Veneto, rapporto immigrazione: in regione 514.000 stranieri, il 10,4% della popolazione

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Regione veneto riassetto deleghe giunta Isi Coppola Luca Zaia mani 1
Regione veneto riassetto deleghe giunta Isi Coppola Luca Zaia mani 1Zaia: «ne abbiamo un decimo di tutti quelli residenti in Italia, non possiamo aggiungerne altri». Allarme Ebola, attenzione al massimo sul caso dei marines della base di Vicenza

Al primo gennaio 2014 gli immigrati stranieri presenti in Veneto erano 514.000, pari al 10,4% dell’intera popolazione residente e a un decimo di tutti gli stranieri presenti in Italia. Nel 2013 si è registrato un aumento di 27.000 unità.

42.000 sono i lavoratori disoccupati sui circa 200.000 totali in Veneto, mentre le imprese avviate da stranieri sono 41.000, pari al 5,8% del totale dell’imprenditoria regionale. Il lavoro straniero determina circa il 5% del Pil regionale. Il 90% delle scuole venete ospita studenti stranieri. Le province con il maggior numero di stranieri residenti sono Treviso e Verona con oltre 100.000 unità, seguite da Vicenza e Padova sopra i 95.000. Sono questi alcuni dei dati più significativi del Rapporto annuale 2014 sull’immigrazione in Veneto, presentato a Venezia dal presidente della Regione Luca Zaia, alla presenza, tra gli altri, del direttore di Veneto Lavoro, che ha realizzato la rilevazione, Sergio Rosato e dei tecnici del settore flussi migratori della Regione.

«Questi numeri – ha rilevato il Governatore – testimoniano di una realtà di seria integrazione e smentiscono clamorosamente lo stereotipo razzista che ci si vuol affibbiare, ma ci dicono anche che su questo fronte abbiamo già dato. Il Veneto è quarto dopo Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna per numero di immigrati presenti, e quando la presidente della Camera Boldrini esorta il Veneto a fare la sua parte nell’operazione “Mare Nostrum”, parla senza conoscere i dati. Ci sono 16 regioni prima di queste 4 a cui rivolgersi».

Zaia allarga la riflessione anche sulle problematiche sociali connesse all’immigrazione: «la ricaduta dei dati sulla crisi in questo settore ammonisce anche a non essere ipocriti e a dire forte e chiaro che oggi il Veneto non è più una realtà attrattiva, che non c’è lavoro e quindi possibilità di costruirsi una vita dignitosa. Bisogna smettere di spacciare a questa povera gente la bugia di un paese florido, di un paradiso che non c’è, ed essere onesti con sé stessi e con gli altri».

La Regione intende favorire l’effettiva integrazione: «ai presenti che hanno un serio progetto di vita – ha detto Zaia – garantiamo la massima integrazione e tutti i servizi, dalla scuola alla casa (nei limiti del possibile), dalla formazione professionale all’assistenza in caso di volontà di rientro, a welfare in generale. Un grosso impegno – ha concluso il Governatore – riguarda anche l’assistenza sanitaria e in questo settore chiediamo ai nostri ospiti una maggior disponibilità a seguire le regole e a rivolgersi anche ai servizi territoriali, perché il Pronto Soccorso deve occuparsi prima dei malati gravi e non può sopportare scene d’isteria come accaduto già più volte in vari ospedali».

Zaia si è occupato anche del caso di Ebola tra i marines della base americana di Vicenza, dove è scattata la quarantena per i militari rientrati dall’Africa, auspicando che i miliari possano essere al più presto rimpatriati negli Usa.

Allargando il ragionamento, Zaia ha ricordato che l’Organizzazione Mondiale della Sanità, già il 4 agosto scorso, ha ufficializzato che il periodo di incubazione varia da 2 a 21 giorni, ma anche che un paziente guarito può ancora trasmettere la malattia, ad esempio attraverso il liquido seminale, per altri 28-29 giorni, il che porta a 49-50 giorni il tempo complessivo per avere la certezza della guarigione e della non infettività.

«Sulla base di queste informazioni puramente scientifiche – ha detto Zaia – riteniamo ragionevole e utile che le frontiere dai Paesi a rischio vengano chiuse alla fonte, cioè sin dai punti di partenza. E’ vero che le possibilità di esportare l’infezione sono minime – ha aggiunto – ma in 49-50 giorni totali una persona infetta può non solo arrivare in un Paese straniero, ma fare il giro del mondo. Per questo non vedo nulla di male nel fare ciò che, ad esempio, ha già deciso la progredita e civilissima Australia. E’ una questione anche di rispetto per il popolo italiano e veneto che sta vivendo con molto allarme l’intera vicenda».