L’olio di palma, l’Associazione di categoria respinge le accuse e sottolinea la sostenibilità ambientale

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olio palma con frutti
«Se certificato sostenibile, l’olio di palma aiuta a rispettare la natura. Negli ultimi 10 anni, i consumi del prodotto ad uso alimentare sono rimasti pressoché stabili»

 

olio palma con fruttiL’olio di palma è al centro di una campagna condotta dalle organizzazioni agricole italiane (in particolare da Coldiretti) che ne evidenziano l’incremento di importazione, le caratteristiche salutistiche dubbie e i problemi di sostenibilità ambientale. Tutte accuse rispedite al mittente da parte dall’Unione italiana per l’olio di palma sostenibile (Uiops) che ha diffuso un documento per fare chiarezza, analizzando meglio i dati e spiegando quali sono gli effettivi consumi in Italia di questo ingrediente.

«Negli ultimi dieci anni – spiega Giuseppe Allocca, presidente dell’Uiops -, i volumi complessivi di olio di palma importato in Italia sono effettivamente aumentati, ma bisogna precisare che le quantità utilizzate dall’industria alimentare sono rimaste pressoché stabili, con una crescita media inferiore al 2% anno».

Nel 2005, l’olio di palma importato in Italia e destinato a uso alimentare ammontava a circa 325.000 tonnellate, che oggi sono diventate circa 386.000 (dati ISTAT). Senza considerare che una quota importante di questa materia prima, pari a circa il 25-30% del totale, riprende la strada dell’estero visto che i prodotti in cui viene utilizzata sono uno dei vanti del “Made in Italy” esportati in tutto il mondo. Questi numeri non tengono conto del fatto che ci sono anche alcuni prodotti che possono scadere (sia quelli nei magazzini della GDO che quelli in casa) o che nei vari processi di trasformazione, in alcune fasi della lavorazione, si può verificare – come avviene per altri ingredienti – un calo di raffinazione, lo sfrido di produzione, etc. Secondo l’Uiops, se si parla di palma a uso alimentare ci si accorge che solo una piccola parte di quello che viene importato finisce in quel settore.

Sempre secondo la nota dell’Uiops, rispetto agli altri olii, quello di palma importato in Italia a uso alimentare non pesa neppure la metà del totale usato dall’industria, visto che l’altra metà (circa) è costituito da olio di girasole, soia, arachidi, colza e cocco. A crescere evidentemente è la quota d’olio di palma importato per altri usi, non alimentari: dal biodiesel, all’energia, alla cosmetica etc. Basta vedere che in Europa, sempre dal 2011 al 2015, l’olio di palma a uso industriale, diverso dall’alimentare, è cresciuto di quasi il +40%, passando da 2.310 a 3.100 milioni di tonnellate.

L’Uiops risponde alle organizzazioni agricole italiane che parlano di «preoccupazioni dal punto di vista ambientale». Ebbene, esiste un olio di palma che è prodotto coltivando le palme nel rispetto dell’ambiente, preservando il territorio dalla deforestazione e nel pieno rispetto delle popolazioni locali ed è l’olio di palma certificato RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil), lo standard maggiormente riconosciuto a livello mondiale. Già da anni, tutte le aziende utilizzatrici di palma aderenti all’Unione adoperano olio di palma 100% certificato RSPO e puntano, per il 2020, ad adottare criteri di certificazione ancora più stringenti rispetto a quelli attuali già di alto livello. Una scelta precisa che va incontro alla via suggerita dalle grandi organizzazioni internazionali e ambientaliste, come Greenpeace e WWF International, che continuano a considerare il palma come uno degli olii vegetali più sostenibili. L’approvvigionamento di olio di palma certificato è l’unica via per rispettare la natura, tutelare la bio diversità e i diritti dei lavoratori.