Economia Italia: ad aprile ancora in deflazione

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grafico indice calo rottura pavimento deflazione
Le categorie economiche preoccupate dal calo dei consumi e dalla generale stagnazione dell’economia. Finora scarse o nulle le azioni intraprese dal Governo Renzi per rilanciare lo sviluppo

 

grafico indice calo rottura pavimento deflazioneFrenano ancora in Italia i prezzi al consumo ad aprile, segnando ad aprile una variazione nulla su mese e un calo dello 0,4% sui dodici mesi, contro il -0,2% annuo di marzo. È quanto emerge dai dati preliminari Istat. L’inflazione acquisita per il 2016, come a marzo, è pari a -0,4%.

La maggiore flessione annua dell’indice generale è principalmente da attribuire all’accentuarsi del calo dei prezzi degli energetici regolamentati (-4,7%, da -2,7% del mese precedente), alla quale contribuiscono sia il gas naturale (-6,7%, da -5,7% a marzo) sia l’energia elettrica, che segna un’inversione di tendenza (-1,9%, da +1,5% del mese precedente). Pertanto, al netto dei soli beni energetici l’inflazione, pur indebolendosi, rimane in territorio positivo (+0,3%, era +0,4% il mese precedente), così come al netto degli alimentari non lavorati e dei beni energetici, scende a +0,5% (da +0,6% di marzo). 

Rispetto ad aprile 2015, i prezzi dei beni registrano una flessione stabile a -1,0%, mentre il tasso di crescita dei prezzi dei servizi rallenta (+0,4%, da +0,7% del mese precedente). Di conseguenza, rispetto a marzo 2016, il differenziale inflazionistico tra servizi e beni si riduce di tre decimi di punto percentuale. Secondo le stime preliminari, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) aumenta dello 0,3% su base mensile mentre diminuisce dello 0,3% su base annua (era -0,2% a marzo). Il rialzo mensile è in larga parte dovuto al rientro definitivo dei saldi invernali dell’abbigliamento e calzature, di cui il Nic non tiene conto.

Lo stato generale dell’economia italiana preoccupa le categorie produttive e le associazioni dei consumatori. «L’Italia è un Paese precipitato in una preoccupante deflazione, incapace, vista la ripresa che fatica a diventare stabile, di assicurare occupazione ai più giovani – dichiara il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi -. La deflazione allo 0,4% preoccupa perché è la spia di una situazione sconfortante: chi vende è costretto ad abbassare i prezzi per andare incontro alle esigenze di cittadini che sono in alcuni casi impoveriti o senza lavoro oppure preoccupati e tendenti ad accumulare risorse, quindi non indotti a spendere». Secondo il presidente di Unimpresa «in un quadro di questo tipo siamo costretti a registrare come le nuove generazioni fatichino a entrare nel mercato del lavoro e questo fattore rappresenta un elemento critico anche per le imprese, nelle quali mancherà, in prospettiva, sia il necessario ricambio sia l’indispensabile spinta dal basso».

«L’Italia continua a rimanere in deflazione – commenta Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione – e la situazione non sembra migliorare. Il dato di aprile (-0,4%) è infatti il peggiore dall’inizio del 2016 e uno dei più bassi da molto tempo. Con questi numeri diventa anche più critico il raggiungimento del pur modesto obiettivo di inflazione annua per il 2016 del +0,2%. Anche escludendo l’effetto dei beni energetici, l’inflazione è ferma al +0,3%, sintomo di una domanda ancora debole». Per Cobolli Gigli «un’inflazione bassa, o addirittura negativa come accade ormai da 3 mesi, dovrebbe essere di sostegno ai consumi, poiché le famiglie vedono aumentare il loro potere d’acquisto. Ciò tuttavia non sta accadendo, e i consumi permangono in un limbo di crescita modesta (se escludiamo il settore auto rischiano di essere pericolosamente vicini allo zero) perché le persone vivono ancora un clima di incertezza sul futuro, che frena gli acquisti e induce a ricostituire lo stock di risparmio, precedentemente eroso dalla crisi. Ed è anche su questa “leva immateriale” che occorre agire per tornare a crescere, ricreando sicurezza e fiducia con politiche che configurino un reale cambiamento per il Paese, attraverso la continuazione del programma di riforme, la creazione delle condizioni per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, fornendo più certezze che dubbi sulle pensioni», conclude il presidente di Federdistribuzione.

