CO2: non sempre è un male, specie in agricoltura

Aumentare la concentrazione in spazi confinati consente di incrementare produzione e qualità, riducendo l’utilizzo di fitofarmaci.

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Non sempre l’incremento della concentrazione di anidride carbonica viene per nuocere: secondo uno studio condotto da Linde, una delle maggiori aziende globali attiva nella produzione di gas tecnici (dall’ossigeno all’azoto, passando per l’idrogeno e la CO2) per impieghi sanitari ed industriali, dall’incremento della concentrazione di questo gas climalterante in un ambiente confinato come quello di una serra migliora decisamente la produzione agricola.

Secondo la ricerca condotta da Linde, l’utilizzo di CO2 nelle attività agricole avrebbe numerosi vantaggi: incrementare la concentrazione “naturale” di CO2 dalle 340 parti per milione (ppm) presente in atmosfera a valori doppi fa incrementare da un 20 al 30% la produzione, migliorandone anche gli aspetti organolettici e qualitativi, con in più il vantaggio affatto trascurabile di accelerare la crescita aumentando la resistenza delle piante a malattie e parassiti, riducendo l’impiego di fitofarmaci. Se non è una quadratura del cerchio, poco ci manca.

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Di fatto, più che criminalizzare l’aumento di CO2 nell’atmosfera come tendono a fare certi ambienti del talebanesimo ambientalista – che giungono ad ipotizzare di criminalizzare tutti coloro che non la pensano come loro – sarebbe utile utilizzate con più senno e competenza le risorse che la natura mette a disposizione, potenziando le colture – specie quelle a destinazione nutrizionale – in ambienti chiusi per ridurre anche il consumo d’acqua (fino al 90%), fitofarmaci (possibile l’azzeramento), garantire comunque la produzione e disponibilità a “km 0” degli alimentari vicino ai consumatori, contribuendo ad abbatterne il prezzo al consumatore.

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