“Avremo l’energia dai fiumi”: storia dell’industria idroelettrica in Trentino

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Avremo lenergia dai fiumi Invito 1
Il Museo Storico del Trentino ha editato in due volumi lo sviluppo del “carbone bianco” dagli albori ad oggi

 

Avremo lenergia dai fiumi Invito 1Un grande lavoro di raccolta e di catalogazione dello sviluppo dell’energia idroelettrica in Trento, dagli albori dei primi anni del Novecento ad oggi, è il lavoro dato alle stampe dal Museo Storico del Trentino curato da Alessandro de Bertolini e Renzo Dori, “Avremo l’energia dai fiumi” (2 volumi; pagine: 813; ISBN: 978-8871-972-039; prezzo di copertina: € 50,00).

Lo sfruttamento dei bacini idroelettrici è un tema che da tempo la Fondazione Museo storico del Trentino segue con interesse, nell’ambito di un filone di ricerca legato alla storia del territorio, alle sue trasformazioni, al suo rapporto con la popolazione e con le comunità che lo hanno abitato. In tale quadro, s’inserisce la pubblicazione di quest’opera sulla storia dell’industria idroelettrica in Trentino, suddivisa in due volumi. Il primo raccoglie una miscellanea di saggi che analizza l’argomento da punti di vista differenti. Il secondo è una descrizione di tutte le grandi derivazioni idroelettriche presenti in Trentino suddivise per asta fluviale e per impianto.

Dalla fine del XIX secolo lo sfruttamento dell’industria idroelettrica nell’area trentina ha svolto un ruolo di grande rilievo. Produrre e distribuire energia elettrica mediante la costruzione di grandi opere di sbarramento dei torrenti per la creazione di bacini artificiali, condotte forzate e centrali idroelettriche ha rappresentato per la storia del Trentino un punto di svolta. 

Il significato degli impianti idroelettrici ha assunto in questo senso un peso eminentemente economico interessando anche il contesto sociale del territorio con ampi riverberi su diversi settori della società in tutta l’area regionale. La scelta di intraprendere la via dell’idroelettrico cominciò con la sfida tardo-ottocentesca di elettrificare la città di Trento durante l’amministrazione di Paolo Oss Mazzurana, podestà di Trento per più mandati tra gli anni settanta e gli anni novanta. A quell’epoca, lo sfruttamento dell’acqua come strumento per ottenere energia elettrica rappresentava una strada innovativa e portava con sé grandi aspettative, ma era realizzato in un’ottica di soddisfacimento delle esigenze preminentemente locali. I primi impianti erano di piccole dimensioni, esercitavano un utilizzo modesto della risorsa acqua presente nei torrenti e la loro realizzazione era costantemente condizionata dalle scarse risorse economiche a disposizione degli enti comunali. 

Nei decenni successivi, l’iniziativa municipale dovette misurarsi con un contesto di forti cambiamenti dovuto allo scoppio delle guerre mondiali, alle difficoltà del periodo infrabellico e al dopoguerra. La prima metà del secolo scorso vide l’arrivo in Trentino di grosse società che, muovendo enormi capitali, assunsero di fatto la spinta propulsiva per la realizzazione dei grandi cantieri idroelettrici. Dagli anni Venti agli anni Sessanta tutte le principali aree del Trentino furono interessate dalla corsa al “carbone bianco”, guidata dai maggiori gruppi industriali del Paese. Un fenomeno che non si limitò al territorio provinciale, ma che coinvolse gran parte dell’arco alpino. 

Il protagonismo del comune di Trento rappresentò dapprincipio un robusto impulso a quello che si mostrava, agli albori del Novecento, come un settore nascente dell’economia locale e della futura industrializzazione. Ciò che accadde successivamente mostrò invece una lenta ma costante esautorazione delle amministrazioni locali dal ruolo di iniziativa e di governo del comparto idroelettrico a favore degli interessi delle maggiori industrie italiane, le quali, in Trentino, erano attirate dalla possibilità di produrre grandi quantità di energia da vendere sui mercati dell’Italia del nord, dove la domanda era in aumento. Fino a quando, con legge parlamentare numero 1643 del 6 dicembre 1962, lo Stato nazionalizzò il settore della produzione e distribuzione dell’energia elettrica. 

È in questa cornice, un contesto animato da diversi protagonisti e alimentato da spinte differenti, sia pubbliche sia private, che la cosiddetta “epopea dell’idroelettrico” ha rappresentato per il Trentino elementi di crescita ed elementi di criticità al tempo stesso.
I grandi cantieri hanno portato occupazione, contribuendo a rallentare l’emigrazione, ma facendo contemporaneamente emergere il problema delle dure condizioni d’impiego sul posto di lavoro. La costruzione dei bacini artificiali, di sbarramenti e opere di derivazione su tutte le principali aste fluviali della provincia ha segnato un importante passo avanti nell’utilizzo di energia da fonti rinnovabili, ma le opere realizzate hanno generato una modificazione del paesaggio decisiva e irreversibile occupando forzatamente porzioni di territorio, ponendo problemi di tipo urbanistico nei rapporti con la popolazione e di tipo idrologico in tema di alterazione della quantità e della qualità delle acque dei torrenti alpini.

