Per la Stagione d’opera invernale della Fonazione Arena di Verona “I Capuleti e i Montecchi”

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2013 TF I Capuleti e i Montecchi atto I 03 11 dl foto Ennevi 126
Al Teatro Filarmonico l’opera di Bellini dal 19 al 26 febbraio

2013 TF I Capuleti e i Montecchi atto I 03 11 dl foto Ennevi 126Domenica 19 febbraio 2017 (ore 15.30; replica martedì 21 febbraio, ore 19.00; giovedì 23 febbraio, ore 20.00; domenica 26 febbraio, ore 15.30) al Teatro Filarmonico debutta l’opera “I Capuleti e i Montecchi” di Vincenzo Bellini, terzo titolo operistico della Stagione artistica 2016-2017.

Fabrizio Maria Carminati sarà impegnato a dirigere l’Orchestra, il Coro e i Solisti. La regia è di Arnaud Bernad, le scene di Alessandro Camera e i costumi di Maria Carla Ricotti. L’allestimento della Fondazione Arena di Verona in coproduzione con il Gran Teatro La Fenice di Venezia e la Greek National Opera è stato portato in scena nel marzo 2014 alla Royal Opera House di Muscat in una trasferta della Fondazione Arena, dove ha riscosso grande successo.

L’opera in due atti “I Capuleti e i Montecchi” viene composta da Vincenzo Bellini tra la fine di gennaio e i primi di marzo del 1830 e rappresentata per la prima volta al Teatro La Fenice di Venezia l’11 marzo 1830 in occasione del Carnevale. Felice Romani riadatta il libretto scritto cinque anni prima per l’omonima opera di Nicola Vaccaj per far fronte ai tempi molto stretti per la composizione. A quell’epoca la tragedia shakespeariana è ancora sconosciuta, pertanto tra le fonti a cui il librettista si ispira si annoverano Dell’istorie della Città di Verona di Girolamo Dalla Corte, i Quattro libri delle novelle di Matteo Bandello, il Giulietta e Romeo di Luigi Scevola ed il balletto Le tombe di Verona, ossia Giulietta e Romeo del coreografo Antonio Cherubini. Bellini attinge per la partitura a motivi della sua Zaira, l’opera dell’anno precedente che aveva ottenuto un clamoroso insuccesso, sottoponendoli ad un’accurata rielaborazione, oltre che a parti del suo primo saggio di Conservatorio Adelson e Salvini. 

La lettura registica di Arnaud Bernard tiene in considerazione la dicotomia tra la partitura, capolavoro assoluto del belcanto, e il libretto, che presenta alcuni limiti: è assai sintetico, le situazioni talvolta sono prive di realismo e i rapporti di forza sono ridotti al minimo. Ecco perché per lo spettatore moderno questa scrittura può “risultare poco credibile e quindi poco commovente ed in definitiva poco coinvolgente. Questo “amore impossibile” sembra molto teorico e poco convincente. È pertanto responsabilità del regista trovare una chiave di lettura, che possa far emergere nuove tensioni, creando così un mondo teatrale più forte, moderno e coerente con la forza della musica”.

Arnaud Bernard, nel concepire la drammaturgia dell’opera, la qualifica come “un’opera da museo. La partitura dei Capuleti mi è apparsa come un’opera d’arte protetta da una teca, un’opera che possiamo contemplare ma non riusciamo a toccare. (…) Rispettando la struttura di Bellini, tre scene al primo atto, tre al secondo, percorriamo il museo, di sala in sala, ed incontriamo questi fantomatici personaggi che sfidano gli abitanti attuali del luogo. Percorso storico dunque, percorso psicologico, percorso verso il nero della morte. La scenografia asseconda questi percorsi: dall’oro sontuoso dello sfarzo, passiamo al rosso vivo delle tensioni, al verde brillio dalla passione. Ci inoltriamo attraverso corridoi segreti e passiamo da una stanza all’altra senza fermare la musica che è il vero filo d’Arianna di quest’opera: unità di luogo, unità di tempo, unità di azione. L’epoca rispettata. La fluidità dello spettacolo al servizio dell’emozione per uno spettatore diventato oramai molto esigente”.