Riscaldamento globale: l’estate 2019 e la più calda in 140 anni per gli oceani

I dati globali Noaa di giugno-agosto evidenziano +0,82 gradi centigradi. In Italia gli effetti climatici causano danni a pesca, agricoltura e turismo.

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riscaldamento globale variazioni climatiche

Aumenta senza sosta la temperatura degli oceani causa il riscaldamento globale: nel periodo giugno-agosto 2019 ha fatto registrare un incremento di 0,82 gradi centigradi sopra la media del XX secolo, risultando al primo posto tra le estati “roventi” per gli oceani degli ultimi 140 anni, da quando sono cominciate le rilevazioni meteorologiche, eguagliando così il record dell’estate 2016.

I dati sono stati forniti dai Centri nazionali per l’informazione ambientale del Noaa, l’Amministrazione nazionale per gli Oceani e l’Atmosfera che hanno sede negli Usa. A livello di singolo mese, agosto è stato pure da primato, in quanto la temperatura degli oceani registrata è stata la più alta sempre degli ultimi 140 anni, con un incremento medio di 0,84 gradi. La temperatura globale dei soli oceani ad agosto scorso ha sorpassato il precedente record dell’agosto di 2016 di 0,02 gradi. Lo scorso agosto condivide inoltre con il settembre 2015 il sesto posto tra i mesi con temperature più alte. Il primo in assoluto è gennaio 2016, davanti a ottobre e novembre 2015.

L’aumento della temperatura degli oceani mette a rischio l’esistenza dei ghiacci polari e l’Italia con i suoi 7.500 chilometridi costa, è fortemente minacciata dall’innalzamento del mare, ma anche lo scioglimento dei ghiacciai montani, in particolare sulle Alpi, potrebbe provocare danni sia sociali sia economici.

Secondo diversi studi scientifici internazionali che negli ultimi anni hanno analizzato le conseguenze dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale nelle varie aree del mondo senza il taglio dei gas serra, in Italia, quasi 5.500 chilometri quadrati (più di quattro volte la grandezza di Roma) potrebbero essere inondati entro il 2100 se le emissioni continuassero ad aumentare e fino a 375.000 persone sarebbero colpite sulle coste, ad iniziare dalla laguna veneta.

Con la previsione del ritiro dei ghiacciai europei per tutto il XXI secolo, non ci sarebbe più tanta neve sulle Alpi e in Italia tre quarti delle stazioni sciistiche non avrebbero più neve entro la fine del secolo, come in Austria, Francia e Svizzera. Le Alpi forniscono oltre la metà dell’acqua totale annua al bacino del Po e con lo scioglimento dei ghiacciai il flusso del fiume in inverno e primavera aumenterebbe e in estate e autunno diminuirebbe con ripercussioni sulla gestione delle risorse idriche. Ci sarebbero anche danni economici poiché il bacino del Po rappresenta il 40% del Pil italiano, rappresentando il 37% sull’industria del Paese e il 35% della produzione agricola.

Tutto il Mediterraneo, che si stima generi un giro d’affari di circa 450 miliardi di dollari all’anno in attività marittime economiche e turistiche, è uno degli obiettivi del riscaldamento globale. L’Italia è il Paese che contribuisce maggiormente al “Prodotto marino lordo”, seguito da Spagna, Francia e Turchia soprattutto attraverso il turismo. Diventando più caldo e più salato a causa dell’evaporazione, il Mediterraneo perderebbe habitat, biodiversità, risorse ittiche e praterie sottomarine che assorbono anidride carbonica sufficiente a compensare buona parte delle emissioni dei paesi mediterranei prodotte sin dalla rivoluzione industriale. Senza tagli alle emissioni, il Mar Mediterraneo subirà almeno un’ondata di calore di lunga durata ogni anno entro la fine di questo secolo, con impatti sugli ecosistemi marini e sulle persone. Ondate di calore che durano fino a tre mesi in più e sono circa 4 volte più intense e 42 volte più gravi degli eventi odierni.

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