Una vera riforma delle regioni? Veneto e Venezia a Statuto speciale

0
428
Unioncamere veneto direttore gian angelo bellati 1
Unioncamere veneto direttore gian angelo bellati 1La proposta del direttore di Unioncamere del Veneto, Bellati

Da quando l’Italia è in crisi le riforme sono sempre all’ordine del giorno, ma non è detto che siano buone. Soprattutto se sono troppe e fatte in fretta.

Un esempio le revisioni della spesa pubblica: «nonostante innumerevoli sacrifici, la spesa pubblica in Italia aumenta a ritmi vertiginosi – afferma in una riflessione pubblica il segretario generale di Unioncamere del Veneto, Gian Angelo Bellati – . Soprattutto dal Governo Monti in poi siamo arrivati in due anni e mezzo a 2.146 miliardi di euro, con un aumento medio record dai Governi tecnici di quasi 10 miliardi al mese. Altro esempio l’istruzione: non si fa tempo ad attuarne una che ne arriva una nuova con miglioramenti del sistema vicini allo zero».

La Riforma del Titolo V della Costituzione rischia lo stesso destino: «essa non è stata attuata, di federalismo fiscale o aumento di autonomie per le regioni virtuose non se ne vede l’ombra – sottolinea Bellati – ma si vuole modificare accusando le regioni e gli enti locali di ogni colpa possibile. Ma leggiamo indagini e statistiche di Unioncamere Veneto o, meglio, di Banca d’Italia ove si vede che il debito pubblico e le inefficienze sono causate dal sistema statale? Oppure vogliamo far finta di niente e peggiorare la situazione del Paese? Vogliamo o meno dimenticare le medie nazionali e analizzare gli Enti locali e regionali virtuosi differenziandoli da quelli spendaccioni, magari con i costi standard? Sembra di no».

Per uscire da questa impasse, Bellati punta all’autonomismo spinto: “perché non pensare ad una riforma coraggiosa come la trasformazione del Veneto in regione a statuto speciale sull’esempio del Trentino Alto Adige? Il problema vero, lo sappiamo, è che lo Stato italiano perderebbe parte dei circa 20 miliardi annuali di euro (4.000 euro pro capite compresi i bebè) che il Veneto “regala” per la perequazione e la solidarietà nazionale. Allora pensiamo ad un percorso graduale per la riduzione di questa enorme massa di denaro, ma almeno trasferiamo da subito competenze dallo Stato agli enti veneti come avviene già nelle regioni speciali confinanti. Altrimenti dopo vent’anni di promesse mai mantenute il risultato sarà una sempre maggiore disaffezione dei cittadini veneti verso lo Stato e l’individuazione nell’indipendentismo come unica via di uscita».

Dal macro al micro: per Bellati «c’è anche un’altra Riforma, molto più facile, che si potrebbe realizzare: una Venezia a Statuto speciale, sull’esempio delle città Stato tedesche (Berlino, Amburgo, Brema), ma basata sulle norme costituzionali italiane che riguardano, appunto, le provincie e regioni a Statuto speciale. Il “problema” finanziario per lo Stato sarebbe più ridotto: se contiamo solo i cittadini della Venezia insulare e lagunare, circa 100.000, la perdita fiscale per lo Stato italiano sarebbe a regime di 400 milioni di euro l’anno. Venezia a questo punto non avrebbe più bisogno di quella Legge speciale che ha prodotto tanti buoni risultati – ma anche i recenti fenomeni di corruzione e sperpero – e potrebbe gestire anche con esenzioni fiscali per cittadini ed imprese residenti le proprie risorse fiscali. Non avrebbe più bisogno di una Legge speciale complicata da gestire con il “Comitatone” e i tanti altri passaggi burocratici che hanno portato solo inefficienze e spreco di denaro pubblico; magari potrebbe, appunto con esenzioni fiscali che non necessitano di inutile burocrazia e ridurrebbero “interferenze” e rischi di corruttele, definire percorsi di sviluppo economico, creazione di nuovi posti di lavoro, vera salvaguardia ambientale e fisica per ritornare ad essere una vera Città viva, attirando nuovi residenti e giovani».

Una riflessione dovrà essere fatta anche sul referendum per la separazione di Venezia da Mestre «nell’ambito del quale potrebbe essere interessante una serena discussione sul contributo o meno che esso potrebbe dare alla specialità dell’area insulare veneziana, alla gestione più autonoma e semplice dei vari interventi di salvaguardia e di sviluppo economico, al ruolo più determinante e responsabile dei cittadini di Venezia nella gestione della loro città» commenta Bellati, secondo il quale «indipendentemente dal referendum abbiamo una sola certezza: o a Venezia viene riconosciuta veramente la specialità che si merita o l’esodo della popolazione continuerà fino a farci diventare una Disneyland, un centro di affari di altri, un sistema per produrre denaro a favore non dei propri cittadini, ma di grandi imprese a cui tutto interesserà fuorché salvare la Venezia viva in cui siamo nati».