Cpa di Cona (Venezia): la morte naturale di una extracomunitaria irregolare scatena la rivolta

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In ostaggio per parecchie ore i 25 volontari della coop che gestisce il centro che ospita 1.500 irregolari. Scattano le proteste della politica contro il sistema dell’accoglienza

 

clandestini violenze cona veneziaLe prime luci del giorno sembrano aver riportato la calma all’interno del centro di accoglienza di Conetta nel comune di Cona nel Veneziano. I 25 volontari della Cooperativa Ecofficina che gestisce l’hub e barricati in alcuni container sono stati fatti uscire. Gli operatori della cooperativa sono stati fatti uscire poco prima delle due.

Tra di loro anche due medici e un’infermiera. Si sono allontanati in auto, alcune colpite dai manifestanti. Secondo le prime dichiarazioni tutti stanno bene anche se hanno trascorso momenti di paura quando all’esterno dei loro rifugi molti migranti avevano iniziato a colpire le pareti con bastoni e spranghe. Allo scoppio della protesta si erano chiusi e barricati in alcuni container e negli uffici amministrativi della struttura.

Tutto è nato a seguito della morte improvvisa di una giovane donna della Costa d’Avorio in attesa di una risposta alla domanda di asilo politico, evento che ha dato la stura ai disordini. Sale nel frattempo la polemica sui ritardi: la 25enne si sarebbe sentita male, secondo i suoi compagni, verso le 8 di mattina, i soccorsi sarebbero arrivati alle 14. Dall’ospedale di Piove di Sacco fonti sanitarie affermano che l’automedica è partita non appena è giunto l’allarme. Sono giunti nel giro di una ventina di minuti dal momento della richiesta di intervento i soccorsi da parte del personale del Suem 118. 

A dare i tempi di intervento di soccorso la direzione dell’ Ulss Euganea, sentito il coordinamento del Suem 118. La chiamata di soccorso, secondo la ricostruzione fornita dall’Ulss, è arrivata al Suem 118 alle 12.48 di ieri da parte di una persona che parlava italiano con accento straniero e si è qualificata come “dottoressa”. Alle 12.57 è uscita una ambulanza da Cavarzare e due minuti dopo è partita l’automedica Piove di Sacco con a bordo medico, infermiere professionale e autista soccorritore. Alle 13.09 l’arrivo all’ex base militare a Cona e sei minuti dopo quello dell’automedica. Ai sanitari la donna è apparsa in arresto cardiorespiratorio, ipotermica, con trisma mandibolare. Sono state subito attivate sul posto le procedure del caso, anche con massaggio cardiaco, tentata intubazione e somministrazione di una fiala di adrenalina. L’Ulss rileva che non è mai comparso al monitor «un ritmo defibrillabile, né si è assistito alla ripresa del circolo». Alle 13.31 è ripartita l’ambulanza e alle ore 13.46 l’arrivo al pronto soccorso di Piove di Sacco e la constatazione del decesso della giovane donna. L’Ulss precisa inoltre che la richiesta telefonica di soccorso è registrata ed è a disposizione della autorità inquirenti. 

Immediato l’esame autoptico per stabilire le cause della morte, attribuita alla trombosi. «La causa – secondo Lucia D’Alessandro, sostituto procuratore della Repubblica di Venezia a cui è stato affidato il caso – della morte della giovane è stata accertata. Si tratta di una trombo-embolia polmonare bilaterale». Escluse totalmente ipotesi legate a fatti violenti o a malattie virali contagiose. «Voglio sottolineare – ha aggiunto la D’Alessandro – che è interesse della Procura divulgare la causa della morte per evitare che nella popolazione nasca la preoccupazione di possibili malattie ritenute pericolose per altri individui. Per questo motivo stiamo provvedendo a tutti i controlli relativi alle condizioni di salute degli ospiti della struttura». Sulla morte della giovane e sugli incidenti avvenuti poi all’interno della struttura di accoglienza è stato aperto un fascicolo al momento senza alcuna ipotesi di reato e senza nomi di indagati.

Fin qui la cronaca spicciola della giornata, ma i fatti accaduti nell’ex base missilistica che ospita oggi quasi 1.500 extracomunitari hanno un’origine più lontana nel tempo, perché le proteste di ieri non sono le prime andate in scena nell’hub di Conetta, anche se sono state le prime con un accento violento con l’utilizzo di fuochi e di minacce. Il 30 agosto scorso una cinquantina di migranti avevano manifestato in strada per protestare contro i lunghi tempi di evasione delle pratiche per le richieste di asilo. In quella occasione tuttavia si era trattato di un sit in pacifico controllato dalle forze dell’ordine. Sul posto agenti della polizia del commissariato di Chioggia e carabinieri di Chioggia oltre al sindaco di Cona, Alberto Panfilio, che aveva ricordato come all’inizio del mese avesse ricevuto dall’allora ministro dell’interno Angelino Alfano (ora trasmigrato agli Esteri) assicurazioni sulla diminuzione del numero di ospiti del centro di accoglienza veneziano. In precedenza, il 27 gennaio dello scorso anno un centinaio di migranti, su un totale in quel momento di 600 contro i 900 di oggi, era sceso in strada per protestare contro il livello di assistenza loro offerto nella struttura. Senza creare particolari tensioni, avevano occupato parte della strada cercando di richiamare l’attenzione sui problemi soprattutto igienico sanitari della struttura, sottolineando il fatto di essere in troppi rispetto alla capacità di accoglienza della ex base.