L’industria idroelettrica ha prodotto in breve tempo enormi quantitativi di energia, in grado di alimentare le aree urbane energivore delle principali città del Nord Italia, ma i milioni di chilowattora prodotti raramente si sono fermati sul territorio. La recente attribuzione alle province autonome di Trento e di Bolzano di competenze legislative e amministrative in materia di acque pubbliche insieme al riconoscimento alla Provincia di funzioni e prerogative in campo energetico in concorso con gli enti locali sta modificando significativamente la situazione. Tali elementi, che quest’opera approfondisce nel dettaglio, dimostrano le difficoltà che si incontrano nell’affrontare il tema dell’idroelettrico sotto il profilo strettamente storiografico. Il lavoro si pone in questa ottica facendo uso non soltanto delle fonti più tradizionali della storia ma anche delle fonti orali, mediante la raccolta di numerose testimonianze, e di archivi fotografici inediti, individuati a stretto contatto con gli archivi delle imprese private e delle istituzioni. Il tentativo è di recuperare la storia nella sua complessità, dando spazio agli eventi, non alle loro interpretazioni, nel convincimento di offrire un contributo allo studio dell’industria idroelettrica in Trentino: un tema legato strettamente alla nascita e allo sviluppo dell’Autonomia. 

L’opera è divisa in due volumi. Il primo raccoglie una miscellanea di saggi che analizza l’argomento da punti di vista differenti, evitando una trattazione troppo specifica del profilo storico-economico dell’idroelettrico in Trentino, data la ricchezza sul punto di fonti bibliografiche, a cui viene fatto rinvio. Il secondo è una descrizione di tutte le grandi derivazioni idroelettriche presenti in Trentino suddivise per asta fluviale e per impianto. 

Nel primo volume, Antonio Bernabè traccia un quadro sulle principali società che agivano in Trentino nel comparto idroelettrico dall’inizio del Novecento. Il saggio, che apre la miscellanea, si sofferma sulle società elettriche legate al “sistema Edison”, su quelle lombardo-venete e sulle municipalizzate del Trentino puntando l’attenzione sui capitali che muovevano tali aziende e sui protagonisti principali dell’epoca: ingegneri, imprenditori, uomini politici e dirigenti. A seguire, Tommaso Baldo analizza il dibattito che suscitò sulla stampa locale la questione idroelettrica e la rilevanza che essa ebbe nelle discussioni attorno al primo statuto d’Autonomia. Concentrandosi sul periodo del secondo dopoguerra, la ricerca pone l’accento sul rapporto tra la neonata Regione, gli amministratori locali e gli interessi dell’industria idroelettrica in uno scenario la cui posta in gioco era la proprietà delle acque pubbliche. 

Sviscerando il tema del lavoro, Mattia Pelli racconta la vita all’interno dei cantieri idroelettrici trentini. Il contributo esamina le condizioni di lavoro a cui erano sottoposti i minatori nei principali siti del Trentino, i turni a cui erano chiamati, dove dormivano, come mangiavano, da dove provenivano, quali erano le loro specializzazioni, quali erano i salari, di quali malattie si ammalavano e quali erano le principali cause di morte. Il saggio successivo, di Alessandro de Bertolini, prende in considerazione l’opera idraulica di Santa Giustina in Val di Non. Il caso di studio è affrontato sotto il profilo paesaggistico e sociale: analizza i cambiamenti che hanno interessato il territorio in ragione della realizzazione dell’invaso e si concentra sulle conseguenze che tali mutamenti hanno esercitato sulla popolazione. Insieme alla consueta documentazione, l’attenzione è posta sull’utilizzo delle fonti orali unitamente agli archivi fotografici d’impresa. Gianfranco Postal si occupa poi della legislazione in materia. L’intervento propone un’indagine sulla normativa in tema di idroelettrico in Trentino attraverso i principali passaggi politici e istituzionali che si sono succeduti dalla fine dell’Ottocento a oggi: la legislazione nell’Impero austroungarico e nel Regno d’Italia, i periodi del primo e del secondo statuto d’Autonomia fino al quadro giuridico e amministrativo odierno. Il saggio, con il contributo di Tommaso Baldo, si spinge fino alle più recenti modifiche intervenute tra il 2008 e il 2014. 

Di carattere differente è infine il contributo di Bruno Maiolini e Maria Cristina Bruno, che analizzano il problema da un punto di vista naturalistico con uno studio volto a sottolineare il rapporto tra produzione idroelettrica ed ecosistemi acquatici. L’analisi, sottolineando aspetti delicati come la questione dei rilasci, la distribuzione annuale delle portate e il deflusso minimo vitale, si focalizza sulla qualità delle acque dei torrenti alpini e sulla minaccia rappresentata dalle alterazioni dei regimi idrologici e termici. Chiude il primo volume l’intervento di Daniela Cecchin, che presenta una dettagliata scheda filmografica. Nella relazione sono indicate tutte le pellicole che, dagli anni Venti del Novecento a oggi, hanno trattato primariamente o secondariamente gli impianti idroelettrici in Trentino. Al termine del volume si è voluta inserire un’appendice fotografica dedicata esclusivamente al Fondo fotografico Studio Ing. Claudio Marcello di Milano e alla sua rilevanza storica come archivio d’impresa. Le immagini, per gentile concessione della famiglia Marcello, raccontano la fotocronaca della costruzione di alcuni dei principali cantieri idroelettrici del Trentino, segnatamente di quelli presenti sull’asta del torrente Noce e del torrente Chiese. 

Il secondo volume è a cura di Renzo Dori e rappresenta una descrizione di tutte le grandi derivazioni idroelettriche presenti in Trentino suddivise per asta e per impianto. Ciascuno degli impianti è esaminato mediante un contributo sulle notizie storiche legate all’iter autorizzativo per il rilascio delle concessioni e per mezzo di una descrizione dettagliata sulle caratteristiche tecniche dell’opera idraulica: dati di concessioni e costruzione, ubicazione e tipologia, indicazione delle opere di sbarramento e di derivazione, elementi distintivi della centrale, della sala macchine, dei canali di scarico, della stazione di trasformazione e delle altre parti dell’opera. Ogni impianto è corredato dalle corografie che lo descrivono, da immagini d’epoca e immagini recenti. Nella maggior parte dei casi sono presenti anche immagini aeree.