Italia, un paese che non riesce a correre: colpa solo dei gufi?

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matteo renzi mano alzata
L’Istat ha pubblicato la radiografia preliminare sull’andamento dell’economia del primo trimestre 2016 basandosi sulla chiusura del 2015

 

matteo renzi mano alzataNel quarto trimestre 2015 il prodotto interno lordo, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,1% su base congiunturale e dell’1% in termini tendenziali, confermando la tendenza – registrata nel corso dell’anno – ad un progressivo rallentamento della crescita congiunturale.

Lo fa sapere l’Istat che analizza anche le prospettive di breve termine estendendo anche al primo trimestre del 2016 l’attuale fase di moderata crescita. La variazione congiunturale del Pil reale attesa per il primo trimestre è lievemente positiva (+0,1%). All’incremento del Pil contribuirebbero positivamente i consumi privati, a fronte di un apporto negativo della domanda estera netta e dei consumi pubblici, mentre la dinamica degli investimenti (al lordo delle scorte) risulterebbe sostanzialmente piatta. In questo scenario, conclude l’Istat, la crescita acquisita per il 2016 è pari allo 0,4%. Ancora poco, troppo poco per garantire all’Italia quello scatto necessario per uscire dalla stagnazione che rischia di aggravarsi ancora di più a causa della crescente deflazione.

Secondo i numeri resi noti dall’Istat (e non dai soliti gufacci tanto invisi al Matteo Renzi nazionale), l’Italia è un paese fermo che non riesce a crescere. Dopo essere rimasta per nove mesi su valori positivi anche se prossimi allo zero, in febbraio l’inflazione al consumo si è riportata in territorio negativo. In base alle stime preliminari, il tasso di variazione annuo dell’indice per l’intera collettività nazionale (NIC) si è attestato a -0,3%, sei decimi in meno rispetto a gennaio. La tendenza, guidata dai ribassi petroliferi, interessa l’area dell’euro nel suo insieme (-0,2% la variazione annua dell’indice armonizzato in febbraio) e, con intensità differente, i maggiori partner europei. Per l’Italia, oltre che dalla componente energetica, un contributo alla caduta è stato fornito dalla significativa riduzione dei prezzi degli alimentari non lavorati. Al netto delle due voci più volatili, l’inflazione di fondo segnala una decisa decelerazione, scendendo allo 0,5% (da +0,8% in gennaio). Gli effetti indiretti del prolungato calo dei prezzi petroliferi si ripercuotono in un rallentamento della dinamica inflativa delle principali componenti: servizi e beni non alimentari esclusi gli energetici. Per questi ultimi si tratta della prima decelerazione dalla fine del 2014. Spinte al rialzo per i beni di consumo si ravvisano solo nella fase di importazione (+0,8% la crescita tendenziale in dicembre), con rincari più forti nel caso dei durevoli (+4,7%). 

Sul piano interno i costi di produzione permangono deboli, condizionati dall’andamento dei prezzi delle materie prime e dalla dinamica moderata del costo del lavoro. In gennaio, per i prezzi alla produzione per il mercato interno è proseguita la tendenza deflativa, con tassi di variazione annui negativi per i beni di consumo nel loro insieme (-0,3%) e appena positivi al netto degli alimentari (+0,2%). In febbraio, le aspettative di inflazione dei consumatori indicano un proseguimento della fase di debolezza, con un nuovo aumento di quanti si aspettano stabilità o riduzioni dei prezzi. Per le imprese della manifattura la politica dei prezzi non segnala inversioni di tendenza; in particolare quella delle imprese produttrici di beni di consumo rimane improntata a un’estrema cautela.

Nell’industria in senso stretto, dopo la diminuzione del valore aggiunto (-0,1%) registrato nel qarto trimestre, le informazioni disponibili per i primi mesi dell’anno confermano la fase di debolezza. A gennaio le esportazioni nell’area extra-Ue hanno segnato un calo su base congiunturale in tutti i comparti; a febbraio l’indice del clima di fiducia delle imprese manifatturiere ha registrato un lieve peggioramento. Nelle costruzioni, i risultati positivi registrati nel quarto trimetre 2015 per il valore aggiunto e gli investimenti trovano conferma nei dati sul clima di fiducia: a febbraio migliorano i giudizi sugli ordini e/o piani di costruzione e le attese sull’occupazione sia per la costruzione di edifici, sia per l’ingegneria civile. Nell’ultimo trimestre del 2015 il valore aggiunto dei servizi ha mostrato un lieve miglioramento (+0,1%), a riflesso della crescita congiunturale delle attivita’ finanziare e immobiliari (rispettivamente +0,9% e +0,6%) e del calo delle attivita’ professionali e di supporto (-1,1%). A febbraio i giudizi delle imprese dei servizi di mercato si mantengono stabili rispetto a gennaio mentre migliorano i giudizi delle imprese delle vendite al dettaglio.

«Siamo un Paese che corre con il freno a mano tirato» commenta a caldo il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, Paolo Zabeo, secondo il quale «con un carico fiscale e un tasso di disoccupazione che rimangono  ancora eccessivamente elevati, una burocrazia che continua a penalizzare chi fa impresa e con una domanda interna ancora troppo debole fatichiamo molto più degli altri paesi dell’Eurozona ad agganciare la ripresa economica. Se teniamo conto che per la stragrande maggioranza delle aziende, soprattutto quelle di piccola dimensione, i prestiti bancari sono in calo, condizionando gli investimenti e la capacità di dar vita a nuovi processi innovativi, quest’anno sarà molto difficile centrare gli obbiettivi di crescita che il Governo si è prefissato nei mesi scorsi».

«Il Paese è fermo. I dati odierni dell’Istat testimoniano una crescita pressoché impercettibile, sicuramente insufficiente per poter parlare di ripresa» affermano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef, commentano le previsioni Istat sul Pil. «Per poter dichiarare che la crisi è ormai alle spalle – aggiungono – c’è ancora molto da fare, specialmente sul versante dell’occupazione e della domanda interna. Basti pensare che, secondo le nostre rilevazioni, dal 2012 al 2015 la contrazione della domanda interna ha registrato una diminuzione del 10%. Un dato allarmante che, unito ai livelli gravi di disoccupazione che ancora interessano il nostro Paese, restituiscono un quadro ben lontano dalla svolta auspicata. Per questo è fondamentale intervenire al più presto, avviando ogni misura utile alla ripresa del mercato del lavoro, attraverso un serio piano straordinario per il lavoro».