Tangenti Anas, prosciolto l’imprenditore friulano Vidoni

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Luca Ponti, founding partner dello studio Ponti & Partners di Udine, ha ottenuto il proscioglimento dell’imprenditore friulano Giuliano Vidoni, già finito agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, nell’ambito della maxi inchiesta della Procura di Roma su un giro di tangenti all’Anas legato all’assegnazione di appalti e al pagamento di lavori svolti.

Coinvolti nell’indagine “Dama nera” della Guardia di Finanza dirigenti e funzionari dell’Anas e imprenditori, come Vidoni, titolari di imprese vincitrici di appalti per importanti opere pubbliche da milioni di euro.

Tutti condannati, salvo chi ha patteggiato e Vidoni, che nove anni dopo, al termine di un processo che ne è durato 4, è stato invece prosciolto da quella pesantissima accusa, ridimensionata nel reato di indebita erogazione di somme e per l’effetto dichiarata prescritta.

Accogliendo le tesi della difesa, il Tribunale collegiale di Roma ha riconosciuto che Vidoni è stato vittima di una “concussione ambientale”, costretto cioè a pagare tangenti ai funzionari romani corrotti dell’Anas, per un totale di 150 mila euro, in cambio del versamento dei crediti (il cui pagamento era a lui dovuto, ma indebitamente tenuto in sospeso da funzionari infedeli) che la sua impresa vantava dall’ente da anni.

Proprio la mancata corresponsione di tali rilevantissimi importi, che la stazione appaltante mai versò alla Vidoni – 30 milioni di euro in tutto – ebbe a determinare nell’autunno del 2016 l’inesorabile fallimento dell’impresa.

Quanto sostenuto dall’avv. Ponti in tutti questi anni e, alla fine, fatto proprio dal collegio giudicante, è che se la Vidoni fosse stata regolarmente pagata, nulla di tutto quel che seguì si sarebbe verificato: di fatto prima una situazione di protratto stallo, poi il fallimento dell’impresa, seguito dai processi per bancarotta per i suoi amministratori: il prezzo pagato dall’imprenditore, screditato dall’arresto e dall’imputazione che gli fu cucita addosso, si misura infatti anche in termini di sfiducia del mercato che finì per ruotargli attorno e che, nel momento della crisi, lo abbandonò.

Nella memoria depositata ai magistrati capitolini l’avv. Ponti ha ripercorso le tappe “economiche” delle relazioni contrattuali con Anas che portarono la società a conseguenze catastrofiche. Dal 2014, quando l’impresa, forte di sessant’anni di storia e attività, impiegava circa 250 lavoratori (tra organico diretto e indiretto) e vantava un parco macchine di oltre 600 mezzi e un portafoglio ordini attestato attorno ai 117 milioni di euro, fino al 2015, l’anno spartiacque.

Il mancato pagamento delle commesse, ricostruisce la difesa, non era affatto l’eccezione: «a fine 2014 le pretese attive della Vidoni, avanzate nei confronti dell’Anas – riferisce la memoria – avevano toccato quota 68 milioni di euro»; da qui, il precipizio in una spirale negativa, alimentata da fattori scatenati proprio dai mancati incassi: uno su tutti, il ricorso a finanziamenti bancari, e quindi un progressivo indebitamento, onde far fronte agli impegni con dipendenti e fornitori e, più in generale, riuscire a coprire i costi dell’impresa, calcolati sull’ordine del milione al mese.

La perdita di credibilità fu tale da rendere impraticabile la strada meno deflagrante del concordato preventivo in continuità indiretta; «il principale cliente – così la conclusione dell’avvocato Ponti – non solo non risolse i contenziosi in essere liquidando le somme dovute per oneri, danni e lavori conclusi da anni, ma pretese l’impegno a eseguire le commesse in corso onde non procedere alla rescissione in danno dei contratti in appalto».

L’esito clamoroso del processo (si consideri che Vidoni è l’unico soggetto tra i 30 presenti nell’inchiesta ad essere stato di fatto prosciolto con la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione) ha aperto l’eventualità che l’assistito dell’avv. Ponti promuova tre nuove azioni: una riparazione per ingiusta detenzione (essendo stato arrestato per un titolo di reato che non lo consente), un’azione di danno verso i soggetti “concussori ambientali” e una possibile eventuale complessa azione di danno verso Anas ex 2049 c.c. rispetto ai suoi dipendenti.

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