Pavan Bernacchi: «per il rilancio del settore e per l’incremento delle entrate fiscali per lo Stato serve una ridiscussione complessiva su tutta la fiscalità gravante sulla mobilità»

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FEDERAUTO FILIPPO PAVAN BERNACCHI 1Secondo i dati diffusi dal ministero dei Trasporti, il mese di settembre si è chiuso con 110.436 immatricolazioni di autovetture nuove, segnando un +3,27% rispetto allo stesso mese del 2013.

In settembre le case hanno molto incrementato le loro attività promozionali e anche gli investimenti pubblicitari. Dall’inchiesta congiunturale condotta dal Centro Studi Promotor a fine settembre emerge che questo maggior dinamismo delle case auto ha determinato un miglioramento dell’afflusso di visitatori nei saloni di vendita. Il mercato dunque reagisce agli stimoli e, altro aspetto non negativo, il fatto che in settembre diminuito il ricorso ai chilometri zero. Domanda e offerta indicano una volontà di risveglio, ma ciò non muta ancora il quadro del mercato italiano dell’auto che resta pienamente insoddisfacente.

L’Italia è l’unico paese in cui le vendite di autovetture sono ancora schiacciate sui livelli infimi raggiunti al culmine della crisi iniziata nel 2007, mentre il mercato dell’auto già ripartito persino negli altri paesi della zona euro massacrati dall’austerity. A fine agosto il mercato spagnolo cresce del 16,4%, quello greco del 21,4%, quello portoghese del 35,7% e quello di Cipro del 16,8%. La forte penalizzazione del mercato italiano dipende essenzialmente da due fattori. Il primo il quadro economico, che non solo non migliora, ma che continua a peggiorare. Il secondo l’assenza di una politica per il settore. Il Ministro Lupi alla fine di luglio ha annunciato incentivi per il settore automobilistico, ma, ad oltre due mesi dall’annuncio, nessun provvedimento stato adottato, né risultati ha prodotto la Consulta Nazionale per l’Automobile istituita nel 2013 presso il Ministero dello Sviluppo Economico. In compenso il 10 luglio uscita una circolare di 33 pagine di testo e di 14 pagine di allegati che regolamenta la registrazione di chi usa un’auto aziendale, un adempimento che le esigenze della semplificazione suggerivano quantomeno di rinviare a tempi migliori, come dovrebbe essere per tanti altri adempimenti burocratici di dubbia utilità soprattutto in tempi di crisi.

Secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, «il mercato dell’auto ha raggiunto livelli tanto depressi che un moderato recupero sembrerebbe fisiologico nonostante la gravità della situazione economica. Occorrerebbe perché il recupero non venisse ostacolato, ma bensì consentito dall’azione di Governo».

Per Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, «prendiamo atto che il governo ha appena ridimensionato le sue precedenti stime pronosticando che quest’anno il Pil chiuderà a -0,3%. Ulteriore segnale, se ce ne fosse bisogno, che la nostra economia reale arranca. In aggiunta la disoccupazione giovanile ha fissato in agosto un nuovo record al 44,2%, mentre quella totale è sempre attorno al 12%. Infine l’Italia sempre in agosto è entrata in deflazione per la prima volta da oltre 50 anni, cioè dal settembre del 1959, quando però l’economia era in forte crescita». In questo contesto, Federauto plaude all’iniziativa della Regione Veneto che, su impulso di Confcommercio, che ha deciso di incentivare fino a marzo 2015 gli automobilisti del NordEst che vorranno rottamare un’auto vecchia e inquinante. Un “premio” di 1.000 euro, a patto che la nuova vettura acquistata sia a basso impatto ambientale. Il fondo stanziato, di 2 milioni di euro, servirà a sostenere 2.000 consumatori. Una goccia nel mare, ma un segnale importante, soprattutto perché il Veneto ha compreso che si può in un colpo solo svecchiare il circolante, diminuendo così le emissioni nocive, aumentando nel contempo la sicurezza stradale e sostenendo l’occupazione.

Secondo Pavan Bernacchi «i dati espressi dalla nostra economia sono anche frutto dell’incuria e della oramai pluriennale disattenzione governativa verso un comparto, quello dell’automotive, che fattura il 12% del Pil, partecipa alle entrate fiscali nazionali per il 17% e occupa, con l’indotto allargato, oltre 1 milione di addetti. Sostenendo il mondo degli autoveicoli si aumenterebbe il Pil, si diminuirebbe la disoccupazione, si migliorerebbe la qualità dell’aria e la sicurezza stradale. Questo in virtù dei pesanti numeri che esprimiamo. Peccato che nessuno sembri rendersene conto”.

Quanto ai risultati delle immatricolazioni di settembre, Federauto fa presente che la crescita del 3,27% del mese proietta un mercato auto 2014 a 1.350.000 immatricolazioni. Ossia un livello assolutamente insufficiente per sostenere la filiera con pesanti riflessi in primis sull’occupazione. La Federazione ricorda che il mercato rispetto all’anno 2007 ha perso il -50% dei volumi, e rispetto alla media degli ultimi anni circa il -30%. Per non dire dello Stato che ha visto un deciso calo del gettito fiscale, valutabile attorno a 6 miliardi di euro tra minori entrate per Iva, tasse d’immatricolazioni, minori accise per vendite di carburanti e maggiori oneri sociali derivanti dalla disoccupazione indotta nel settore a causa delle pratiche fiscali deleterie.

Pavan Bernacchi lamenta in questo frangente l’immobilità del Governo: «il “tavolo” aperto dal ministro Zanonato è finito nelle sabbie mobili e la ministra Guidi dal suo insediamento ad oggi non ha fatto ancora nulla per il settore. Ed è difficile che lo faccia nel prossimo futuro, visto che la Guidi nel corso di un a riunione dei ministri europei allo sviluppo ha dichiarato che il settore dell’automotive in questo momento non è una delle priorità. Forse, qualche speranza è riponibile nella proposta di legge che il presidente della commissione Finanze della Camera Capezzone sta portando avanti: nel disegno di legge si propone l’esenzione dal bollo per le auto nuove per una durata variabile da 3 a 5 anni a seconda del loro livello ecologico e l’abrogazione dell’Ipt, oltre che la rimodulazione del bollo auto per tutti i veicoli sulla base del principio che chi meno inquina, meno paga». Ma è sempre ben poca cosa rispetto alle necessità del settore e del gettito fiscale.