Grandi dubbi sul piano degli investimenti di A22 “in house”

A rischio circa 1,2 dei 4,14 miliardi di opere previste dal rinnovo trentennale della concessione. Il tema è quello della sostenibilità finanziaria con le nuove tariffe. 

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Il consiglio di amministrazione di Autostrada del Brennero che si è svolto a Mantova ha scoperchiato in numerosi dubbi che aleggiano attorno al rinnovo trentennale della concessione A22 tramite lo strumento dell’assegnazione diretta dallo Stato ad una società “in house” partecipata dai 16 soci pubblici del territorio attraversato da A22, soprattutto sull’aspetto legato al piano degli investimenti da 4,14 miliardi di euro.

Il maggiore ostacolo è costituito dalla copertura del Piano economico finanziario (Pef) da parte della tariffa che l’Autorità di regolazione dei trasporti (Art) ha stabilito con un tasso di remunerazione più basso del previsto, tanto da non renderlo sostenibilefinanziariamente e, conseguentemente, “bancabile” tramite indebitamento bancario.

Il consiglio di amministrazione ha convocato l’assemblea dei soci per il prossimo 14 dicembre: in quella data si potrà avere un quadro più complessivo circa la volontà dei soci su come procedere, visto che se il requisito finanziario rimane quello che è stato approvato dal Cipe nel corso della riunione dello scorso 28 novembre, i soci dovranno dire addio a gran parte degli investimenti previsti a favore dei territori toccati dall’autostrada. Per essere bancabile”, il Pef dovrebbe essere tagliato di circa 1,2 miliardi di opere previste. A maggior rischio sono tutti quei progetti che non hanno una progettazione definita: praticamente tutte le opere proposte, ad iniziare dalla terzo corsia dinamica tra Verona Nord e Bolzano, o agli 800 milioni di opere accessorie previste per gli aggiornamenti dalla viabilità complementare.

Oltre all’aspetto delle opere finanziabili a carico dei pedaggi riscossi dalla clientela di A22, c’è anche il tema della gestione della nuova societàin house”, la BrennerCorridor. I soci principali della nuova società – gli enti pubblici del Trentino Alto Adige che detengono la maggioranza assoluta del capitale – non si danno per vinti sull’obbligo formulato dalla Direzione generale Grow della Commissione europea per cui il comitato d’indirizzo di BrennerCorridor debba essere presieduto da un soggetto di nomina governativa senza il preventivo gradimento da parte dei soci territoriali e azionisti della società. Per ovviare al problema, i soci territoriali hanno chiesto a Bruxelles l’ennesimo parere per cercare di farsi riconoscere il gradimento sulla nomina governativa del presidente del comitato d’indirizzo.

E poi c’è anche la questione non trascurabile della richiesta non preventivata di 180 milioni di euro di indennizzo per i quattro anni di gestione da parte di Autobrennero a concessione scaduta che va ad aggiungersi ai circa 240 milioni di euro già previsti tra anticipodegli oneri di concessione e canone periodico. Tutti soldi che i soci pubblici devono pagare pronta cassa allo Stato entro trenta giorni dalla firma della concessione. Una bella cifra per avere una capacità di gestione nella nuova concessionaria praticamente annullata, così come sarà grandemente ridotta anche quella “manna” annuale che sono i ricchi dividendi che Autobrennero eroga ai soci ogni anno che per molti comuni sono un’autentica linfa vitale per i rispettivi bilanci.

Ce n’è abbastanza per tirare fuori dal cassetto il progetto iniziale di andare a gara pubblica europea, che taglierebbe di netto tutta l’ingerenza dello Stato nella gestione della concessione nel caso che la gara fosse vinta dalla società, che in questo caso vedrebbe nuovamente l’attuale concessionaria Autobrennero spa a scendere in campo, risolvendo all’origine anche il problema della gestionedelle due concessioni minori (quella della bretella Campogalliano-Sassuolo e della Nogara-Ferrara) che vede Autobrennero come promotore e maggiore azionista. Concessioni, quest’ultime, che in caso di procedura “in house” rimarrebbero escluse dalla nuova BrennerCorridor, con la necessità di tenere in vita Autobrennero per la loro gestione.

A favore della rottura e del rilancio ci sarebbe anche il tema del famoso “tesoretto” del fondo ferrovia accumulato negli anni da Autobrennero per il finanziamento del tunnel del Brennero, che ha raggiunto quota 720 milioni di euro. In caso di gara europea, questi soldi non sarebbero più girati allo Stato che li ha già inseriti nel bilancio 2018 (con la conseguenza si aprire l’ennesimo buco finanziario nei conti già ampiamente disastrati dello Stato), ma potrebbero essere ripartiti tra i soci, previo il versamento del 50% in tasse allo Stato medesimo.

Una situazione decisamente intricata, cui l’assemblea dei soci dovrà tentare di dare una risposta possibilmente definitiva.

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