Per il sindaco di Cona Alberto Panfilo «questa concentrazione deve essere risolta dai vertici politici italiani che finora hanno fallito. Davanti ad un decesso – continua Panfilio – tutti ci sentiamo molto tristi. Non diciamo di più perché sulle cause altri indagano ma abbiamo tanto materiale per lamentarci. Auspico, ma non ho molta fiducia, che questo governo ritorni a ripensare alle soluzioni. Questo centro era nato nel luglio 2015 per ospitare 15 migranti. In agosto erano già 300. Già allora sentivo i governanti parlare di necessità di sfoltire le fila ma siamo arrivati ora a 1.500». Presenze, secondo il sindaco, che «hanno cambiato le abitudini di Cona, una realtà fatta da 190 abitanti. Questo è il fallimento dell’accoglienza e dell’organizzazione. A questo punto torno a chiedere – conclude Panfilio – un nuovo tavolo per cercare soluzioni che non siano quelle fallimentari dell’accoglienza diffusa. Serve un progetto nuovo».

Per il governatore del Veneto, Luca Zaia, i centri di accoglienza come Cona «devono chiudere». Zaia ha quindi ricordato che bisogna «espellere i facinorosi e a seguire tutti quelli che non sono profughi». Per il presidente veneto, da fatti come questi «emergono tutte le debolezze di questo sistema di accoglienza. A oggi in Veneto sono arrivati 30.000 immigrati, di cui 13.000 ancora ospitati. Il resto sono spariti. La nostra quota, se si calcola il 3 per mille sulla popolazione, sarebbe 15.000, ma ne abbiamo già avuti il doppio ed è impensabile continuare con questo metodo». Per Zaia bisogna «avere la certezza che chi aiutiamo siano profughi: se la verifica dei requisiti avvenisse in Africa anche i cittadini sarebbero più tranquilli rispetto all’ospitalità».

Più draconiano Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato e responsabile organizzazione e territorio della Lega Nord: «tutti i richiedenti asilo ospitati nella struttura di Cona devono essere espulsi subito. E’ inconcepibile che nessuno di loro sia stato fermato o denunciato dopo i gravissimi fatti di questa notte: ma che segnale diamo ai 180.000 richiedenti asilo che stiamo mantenendo, ospitando e viziando? E che, oltre tutto, dispongono anche delle connessioni e sono informati su tutto quello che accade? Che in Italia si può devastare o incendiare una struttura o prendere in ostaggio degli operatori senza rischiare nulla? Espelliamoli subito tutti, diamo un segnale chiaro a questa gente prima che sia troppo tardi».

Per Lucio Malan, senatore di Forza Italia, «è inqualificabile e riprovevole la rivolta degli immigrati al centro di prima accoglienza di Cona. Devastare il centro e prendere in ostaggio gli operatori sono due gesti che certificano la totale insensatezza dell’accogliere chiunque si metta in mare dalla Libia, dopo avere incentivato a farlo con il loro costoso mantenimento per un periodo di tempo indefinito. Ci attendiamo ora pene adeguate ai gravissimi reati commessi, senza inventarsi inesistenti attenuanti o addirittura facendo finta di nulla. E poi basta servizio taxi nel Mediterraneo».

Sul fronte dei Dem, le richieste sono decisamente opposte: per i consiglieri regionali del Partito Democratico Claudio Sinigaglia, Andrea Zanoni, Francesca Zottis, Graziano Azzalin e Bruno Pigozzo, «la rivolta avvenuta nella notte tra lunedì e martedì al Centro di prima accoglienza di Cona, dopo la morte di una donna ivoriana, è anche dovuta ad una concentrazione assurda, indegna di un Paese civile, ed è il frutto del rifiuto della Politica di assumersi le proprie responsabilità. In primo luogo di Zaia e dell’assessore ai flussi migratori Lanzarin. In situazioni di emergenza, infatti, non ci si gira dall’altra parte. Il ruolo della Regione dovrebbe essere invece quello di favorire una soluzione, invitando tutti i Comuni a fare la propria parte, ospitando poche persone in rapporto alla popolazione, come peraltro richiesto dal Ministero e dalle Prefetture. Se venisse praticata un’accoglienza diffusa- spiegano gli esponenti Dem – casi come quello di Conetta non esisterebbero. L’accoglienza diffusa rappresenta infatti l’unica strada percorribile, perché garantisce un maggior controllo, smorza le tensioni e favorisce l’integrazione nel tessuto sociale.  Il Presidente Zaia invece si gira dall’altra parte e scarica sugli altri responsabilità che sono anche e soprattutto sue, visto che chi ha incarichi di governo è chiamato poi a governare. È più facile partecipare a manifestazioni contro i richiedenti asilo, scegliendo di alimentare il conflitto. Ma questo modo di agire è irresponsabile».

Intanto, la cooperazione del Veneto prende le distanze dalla cooperativa Ecofficina: Roberto Baldo, presidente di Federsolitarietà del Veneto, in una nota ricorda che «già a metà luglio 2016 la cooperativa Ecofficina è stata sospesa dall’Associazione al fine di difendere il nome e l’operato di Federsolidarietà». 

«Un atto doloroso, ma dovuto – sottolinea Ugo Campagnaro, presidente di Confcooperative Veneto – Nessuna norma impedisce di accogliere 1.500 profughi in una stessa struttura posta in una frazione con meno di 200 abitanti. Ma è evidentemente un sistema che non risponde a logiche di buna sicurezza e non dà sicurezza ai timori dei territori che ospitano queste persone».