Per Confesercenti preoccupa la perdurante discesa dei prezzi di aprile (-0,4%), decisamente più veloce della caduta media registrata nell`Eurozona (-0,2%). L’abbassamento dei prezzi in Italia, come nel resto del continente, è trainato dal calo degli energetici, che fanno registrare un -7,4%. Le flessioni registrate anche nel comparto dei beni (-1%) e degli alimentari (-0,1%) sembrano confermare il persistere della debolezza della domanda delle famiglie, la cui spesa non riparte con la forza attesa. Nonostante il calo dei prezzi permetta agli italiani di risparmiare circa 2 miliardi di euro, i consumi continuano a stagnare: segno di un clima di incertezza, causato da uno scenario economico che lancia segnali contraddittori. «Serve un intervento mirato – afferma Confesercenti in una nota – per rinforzare il ritorno alla spesa delle famiglie. C`è bisogno di un intervento coraggioso, di un’“Consumer Act” che dia un po’ di ossigeno alle famiglie e aiuti la ripartenza della spesa. In questo quadro, la riduzione dell’Irpef sarebbe senz`altro la via via maestra da percorrere il prima possibile per riportare fiducia tra le famiglie italiane e far ripartire definitivamente i consumi».

Vedono nero anche le associazioni dei consumatori. Per il presidente del Codacons , Carlo Rienzi, «dall’Istat arrivano numeri tragici sul fronte dell’inflazione. La deflazione rappresenta oramai la “bestia nera” per l’economia italiana, un nemico che allontana la ripresa definitiva del Paese. Il forte calo dei prezzi del -0,4% su base annua ha però dei complici, da individuare nel Governo. Il nostro esecutivo non ha adottato una sola misura negli ultimi mesi per spingere la ripresa dell’inflazione, incrementare la domanda interna e sostenere i consumi, nonostante gli allarmi lanciati a più riprese dall’Istat e dal Codacons. Un immobilismo colpevole quello del Governo Renzi, che ha effetti per l’economia, per le famiglie e per le imprese, in quanto i prezzi in continua deflazione rappresentano un danno per miliardi di euro al Paese».

Per Massimiliano Dona, segretario dell’Unione Nazionale Consumatori, «nonostante l’azione di contrasto della Bce, il crollo della domanda è tale che i prezzi non possono che scendere. Ecco perché non basta che si punti alla crescita attraverso la sola politica monetaria, ma occorre che anche i Governi, a cominciare dal nostro, si assumano le loro responsabilità. Per l’Italia urge una riforma che abbassi la pressione fiscale sul ceto medio e va respinta qualunque ipotesi di aumento delle aliquote Iva o di ricomposizione della base imponibile. In ogni caso – continua Dona – l’abbassamento dei prezzi consente di aumentare il potere d’acquisto delle famiglie e, quindi, consente di non avere ulteriori effetti di riduzione dei consumi». Secondo i calcoli dell’Unione Nazionale Consumatori, la discesa dello 0,9% dei prezzi dei beni ad alta frequenza di acquisto, consente di risparmiare, in termini di minor del costo della vita, per una tradizionale famiglia, una coppia con 2 figli, 140 euro su base annua. Una coppia con 1 figlio spenderà, invece, 130 euro in meno nei dodici mesi, un pensionato con più di 65 anni sborserà 71 euro in meno, -76 euro un single con meno di 35 anni, -104 euro una coppia senza figli con meno di 35 anni.