Congiuntura economia, l’industria prova a ripartire

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meccanica-ingranaggi-ilnordestSecondo Confindustria Padova nel IV trimestre 2013 la produzione cresce del 3,4% sul 2012. Pavin: «in bilico tra risalita e stagnazione»

Avanti, adagio. La svolta ciclica per l’industria padovana a fine anno c’è stata, ma la ripartenza si profila lenta e discontinua. Il quarto trimestre 2013 segna un punto di significativa inversione di tendenza per la produzione, già avvistata nei mesi estivi (dopo aver perso quasi un quarto dei volumi).

Tornano positivi gli ordini, nonostante la ridotta visibilità. Ancora debole la domanda interna. L’export accelera vistosamente, trainato dalle vendite extra-Ue. Segnali di stabilizzazione per il lavoro. Migliorano le prospettive di inizio anno, ma la dispersione dei giudizi è elevata. La risalita sarà spinta dalla domanda estera, frenata da minore capacità produttiva e dalla riduzione del credito bancario.

Nel quarto trimestre 2013 l’indice della produzione industriale aumenta del +3,4% rispetto allo stesso periodo del 2012. Un risultato che riduce ma non annulla i risultati negativi di inizio 2013, portando la variazione media annua al -0,9%. La ripartenza riguarda tutti i comparti del manifatturiero (+3,5%), con il metalmeccanico molto meglio della media (+5,6%), recuperano i servizi (+5%), costruzioni ancora in sofferenza (-7,5%). L’andamento positivo è dovuto sia alle imprese con oltre 50 addetti (+5,5%), sia alle micro (+5,3%). La variazione tendenziale degli ordinativi torna positiva, pari al +2,3%, dopo due anni di segno meno. Per il 34,5% delle imprese la visibilità sugli ordini non arriva a un mese, per il 20,3% supera i tre mesi. Arretrano ancora le vendite in Italia, sia pure in modo più contenuto, pari al -2,9% (-4,4% la media annua). Le vendite all’estero mettono a segno un’accelerazione vistosa (+8,2%) estesa a tutte dimensioni aziendali (media annua +2,4%). L’espansione globale spinge l’export extra-Ue (+10,9%) e la ripresa nell’Eurozona, per quanto sommessa, sostiene le vendite in Europa (+6,3).

L’indice dell’occupazione mostra segnali di stabilizzazione, con un +0,2% tendenziale, grazie al manifatturiero (+0,6%). Positivo il dato nelle imprese con oltre 50 addetti (+1,4%) e nelle micro imprese (+0,9%). Aumenta il ricorso ai contratti a tempo indeterminato, pari al 36,4% delle nuove assunzioni, e determinato (42,9%), diminuisce il ricorso all’interinale (22,1%).

L’inversione di tendenza dell’attività industriale arresta la fase recessiva. Meno tese le spinte inflazionistiche sui prezzi delle materie prime, in aumento per il 36,7% delle imprese. Resta elevata, ma in calo, la quota di chi registra un rialzo dei tassi di interesse applicati dalle banche, con credito molto selettivo e più caro per il 36,9%. La liquidità aziendale è giudicata tesa dal 35,1%, anche a causa dell’allungamento dei tempi di pagamento: il 62,1% lamenta ritardi.

La previsioni per il primo trimestre 2014, pur con saldi ancora negativi (eccetto l’export), segnalano qualche ulteriore progresso. La produzione è attesa in crescita dal 22,2% delle imprese, in calo dal 22,6%: saldo di opinione da -7 a 0. Meno negative le attese sugli ordini interni, in aumento per il 17%, in calo per il 26,3% (dal 32,6%). Cresce ancora la fiducia sulla domanda estera, in aumento per il 33%, giù per l’11,2%. Il 75,3% giudica stabili le prospettive dell’occupazione. L’inversione ciclica dell’attività economica, favorita dall’espansione globale ma ostacolata dal credit crunch, migliora leggermente gli investimenti, previsti nei prossimi dodici mesi dal 61,4% delle aziende. Il 19,8% aumenterà gli impieghi, il 38,7 li manterrà stabili. Prevalgono gli investimenti in innovazione tecnologica, sostituzione di impianti, ricerca e sviluppo.

Secondo il presidente degli industriali padovani Massimo Pavin, “l’inversione ciclica nel quarto trimestre c’è stata, spinta dalla forza del manifatturiero innovativo e di qualità sui mercati esteri. Ma la ripartenza sarà lenta e discontinua ed esposta a rischi specifici, come la mancata ripresa dei consumi interni, il “credit crunch” e l’inadeguata visione di politica industriale. Riassorbire i danni di questa crisi non sarà una passeggiata. Siamo al “campo base”, in bilico tra i primi segni di ripresa e i rischi di nuova stagnazione o crescita di pochi decimali. Molto dipende dalle aziende, molto dalla capacità di chi governa di realizzare profonde riforme economiche e sociali. L’Italia non può continuare a essere ostaggio dell’immobilismo e della lotta politica». Pavin richiama la politica e il governo ai suoi doveri primari: «non è più tollerabile questa schizofrenia tra la parte produttiva, che ogni giorno deve confrontarsi sui mercati, e la componente pubblica e di governo lontana e disinteressata di ciò che accade. Renzi, Letta o altri: non importa se il gatto sia bianco o nero, purché acchiappi i topi. Oggi chiedo a Renzi immediata chiarezza politica e un cambio radicale per la crescita. Dateci un Paese normale e vi faremo vedere di cosa siamo capaci. Soprattutto, in questa fase, la riduzione drastica del carico fiscale sui fattori della produzione, allocando tutte le risorse necessarie, può essere determinante per far ripartire competitività, retribuzioni e quindi consumi, e occupazione. Sia questo il mandato di una fase nuova, attendiamo risposte adeguate».

«Vanno aggrediti i deficit strutturali che gravano sulla competitività industriale e sulle tante Electrolux d’Italia – aggiunge Pavin – superata la decennale assenza di politica industriale che oggi pesa nell’asimmetria fra l’Italia e i paesi a noi più prossimi, come Francia e Germania. Gli investimenti non ripartono da soli senza iniezione di liquidità, le banche non hanno più alibi. Il rimborso dei debiti della pubblica amministrazione transita con il contagocce e il problema qui è che si fallisce per troppi crediti e non per debiti. Ma non basta: la vera svolta per far ripartire l’economia richiede di riattivare la fiducia e il credito e una svolta significativa nei meccanismi di finanziamento delle imprese. Più capitali propri, anche con misure straordinarie, e poi nuovi canali che possano far affluire risorse alle imprese per il tramite di investitori istituzionali. E soprattutto un potenziamento del Fondo centrale di garanzia, che non deve essere solo rifinanziato ma ampliato. La sfida è riportare il sistema finanziario al servizio dell’economia produttiva».