Continua la “guerra” del latte con la mobilitazione degli allevatori per un prezzo remunerativo

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mungitura vacca mucca a mano latte
Confermato il blocco allo stabilimento Lactalis-Galbani di Corteolona (Pv). Pan: «la battaglia di Coldiretti è anche nostra»

 

mungitura vacca mucca a mano latteLa crisi del latte si fa sempre più sentire e martedì una delegazione di allevatori veneti manifesterà il proprio disagio denunciando la crisi del settore davanti allo stabilimento Lactalis – Galbani di Corteolona (Pavia) assieme ai colleghi della Lombardia e del Piemonte. 

Per Lorenzo Nicoli, presidente dell’organizzazione degli imprenditori agricoli veneti, la situazione è ormai insostenibile poiché i costi di produzione sono ben sopra il prezzo del pagamento del latte e gli allevatori non ce la fanno più. «Il settore sta attraversando un periodo difficilissimo, se le nostre stalle dovessero chiudere, l’effetto a cascata sarebbe dirompente, c’è quindi la necessità di garantire la produzione italiana e veneta». 

«Non possiamo più stare zitti – rileva Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura Verona – di fronte all’indifferenza del Governo davanti ai gravissimi problemi del comparto latte. Siamo pronti ad affiancarci a tutte le sigle sindacali che decideranno di compiere azioni di protesta. Le nostre aziende sono allo stremo, con costi di produzione nettamente superiori al prezzo che è riconosciuto agli allevatori. Una situazione economicamente insostenibile, per la quale vediamo un solo sbocco: ottenere il riconoscimento dello stato di crisi per il comparto lattiero-caseario». 

L’unitarietà degli allevatori è sottolineata da Diego Donazzolo, presidente di Confagricoltura Belluno: «gli allevatori non sono comparse da portare in piazza per avere un riscontro mediatico. Non è con lo sventolio di bandiere di un solo colore che si risolvono i nostri problemi, ma è con un’azione forte e condivisa che si possono affrontare i problemi ai vari livelli. Certamente c’è una spaccatura profonda nel settore zootecnico, non certamente voluta dagli allevatori o creata dalla Confagricoltura com’è evidente all’interno sia dell’Associazione Regionale sia nazionale degli Allevatori. A chi giova la divisione sindacale? Certamente non agli allevatori! Manca una politica lungimirante che sappia coniugare le specificità territoriali come quelle della montagna». 

«Abbiamo perso il 15% del valore del latte dello scorso anno che già era già basso – afferma il presidente di Confagricoltura Vicenza Michele Negretto -. Ho degli amici allevatori che hanno investito innovando e razionalizzando i loro allevamenti e ora, pur lavorando di giorno e di notte, non riescono più a chiudere i bilanci. Alcune aziende, stante gli investimenti compiuti, sono costrette paradossalmente a non chiudere per gli impegni presi. Nonostante tutti i sacrifici che stanno facendo, ci sono degli allevatori che vivono una situazione personale e imprenditoriale drammatica». 

«Subiamo – fa eco il presidente della Sezione economica lattiero-casearia di Confagricoltura Veneto Fabio Curto – la notevole crisi del mercato, ma anche quella strutturale di un Paese che non ha saputo credere nel settore e non ha creato le condizioni di base per la valorizzare del nostro latte e dei prodotti di qualità che noi esprimiamo. I nostri costi di produzione sono certamente più alti di quanti producono per il latte in polvere e, pertanto, la Politica deve coerentemente agire di conseguenza. L’Italia deve inoltre, una volta per tutte, varare una concreta ed efficace politica per il settore avendo il coraggio di mettere mano anche a tutti quegli Enti e Associazioni che non sono efficienti, come ad esempio all’Agea e all’Aia, e riversare le risorse direttamente nelle tasche degli allevatori».

Per l’assessore all’agricoltura della Regione del Veneto, Giuseppe Pan, «non c’è più tempo da perdere. E’ ora che il Governo metta in atto tutti gli interventi previsti a sostegno della filiera lattiero-casearia. I timori degli allevatori veneti sono fondati. La Regione è al loro fianco in ogni modo possibile. Il prezzo del latte – sottolinea Pan – è in continua discesa e nel nostro paese ha perso il 13% rispetto al 2014, attestandosi attorno ai 34,8 euro per quintale. Un valore pericolosamente vicino all’insostenibilità, determinato anche dalla concorrenza sleale del falso “Made in Italy” e dalle follie europee che consentono, tanto per dirne una di grossa, di produrre formaggi senza latte. E’ una lotta senza quartiere – aggiunge Pan – che però dobbiamo assolutamente vincere, pena il crollo di uno dei settori trainanti dell’agricoltura veneta e dei posti di lavoro».

«Il Governo – incalza Pan – deve attivare immediatamente gli interventi del Fondo Latte a sostegno della liquidità e della ristrutturazione del debito con l’Ismea, azzerandone il costo della garanzia; investire i fondi disponibili per la ricerca e il miglioramento della qualità; incentivare il piano di Promozione del consumo di latte fresca; promuovere l’export di latte e latticini di qualità; strappare migliori tariffe per gli impianti di piccole aziende agricole con il Piano delle Energie Rinnovabili; attivare immediatamente il risparmio fiscale di 5 centesimi al litro prodotto per le aziende, ora previsto per il gennaio 2016».

Secondo Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia, è «fondamentale valorizzare le specificità del prodotto. Il prezzo del latte, oggi al di sotto del costo di produzione, mette in ginocchio tutti gli allevatori, più o meno virtuosi. Il problema in realtà non è nuovo: non sono mai state create le condizioni per differenziare il latte in base alle aree di produzione, i contesti ambientali e le condizioni di allevamento degli animali. Il risultato è oggi sotto gli occhi di tutti: una penalizzazione dell’intero settore e una qualità che nel tempo si è abbassata sempre più sotto i colpi del produttivismo a tutti i costi. Noi di Slow Food – sottolinea Pascale – ci battiamo da sempre per riportare l’attenzione non soltanto sul prezzo del latte, ma sulla creazione di strumenti in grado di raccontare qualità e specificità della produzione, diversificando il prodotto sul mercato. Solo così si riusciranno a garantire condizioni eque per i produttori e per i consumatori, che potranno effettuare le loro scelte in modo consapevole, tenendo conto anche degli aspetti ambientali e sociali, oltre che organolettici».