirettamente della quantità di liquidità disponibili nel sistema, sia dismettendo parte dei titoli di Stato accumulati negli anni scorsi, quando giungono a scadenze (parziale non rinnovo), sia riducendo i finanziamenti ultra agevolati che aveva erogato alle banche negli anni scorsi. Da segnalare, poi, che la Bce ha deciso di azzerare la remunerazione delle riserve obbligatorie che le banche devono detenere presso la stessa istituzione.

Gli effetti della manovra sui tassi Bce non tarderanno a farsi sentire ed amplificare i suoi effetti, dopo un anno di continui rialzi, passati dallo 0% al 4,25%. Per Simone Capecchi, direttore esecutivo di CRIF, «nel I semestre 2023 le richieste di mutui si sono contratte del 22,4%. Per i mutui a tasso variabile a marzo 2023 la rata è aumentata mediamente del 28% rispetto ai minimi di metà 2022, con un picco del +40% per i mutui di più recente erogazione, dove la rata media passa da 616 Euro a 865 Euro. Per quanto riguarda i prestiti invece, le domande crescono del 5,3% nel I semestre; tuttavia, diminuiscono gli importi richiesti (con una media del -3,1% sui prestiti finalizzati e del -5,6% sui prestiti personali) e le rate si allungano nel tempo. Tutti segnali di un atteggiamento più cauto da parte delle famiglie italiane nell’affrontare nuovi impegni finanziari, probabilmente dovuti alla preoccupazione per il costo della vita e all’incertezza economica. Inoltre, un livello più alto dei tassi di interesse, combinato con gli stipendi fermi e una minore disponibilità di denaro, sta avendo un impatto sulla liquidità delle famiglie e delle imprese non indifferente».

Stessa musica, osserva Capecchi anche per il settore delle imprese: «sta sperimentando i riflessi dei tassi di interesse più alti. Le richieste di credito sia per le imprese individuali che per le società di capitali sono in calo. Le piccole e medie imprese sono quelle che stanno soffrendo maggiormente la congiuntura economica sfavorevole, con l’aumento dei tassi e la perdita del potere di acquisto. La loro domanda di credito è drasticamente diminuita mutuando una dinamica simile al comportamento delle famiglie sui mutui: in una situazione di incertezza con alti tassi di interesse, data una minor strutturazione e flessibilità finanziaria, si rimanda l’investimento non essenziale in attesa di periodi migliori».

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