Scattati i dazi sul riso importato da Cambogia e Birmania

Prandini: «si tutela così la risicoltura italiana leader in Europa». Varrascina: «decisione dovuta per evitare la concorrenza sleale». 

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dazi sul riso mestolo 1

Sono scattati i dazi sul riso proveniente dalla Cambogia e dalla Birmania (ex Myamar) che ne hanno esportato nell’Unione Europea ben 328 milioni di chili nel 2017/18, con un aumento del 256% negli ultimi sette anni.

«Si tratta – sottolinea Coldiretti – di un deciso cambio di rotta nelle politiche europee rispetto agli accordi commerciali preferenziali stipulati con Paesi che spesso non rispettano le condizioni produttive ed i diritti dei lavoratori vigenti all’interno dell’Unione, con gravi danni per i produttori e rischi per i consumatori».

Con la pubblicazione del regolamento in gazzetta Ufficiale, gli operatori commerciali che importano nell’UE il riso lavorato e semilavorato proveniente dai due Paesi asiatici è previsto il pagamento di un dazio per un periodo di almeno tre anni, che parte da 175 euro a tonnellata nel 2019, a 150 euro a tonnellata nel 2020 fino a 125 euro a tonnellata nel 2021, con una possibile proroga di applicazione del dazio ove sia giustificata da particolari circostanze.

Una misura necessaria per salvare la produzione nazionale colpita da una drammatica crisi che mette a rischio il primato in Europa dove l’Italia – rileva la Coldiretti – è il primo produttore di riso con 1,40 milioni di tonnellate su un territorio coltivato da circa 4mila aziende di 219.300 ettari, che copre circa il 50 % dell’intera produzione Ue con una gamma varietale del tutto unica.

Soddisfatto il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, secondo cui «ora occorre lavorare per estendere i dazi anche al riso non lavorato. La decisione assunta rappresenta un importante cambio di rotta che deve riguardare tutte le produzioni poiché l’Unione Europea deve vigilare affinché tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri a tutela della dignità dei lavoratori, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri in vendita sugli scaffali ci sia un percorso di qualità per il rispetto di requisiti per l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore a sostegno di un vero commercio equo e solidale».

«Accogliamo con favore la decisione della Commissione Europea di reintrodurre, in seguito alla conclusione dell’inchiesta sulle importazioni di riso “indica” da Cambogia e Myanmar, la clausola di salvaguardia a tutela del reddito dei risicoltori nazionali» ha detto presidente di Copagri, Franco Verrascina sottolineando come «nell’Unione Europea le esportazioni di riso sono crollate, ad agosto 2018 su base annua, del 37,6% in valore, mentre le importazioni, sempre nello stesso periodo, sono aumentate del 14,4%, portando la bilancia commerciale a una percentuale negativa pari al 24,5%; un andamento molto simile si è verificato in Italia, Paese che è il primo produttore comunitario di riso, dove nel 2018 l’export è calato di quasi 8.000 tonnellate, mentre l’import è aumentato di circa 3.000 tonnellate».

Soddisfatto anche Luigi Scodamaglia, presidente di Filiera Italiana, l’associazione che rappresenta il meglio del Made in Italy della filiera agroalimentare italiana: «si tratta di un successo anche per chi pensa che i dazi e i protezionismi vadano rigettati se fatti per tutelare artificialmente mercati o aziende non competitive ma diventano sacrosanti come strumenti di salvaguardia per quelle aziende che rispettano le regole e gli standard o quando vengono utilizzati come in questo caso contro chi fa dumping sociale lavorativo ed ambientale. Le importazioni libere da Paesi che usano manodopera spesso minorile o prodotti chimici a rischio non possono essere tollerate nè nell’interesse dei produttori nè dei consumatori italiani».

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