L’economia non decolla anche perché i ministeri non pagano

Secondo la Cgia, nel II trimestre 2020 8 dicasteri hanno pagato i loro fornitori in ritardo e altri 3 non han pubblicato i dati.

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L’economia non decolla anche perché i ministeri non pagano i propri fornitori. Tra tutti i 12 ministeri che hanno un budget e una capacità di spesa autonoma senza dipendere dalla presidenza del Consiglio, secondo l’indagine effettuata dalla Cgia di Mestre nel secondo trimestre 2020 solo quello degli Esteri (-17 giorni) ha pagato in anticipo i propri fornitori rispetto alle scadenze previste dalla legge (30 giorni, estendibili a 60 per il comparto sanitario). Gli altri 11 hanno onorato le proprie spettanze in ritardo o non hanno ancora aggiornato i dati. Inadempienza, quest’ultima, altrettanto grave quanto lo “sforamento” dei tempi di pagamento: perché anche in questo caso ci si trova di fronte a una violazione della legge per la mancata pubblicazione dei dati, non consentendo a soggetti terzi di verificare l’efficienza o meno di queste pubbliche amministrazioni.

Il quadro generale, pertanto, si sta aggravando: se nel primo trimestre 2020 solo tre ministeri erano riusciti a rispettare i tempi di pagamento, nel trimestre successivo solo uno ha liquidato i fornitori in anticipo. Non ci si stupisca se così l’economia non decolla.

Dove si sono verificate le situazioni più critiche? Il dicastero dei Beni culturali, ad esempio, tra aprile e giugno di quest’anno ha saldato i propri fornitori con un ritardo medio di 30 giorni, le Infrastrutture dopo 49 giorni, l’Ambiente dopo 53, le Politiche agricole dopo 61 e l’Interno, a cui spetta la maglia “nera”, dopo 62. Altri, invece, non hanno ancora aggiornato i dati sul proprio sito internet: il ministero dell’Istruzione/Università, della Salute e della Giustizia: gli ultimi due, addirittura, non hanno nemmeno pubblicato il dato riferito al primo trimestre 2020. 

«Se anche i ministeri cominciano a ritardare il saldo delle fatture – sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi Cgia, Paolo Zabeo – abbiamo il sospetto che in linea generale tutta la pubblica amministrazione, anche a causa del Covid, stia dilatando i tempi di pagamento, in particolar modo a livello locale. Per risolvere questa annosa questione che sta lasciando senza liquidità tantissime imprese, c’è solo una cosa da fare: nel caso di mancato pagamento, bisogna prevedere per legge la compensazione secca, diretta e universale tra i debiti della pubblica amministrazione verso le imprese e le passività fiscali e contributive in capo a queste ultime. Grazie a questo automatismo risolveremmo un problema che ci trasciniamo appresso da almeno 15 anni».

Quest’anno, anche a causa del Covid che sicuramente ha rallentato l’operatività di molte amministrazioni, tantissimi fornitori avranno grosse difficoltà a incassare le proprie spettanze; una situazione che si sovrappone ad un ritardo storico, visto che la pubblica amministrazione italiana, da almeno un decennio, è indicata tra le peggiori pagatrici d’Europa. In Italia le commesse pubbliche ammontano a circa 140 miliardi di euro all’anno e il numero delle imprese fornitrici sono circa un milione. Nei mesi scorsi sono emersi alcuni segnali molto preoccupanti sulla difficoltà da parte di molti enti locali di onorare gli impegni economici presi con i propri fornitori. 

Con il decretoRilancio” il Governo ha messo a disposizione di regioni, ASL e comuni 12 miliardi di euro per liquidare almeno una parte dei debiti commerciali accumulati entro la fine del 2019. Alla scadenza del 7 luglio scorso – data entro la quale gli enti territoriali dovevano chiedere alla Cassa Depositi e Prestiti le anticipazioni di liquidità per pagare i vecchi debiti – solo il 10% circa delle risorse messe a disposizione era stato richiesto. A seguito di questo flop, con il decretoAgosto” il Governo ha riaperto i termini: dal 21 settembre fino al 9 ottobre gli enti territoriali hanno avuto una nuova possibilità per accedere a questi fondi. 

L’aspetto più paradossale di questa vicenda è che non si conosce con precisione a quanto ammonta il debito commerciale della pubblica amministrazione: una cosa inverosimile, sebbene le imprese che lavorano per il pubblico siano obbligate da qualche anno a emettere la fattura elettronica. 

Sebbene negli ultimi anni il debito cumulato con i fornitori sia in calo, secondo i dati presentati il 31 maggio 2019 dalla Banca d’Italia nella “Relazione annuale 2018”, l’ammontare complessivo dei debiti commerciali della pubblica amministrazione ammonterebbe a circa 53 miliardi di euro, metà dei quali ascrivibili ai ritardi di pagamento. L’utilizzo del condizionale è d’obbligo, visto che il regolare monitoraggio realizzato dai ricercatori di via Nazionale si basa su indagini campionarie condotte sulle imprese e dalle segnalazioni di vigilanza da cui emergono dei risultati che, secondo gli stessi estensori delle stime, sono caratterizzati da un elevato grado di incertezza. 

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