Energia, da Confindustria Udine no forte e deciso al decreto “Spalma incentivi rinnovabili”

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pannelli fv fotovoltaici sole 1Cresce il malcontento delle imprese di settore e dai privati titolari di piccoli impianti domestici fotovoltaici

Anche da Confindustria Udine arriva un nuovo no, forte e deciso, al cosiddetto “Decreto Spalma Incentivi per le Rinnovabili”, D.L. n. 91 del 24 giugno 2014, che ha introdotto delle disposizioni urgenti con incidenza retroattiva sugli incentivi per il fotovoltaico.

A ribadirlo è stato l’ingegnere Alessandro Papparotto, capogruppo del Gruppo energia e telecomunicazioni a rete di Confindustria Udine, che ha aperto i lavori dell’incontro riservato ai soggetti possessori di impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kWp dal titolo “I limiti nazionali al principio di irretroattività della legge e la tutela comunitaria, con specifico riferimento al decreto spalma incentivi”.  

«Il nostro obiettivo – ha spiegato Papparotto – è quello di sensibilizzare le aziende del settore e di quanti hanno investito in questo tipo di risorsa di ciò che sta accadendo e le eventuali procedure attivabili, anche di profilo legale, al fine di tutelare i diritti acquisiti. Siamo infatti di fronte ad una procedura con effetto retroattivo che mina il principio fondamentale dei diritti acquisiti. Se la finalità del Governo era quella, condivisibile, di ridurre gli oneri nella bolletta dell’energia elettrica per il consumatore si poteva raggiungere l’obiettivo con ben altre soluzioni e non a carico di chi ha effettuato piani di investimento sul fotovoltaico garantiti dalla legge». Non solo: «per quanto già in vigore – ha aggiunto Papparotto -, lo spalma incentivi può ancora subire modifiche in Parlamento durante la conversione in Legge che deve avvenire entro 60 giorni. Confidiamo pertanto – e siamo in tanti qui oggi a chiederlo – nella eliminazione nel ‘DL Crescita’ di tale modifica retroattiva dei diritti legittimamente acquisiti da parte di imprese e cittadini». Modifiche che parti di maggioranza e opposizione stanno elaborando entro il termine di lunedì prossimo per emendare la proposta del Governo che contiene parecchie inconguenze.

confindustria Udine Emiliano Troi e Alessandro Papparotto 1Nel frattempo il Gruppo Energia monitorerà costantemente la situazione: «cercheremo – ha concluso Papparotto – di raccogliere contatti ed e-mail delle aziende interessate per tenerle aggiornate sull’evoluzione della situazione. Apriremo anche una pagina sui social network per generare un continuo scambio di idee sull’argomento».  

Ad entrare nel merito della questione è stato poi il relatore dell’incontro, l’avvocato Emiliano Troi, del Foro di Padova, esperto nel settore del diritto amministrativo relativo alla costruzione di impianti di produzione di energia rinnovabile, edilizia, urbanistica e appalti. Com’è noto, il decreto prevede una rimodulazione degli incentivi dal 1 luglio 2015 per tutti gli impianti fotovoltaici con potenza superiore a 200 kWp. Gli incentivi saranno ridotti, secondo i casi, da un minimo del 17% a un massimo del 25% e saranno erogati su ventiquattro anni anziché venti senza interessi. I soggetti responsabili che non dovessero aderire a detta rimodulazione delle tariffe vedranno riconosciuti gli incentivi sul medesimo arco temporale inizialmente previsto ma con una riduzione dell’8% sulle tariffe.

«L’art. 26 del D.L. 91 del 24.06.2014 – ha evidenziato l’avvocato Troi – prevede misure particolarmente penalizzanti per gli impianti fotovoltaici, laddove dispone di fatto una riduzione degli incentivi erogati variabile fra gli 840 milioni ed i 330 milioni di Euro (si tratta di stime fornite dallo stesso GSE in sede di audizione in commissione in Senato lo scorso 2 luglio). Tale riduzione sembrerebbe motivata dal fine di permettere di raggiungere la diminuzione del 10% della tariffa in bolletta. In realtà dalle proiezioni svolte sembrerebbe che l’effettivo effetto riduttivo per il costo della bolletta si aggiri intorno al 0,1%. A fronte di tale irrilevante vantaggio risulta invece manifesto il danno per le società titolari degli impianti fotovoltaici oggetto della predetta normativa. Anche sul punto tale giudizio risulta espresso in sede di consultazione in commissione al Senato dalle associazioni anche bancarie. In particolare l’Associazione Italiana del Leasing in audizione il 4 luglio ha dichiarato come tale modifica determinerà costi probabilmente insostenibili per i produttori di energia elettrica».

Inoltre, l’art. 26 del predetto decreto, una volta convertito in legge, rappresenterebbe secondo Troi «una norma particolarmente penalizzante sotto il profilo economico ed all’apparenza ingiusta perché opera retroattivamente su rapporti definitivamente costituiti sulla base di un vero e proprio contratto fra i produttori di energia ed il GSE. Proprio tale circostanza esclude che nel caso di specie la scelta del governo possa essere giustificata sulla base della mancanza di una posizione qualificata del soggetto privato, come è stato fatto in passato per giustificare l’introduzione di regimi incentivanti peggiorativi rispetto alle legittime aspettative dei privati. Nel caso di specie, tenuto conto della fonte legislativa, la norma – ha osservato il legale – non potrà nemmeno essere impugnata in via diretta, ma sarà necessario adire il giudice ordinario al fine di richiedere a tale soggetto di sollevare l’incostituzionalità della nuova norma, così da ottenerne la disapplicazione. Ciò implica per i produttori di energia elettrica di dover passare per il doppio filtro della rimessione alla corte costituzionale da parte del giudice ordinario, che dovrà essere previamente adito a tale fine».

«In ogni caso – ha concluso Troi -, qualora la Corte costituzionale non dovesse riconoscere l’illegittimità, o ancora prima il giudice ordinario non ritenesse di sollevare l’eccezione di incostituzionalità della norma, ci potrà essere ancora la possibilità per i privati produttori di energia di adire la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo. In quella sede, sulla base anche di varie pronunce in precedenza su casi analoghi, potrebbe trovare la giusta tutela il principio dell’affidamento dei privati e la salvaguardia dei rapporti contrattuali già costituiti».

Preoccupazione esprimono anche i numerosi installatori di impianti fotovoltaici di taglia domestica, che già ora non fruiscono più nelle nuove applicazioni di alcun contributo. La loro convenienza economica si regge solo grazie al drastico calo degli impianti verificatosi negli ultimi anni. Se passasse la norma proposta dal Governo di gravare tutti i nuovi impianti realizzati a partire dal 1 gennaio 2015 di quote proporzionalmente crescenti degli oneri di distribuzione dell’energia – cosa che oggi non avviene – la loro convenienza verrebbe nuovamente messa a rischio e con essa migliaia di posti di lavoro legati al settore.