L’auto cinese sbaraglia quella europea sui mercati internazionali

Risultato grazie al minore prezzo del 30% grazie ai 57 miliardi di dollari regalati dal governo cinese alla filiera tra il 2016 e il 2022.

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auto cinese

L’auto cinese sbaraglia la concorrenza internazionale e nel suo ultimo – e, si spera, definitivo – discorso dell’Unione, il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha finalmente fatto quel bagno di realtà che per cinque anni ha accuratamente evitato di fare, cullandosi sul sogno del piano fantasmagorico di azzeramento delle emissioni ambientali europee, nonostante questo condannasse a morte gran parte della manifattura europea, proprio ad iniziare da quella dell’auto europea dopo avere fatto strame di quella deipannelli fotovoltaici.

Secondo un’indagine di AlixPartnes, il governo cinese ha sostenuto l’industria nazionale dell’auto con sussidiper 57 miliardi di dollari tra il 2016 e il 2022, contro i 12 degli Stati Uniti, mentre l’Europa si sta svegliando solo ora, cercando di sostenere in estremo ritardo la filiera elettrica. Una leva finanziaria enorme, tanto da catapultare l’autoMade in China” in soli tre anni a farla diventare il primo esportatore mondiale, superando il primato storico europeo.

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Il dato ha pesanti ripercussioni sull’economia europea, perché le case europee, secondo Allianz Research, potrebbero vedere crollare le vendite in Cina del 39% entro il 2030. L’export europeo scenderebbe a 290.000 unità rispetto alle odierne 480.000, mentre quelle in arrivo in Europa dalla Cina salirebbero a 1,5 milioni di pezzi.

L’auto cinese non è solo elettrica, dove i produttori locali hanno investito realizzando una filiera integrata che assicura loro un vantaggio competitivo difficilmente recuperabile, tanto che il costo di un’auto elettrica cinese è inferiore del 30% ad una similare prodotta in Europa. L’auto cinese avanza anche nel settore dei motori termici, ampliando così l’offerta e le quote di mercato, anche grazie all’acquisto di marchi tradizionali europei, a partire dalla scandinava Volvo e dall’inglese Mg, ma anche alla forte presenza nel settore del lusso, come Mercedes, o grazie a marchi formalmente europei, come l’italiana DR, che adatta la base meccanica cinese ai gusti europei, rimarchiandola.

Proprio grazie alla competitività del fattore prezzo, in tre anni le vendite di auto elettriche cinesi in Europa è passato dal 4% del totale mercato del 2021 all’8% del 2023. E questo non è che l’inizio, perché una previsionedi Boston Consulting afferma che la quota di mercato globale delle case automobilistiche europee potrebbe passare entro il 2040 dall’attuale 26% al 12%, lasciando spazio alla concorrenza cinese e asiatica più in generale, grazie alla forte crescita del prodotto coreano, con la conseguenza di perdere circa 1,5 milioni di postidi lavoro in Europa.

In questo scenario, la posizione delle case costruttrici europee è in estrema difficoltà perché, se da un lato, chiedono l’istituzione di dazi all’importazione per proteggere la manifattura europea trovando orecchie attente tra i politici in vista delle elezioni dell’Europarlamento del giugno 2024, dall’altro sono estremamente timorosedelle possibili reazioni del governo cinese, che potrebbe rialzare i dazi sulle importazioni di auto europee sul mercato cinese, con pesanti conseguenze sui bilanci di realtà come Volkswagen, dove il mercato cinese è diventato quello principale, superando largamente quello tradizionale europeo e americano.

Con il suo mandato agli sgoccioli, von der Leyen attiva le procedure per valutare se la Cina abbia adottato pratiche commerciali sleali e anticompetitive, sforzandosi ancora di non vedere quanto sfila sotto il suo naso. Essì che basterebbe poco per frenare l’avanzata travolgente dell’auto cinese: cancellare il divieto di vendita al 2035 delle auto con motore termico in Europa e rilanciare fortemente la tecnologia Diesel – dove i cinesi sono assenti -che, con l’attuale standard emissivo Euro 6, è già ora più che sostenibile, molto di più dell’auto a batteria e senza la necessità di sopprimere milioni di posti di lavoro e di automobili vendute.

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