Anno Uno dell’era Renzi: la disoccupazione sale al 12,7% con quella giovanile al record storico (44,2%)

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Le politiche del governo in tema di lavoro non centrano l’obiettivo di rilanciare l’occupazione. Secondo la Cgia la crescita avviene solo tra le PMI

 

disoccupazione giovani manifestazioneEra nell’aria: la disoccupazione non cala, anzi cresce e tra i giovani raggiunge il record storico. Anche a rischio di essere qualificati come gufi o rosiconi, nell’Anno Uno dell’era Renzi il lavoro rimane una chimera, specie tra i giovani, dove raggiunge ben il 44,2%, testimoniando il sostanziale fallimento delle politiche messe in campo fino ad oggi dal governo, che di fatto hanno fatto cambiare verso alla forma dei contratti già in essere, senza aggiungere nulla di nuovo. Specie nella grande industria il clima rimane negativo, mentre nelle Pmi qualcosa si muove in positivo.

Secondo la rilevazione periodica condotta dall’Istat, dopo la crescita registrata nel mese di aprile (+0,6%) e il calo nel mese di maggio (-0,3%), a giugno 2015 gli occupati diminuiscono nuovamente dello 0,1% (-22.000 unità) rispetto al mese precedente. Il tasso di occupazione, pari al 55,8%, cala nell’ultimo mese di 0,1 punti percentuali. Rispetto a giugno 2014, l’occupazione risulta in calo dello 0,2% (-40.000), mentre il tasso di occupazione rimane invariato. Il numero di disoccupati aumenta dell’1,7% (+55.000) su base mensile. Dopo il calo nel mese di aprile (-0,2 punti percentuali) e la stazionarietà di maggio, a giugno il tasso di disoccupazione cresce di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente, arrivando al 12,7%. Nei dodici mesi il numero di disoccupati è aumentato del 2,7% (+85.000) e il tasso di disoccupazione di 0,3 punti percentuali.

La crescita della disoccupazione, secondo l’Istat, è legato anche alla diminuzione del numero di individui inattivi (ovvero, sono in crescita coloro che sono alla ricerca di un posto di lavoro) tra i 15 e i 64 anni nell’ultimo mese (-0,1%, pari a -18.000), riprendendo il calo cominciato a inizio anno e interrotto a maggio. Il tasso di inattività, pari al 35,9%, diminuisce di 0,1 punti percentuali rispetto a maggio. Su base annua gli inattivi sono diminuiti dello 0,9% (-131.000) e il tasso di inattività di 0,2 punti. 

Il tasso di disoccupazione nella fascia 15-24 anni, cioè la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi (occupati e disoccupati), è pari al 44,2%, in aumento di 1,9 punti percentuali rispetto al mese precedente. Dal calcolo del tasso di disoccupazione sono esclusi i giovani inattivi, cioè coloro che non sono occupati e non cercano lavoro, nella maggior parte dei casi perché impegnati negli studi. In termini tendenziali, rispetto a giugno 2014, cala il tasso di occupazione dei giovani 15-24enni di 1,2%, a fronte di una crescita che ha interessato sia il tasso di disoccupazione (+1,9%) sia il  tasso di inattività (+1,3%).

A giugno 2015 il numero di occupati diminuisce rispetto a maggio per la componente maschile (-0,2%) mentre resta sostanzialmente invariato per quella femminile. Il tasso di occupazione maschile, pari al 64,5%, diminuisce di 0,1 punti percentuali, mentre quello femminile, pari al 47,3%, rimane invariato. 

Quanto ai nuovi posti di lavoro, secondo un’indagine condotta dalla Cgia di Mestre questi sarebbero originati in particolare dalle PMI che nei primi sei mesi del 2015 avrebbero effettuato poco più di 253.500 le nuove assunzioni non stagionali nei settori dell’industria e dei servizi privati (esclusa l’agricoltura). Si tratta di un aumento del 25,6% rispetto allo stesso periodo del 2014. Ne consegue che la crisi del lavoro è causata in larga parte dalla grande impresa, ancora alle prese con la crisi e con le ristrutturazioni.

Secondo gli artigiani di Mestre, con riferimento al totale delle assunzioni, poco più di 164.000 persone (pari al 65% circa del totale) avrebbero trovato un impiego presso il settore dei servizi: in particolare, 40.300 nel commercio (cassiere/i, commesse/i, magazzinieri, impiegati, etc.), 29.710 in quello dei servizi alle persone (massaggiatori, parrucchieri, estetiste, badanti, infermieri, assistenti sociali, etc.) e 26.910  nel turismo e nella ristorazione (camerieri, addetti alle camere, cuochi, barman, etc.). Nell’industria, le previsioni dicono che i neo assunti non stagionali sarebbero poco meno di 89.500 (pari al 35% circa del totale). La parte del leone l’avrebbe fatta il settore delle costruzioni: tra ingegneri, geometri, carpentieri, muratori, lattonieri e gruisti i nuovi occupati sarebbero 1.930. Nel settore meccanico ed elettronico, invece, i soggetti che avrebbero cominciato a timbrare il cartellino sarebbero 16.870. 

Secondo Paolo Zabeo della Cgia «il dato più interessante emerge dall’analisi della distribuzione dei neo assunti per le classi dimensionali delle imprese: quelle con meno i 50 dipendenti, avrebbero contribuito in misura decisamente superiore a tutte le altre. Poco più di 149.000 nuovi assunti non stagionali, infatti, pari al 65% del totale, avrebbero trovato un posto di lavoro nelle piccole e piccolissime aziende a dimostrazione che queste realtà imprenditoriali costituiscono ancora una volta l’asse portante su cui ruota l’economia e l’occupazione del nostro Paese».

Per invertire con decisione la situazione economica servirebbero azioni più puntuali e concrete da parte del Governo, ad iniziare dalla semplificazione di quel mare magnum di leggi, leggine e regolamenti vari che ingessano il mondo della produzione, esponendolo alle ubbie del funzionario e del magistrato di turno, come dimostrano i recenti casi dei cantieri di Monfalcone e dell’Ilva di Taranto. In secondo luogo, con un differenziale di circa 20 punti di maggior pressione fiscale gravante su aziende e cittadini a sfavore dell’Italia rispetto ai vicini europei, rimane difficile fare impressa e attrarre investimenti dall’estero. Tagliare la spesa pubblica per aprire spazi alla riduzione del carico fiscale è un imperativo, anche a costo di tagliare le manomorte e il clientelarismo dell’attuale maggioranza governativa. Serve ridurre il perso del pubblico nel comparto della regolamentazione e dei servizi, lasciando più spazio all’iniziativa dei privati, rendendo decisamente più efficiente quanto rimane del comparto pubblico.mattero renzi campagna primarie palco