Per un vizio di forma, stoppato alla Camera il passaggio di Sappada dal Veneto al Friuli Venezia Giulia

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Manca il parere della regione Veneto. De Menech:«necessario trasformare questo caso da problema in occasione per migliorare la vita di tutti i comuni di montagna del NordEst»

comuni montagna protesta sindaciDovrà aspettare ancora la bellunese Sappada per entrare nei confini della regione autonoma Friuli Venezia Giulia. La legge per il distacco del centro montano dal Veneto si è fermata sul filo di lana, il giorno prima dell’inizio della discussione per il voto finale alla Camera.

Un vizio di forma – un mancato parere del Consiglio regionale del Veneto – ha fermato il il processo di addio alla Serenissima. Il relatore Andrea Mazziotti ha annunciato che l’esame del ddl è stato aggiornato a martedì prossimo, per dare il tempo alla presidente Laura Boldrini di verificare i fatti attinenti alla procedura tecnico-legislativa. 

Dopo il referendum del 2008 che aveva visto i sappadini dire “Sì” al distacco per approdare al Friuli Venezia Giulia, l’assemblea veneta aveva approvato una mozione – atto di indirizzo politico – che invitava a fare la legge conseguente. Ma non ha mai dato il parere definitivo sul referendum, che spetta alle due Regioni coinvolte nella “separazione”. Sono stati alcuni deputati veneti del Pd, che si oppongono al distacco, a sollecitare il pronunciamento del presidente del Consiglio veneto, Roberto Ciambetti (Lega). Che è arrivato con una lettera alla presidente Laura Boldrini. 

Secondo la deputata Dem Simonetta Rubinato, manca «il parere che l’articolo 132, comma 2, della Costituzione prescrive. E questo può rappresentare un vizio nella procedura assai grave, unito ai dubbi sulla necessità di una legge costituzionale e non ordinaria per il passaggio di un comune da una regione ordinaria ad una regione speciale». 

Ciambetti sostiene che la richiesta sarebbe dovuta arrivare dal Parlamento. «La mia – spiega – è stata una risposta tecnica alle sollecitazioni giunte dal Bellunese e dal Sappadino: ho scritto alla presidente della Camera che nessun ramo del Parlamento ha chiesto, come prevede la norma, il parere del Consiglio regionale del Veneto sul caso Sappada. Da un punto di vista tecnico – aggiunge Ciambetti -, la mozione approvata a suo tempo dal Consiglio, per quanto atto di rilevanza politica, non ha né la valenza né caratteristiche di un parere, atto formale completamente diverso e con un iter complesso che non è stato svolto». Ora saranno gli uffici legislativi della Camera ad approfondire il caso e ad esprimersi sul “vizio di forma”. Un intoppo che potrebbe essere di non poco conto, considerando che il Senato ha intanto già approvato la legge per “Sappada friulana” senza avere in mano il prescritto parere della regione Veneto.

Il “caso” Sappada è commentato dal deputato Bellunese Dem e presidente del Comitato comuni di Confine, Roger De Menech, cheparla della necessità di «trasformare frustrazione e rancore in un’occasione vincente per la montagna. Così come è, la vicenda Sappada lascerà sconfitti tutti i protagonisti: una comunità divisa tra passato e presente, rimarrà incapace di fare leva sui propri valori per abbracciare il futuro, rifugiandosi nella rabbia e nel rancore, poco importano a quel punto i confini geografici; una provincia pronta a disgregarsi, dove già si vanno preannunciando altre iniziative per il passaggio di regione». 

Per De Menech «sarà perdente, forse più di tutti, il Friuli Venezia Giulia che ha bisogno oggi più che mai di elaborare un progetto autonomista moderno, aperto e inclusivo. Che lo vogliamo o no è questo lo spazio in cui ci muoviamo. A poco serve ricordare i tentativi, andati a vuoto, di convincere la classe politica friulana a ragionare su soluzioni di lungo periodo e improntate alla logica vincente, dove tutti i soggetti ricevono vantaggi e benefici. Con il Trentino e Alto Adige abbiamo avviato proprio questo tipo di ragionamento. Abbiamo riattivato il fondo di perequazione e l’abbiamo assicurato fino al 2018. Le province di Belluno e di Sondrio – conclude De Menech – sono già nel comitato di gestione del Fondo, hanno un ruolo attivo. Sempre più sono le cabine di regia della progettazione territoriale. Possiamo trasformare un potenziale disastro in una grande occasione per la montagna. Perché l’occasione si concretizzi, tuttavia, dobbiamo riuscire a coinvolgere quel pezzo fondamentale del NordEst costituito dal Friuli Venezia Giulia. L’invito è a contribuire alla costruzione di un paese migliore, di un NordEst solido, aperto al mondo e inclusivo, rafforzato nei suoi territori e nelle sue strutture, coinvolgendo anche il Friuli Venezia Giulia nell’organismo già attivato con il Trentino Alto Adige». 

De Menech conclude affermando che «per la montagna non è l’autonomia speciale a fare la differenza, ma i contenuti e le modalità con cui quest’autonomia la si esercita. Nonostante la sua autonomia, anche il Friuli ha problemi con lo spopolamento della Carnia, mentre il Trentino Alto Adige è molto più avanti nella tutela delle popolazioni di montagna. Ecco, vorrei che per una volta non si guardasse ai confini di regione o di provincia e si avesse il coraggio di fare una politica omogenea ed unitaria per tutte le zone di montagna del NordEst».