Salute sempre meno diritto universale: 2 ml di italiani non si curano per motivi economici

Indagine della Fondazione Gimbe secondo cui cresce la povertà sanitaria in Italia, con la crescita della spesa delle famiglie per l’accesso alle cure a pagamento: 37 mld nel 2022.

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In Italia la salute è sempre meno un diritto universale garantito gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale a tutti i cittadini presenti sul territorio nazionale, compresi gli immigrati. Secondo un’indagine della Fondazione Gimbe, ci sono quasi 2 milioni di persone in Italia che rinunciano a curarsi per motivi economici ed è a rischio la salute di oltre 2,1 milioni di famiglie indigenti.

Per coloro che riescono a sostenere i costi, cresce invece la spesa sanitaria sostenuta direttamente dagli italiani: nel 2022 ha raggiunto quasi 37 miliardi di euro con oltre 25 milioni di famiglie che hanno speso in media per la salute 1.362 euro, circa 64 euro in più rispetto al 2021, una cifra che al Centro Sud arriva a 100 euro. Oltre 4,2 milioni di famiglie, sempre nel 2022, hanno limitato le spese per la salute, in particolar modo nelle regioni meridionali.

Lo scenario che emerge dall’indagine della Fondazione Gimbe basato su dati Istat è decisamente preoccupante. «Dalle nostre analisi emergono tre considerazioni – commenta Nino Cartabellotta, presidente Gimbe – innanzitutto l’entità della spesa sostenuta direttamente dalle persone sottostima le mancate tutele pubbliche perché viene arginata da fenomeni conseguenti alle difficoltà economiche delle famiglie: la limitazione delle spese per la salute, l’indisponibilità economica temporanea e la rinuncia alle cure. In secondo luogo, questi fenomeni sono molto più frequenti nelle regioni del Mezzogiorno, proprio quelle dove l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza è inadeguata. In terzo luogo, lo status di povertà assoluta che coinvolge oggi più di due milioni di famiglie richiede urgenti politiche di contrasto alla povertà, non solo per garantire un tenore di vita dignitoso a tutte le persone, ma anche perché le diseguaglianze sociali nell’accesso alle cure e l’impossibilità di far fronte ai bisogni di salute con risorse proprie rischiano di compromettere la salute e la vita dei più poveri, in particolare nel Mezzogiorno».

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Secondo l’analisi Gimbe, nel 2022 la percentuale di persone che hanno rinunciato a prestazioni sanitarie – dopo i numeri drammatici del periodo pandemico, 9,6% nel 2020 e 11,1% nel 2021 – si è attestata al 7%, dato comunque maggiore a quello pre-pandemico del 2019 (6,3%). Sono oltre 4,13 milioni le persone che «dichiarano di aver rinunciato nell’ultimo anno a visite specialistiche o esami diagnostici pur avendone bisogno per problemi economici, difficoltà di accesso, lunghi tempi di attesa», spiega Cartabellotta.

In particolare, nel 2022 ha rinunciato alle cure per motivi economici il 3,2% della popolazione, ovvero circa 1,9 milioni di persone. L’incidenza della povertà assoluta per le famiglie in Italia è salita dal 7,7% all’8,3%, pari a quasi 2,1 milioni di famiglie. Il NordEst ha registrato l’incremento più significativo, dal 7,1% al 7,9%, seguito dal Sud con un aumento dal 10,5% all’11,2% e dalle Isole con un incremento dal 9,2% al 9,8%.

A livello delle singole regioni, la spesa media sanitaria sostenuta dalle famiglie per l’accesso alle prestazioni in regime privatistico è passata da una media di 1.298 euro del 2021 ai 1,362,24 del 2022, ma con molta variabilità, passando da un calo in Calabria (-15,3% a 899,04 euro), in Valle d’Aosta (-24,3% a 1.387,56 euro), della Lombardia (-3,5% a 1.536,36 euro) o del Friuli Venezia Giulia (-3% a 1.351,08 euro) a tutta una serie di aumenti variabili dal 5,3% dell’Emilia Romagna (a 1.560,36 euro) ai picchi del 13,9% del Trentino (a 1.743,24 euro, record assoluto in Italia in termini monetari) o del 12,3% dell’Alto Adige (1.650 euro) per chiudere con la vetta del 26,1% di crescita della Puglia (1.147,80 euro).salute

Rimane da ricordare che ai cittadini che non riescono ad accedere alle prestazioni specialistiche nei termini previsi dal Servizio sanitario nazionale, essi hanno il diritto di rivolgersi al privato per ricevere la visita specialistica, pagandola e di farsi rimborsare dal Ssn in base alla legge numero 124 del 29 aprile 1998, che all’articolo 3, comma 13. Norma spesso sconosciuta e colpevolmente sottaciuta allo sportello quando si paga la prestazione sanitaria.

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