Punti nascita, dopo Trentino e Veneto, anche l’Emilia Romagna chiede deroga al Ministero

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L’obbligo della chiusura delle strutture che effettuano meno di 500 parti all’anno rischia di penalizzare i territori di montagna, anche se il tema della sicurezza non deve mai venire meno

punti nascita ospedale culleL’obbligo deliberato dal ministero della Sanità di chiudere i punti nascita che effettuino meno di 500 parti all’anno sta suscitando proteste in tutto il NordEst, in quanto la chiusura del servizio penalizza particolarmente i territori di montagna, spesso molto distanti dai centri di fondovalle e con difficoltà di raggiungimento specie nella stagione invernale.

Dopo il Trentino e il veneto, anche l’Emilia Romagna scende in campo per chiedere la deroga ai criteri ministeriali rispetto agli standard previsti. Garantire, sopra ogni altra cosa, la sicurezza di mamme e neonati: questo è l’obiettivo a cui la Regione non rinuncerà. Niente è stato ancora deciso per quanto riguarda i punti nascita di Borgo Val di Taro (Parma), Castelnovo ne’ Monti (Reggio Emilia) e Pavullo nel Frignano (Modena), che nel 2016 hanno registrato un numero di parti molto inferiore rispetto ai 500 previsti dall’Accordo Stato-Regioni del 2010. Ed evidenziato una percentuale di cesarei superiore rispetto all’indicazione del decreto ministeriale di riferimento.

In ogni caso, appena saranno disponibili le valutazioni conclusive della Commissione nascita regionale, verso la quale la Giunta ripone ampia fiducia, verrà chiesta al ministero della Salute, tramite la Commissione nascita nazionale, la possibilità di derogare rispetto agli standard previsti dalla normativa vigente.

Secondo il presidente della regione, Stefano Bonaccini, continua ad essere assicurata la massima disponibilità al confronto con le istituzioni e le comunità locali. In campo non c’è e non c’è mai stata l’intenzione di risparmiare, al contrario sono previsti investimenti per 9 milioni di euro per migliorare i Pronto soccorso, le sale operatorie e l’accessibilità delle strutture sanitarie nell’Appennino. Previsto anche un ulteriore incremento degli organici, con l’assunzione di circa 44 medici e infermieri che consentiranno di aumentare l’attività chirurgica e di realizzare almeno 1.500 interventi in più ogni anno, garantendo un futuro stabile e di sviluppo agli ospedali montani; oltre alla disponibilità ventiquattro ore al giorno sette giorni su sette, del servizio di elisoccorso notturno. Tutto ciò viene realizzato, in condivisione con le Conferenze territoriali sociali e sanitarie e con le Aziende sanitarie, proprio per preservare e migliorare ulteriormente la qualità e la sicurezza delle cure.

«L’assessore Venturi ha tutta la mia stima per lo straordinario lavoro che sta facendo – ha esordito Bonaccini, prendendo la parola in Aula per rintuzzare la proposta di mozione di sfiducia stilata dalle minoranze -. Mi auguro che nessuno pensi che vogliamo risparmiare, perché nessun ospedale chiuderà in questa regione. Vogliamo però riqualificarli, e per questo investiremo 9 milioni per le strutture sanitarie dell’Appennino. Perché l’obiettivo che ci muove – ha sottolineato Bonaccini – è che la sicurezza, la tutela della salute dei cittadini, non vengano mai meno. Come per i vaccini, così per i punti nascita». 

L’Organizzazione mondiale della sanità e l’Accordo Stato-Regioni del 2010 fissano il numero di almeno 1.000 nascite all’anno quale parametro standard a cui tendere per il mantenimento dei Punti nascita; 500 parti la soglia minima definita di sicurezza. Fermo restando che in discussione è solo il parto e non tutto ciò che attiene a gravidanza, puerperio e permanenza dei reparti, che comunque continueranno a essere confermati nelle sedi attuali, con un miglioramento dei servizi esistenti.

Nel 2016 il Punto nascita di Borgo Val di Taro (Parma) ha registrato 124 parti (nel 2015 erano 157), con una percentuale di tagli cesarei del 35,2% (la più alta di tutti i punti nascita attivi in regione). Sempre nel 2016, il Punto nascita di Castelnovo ne’ Monti (Reggio Emilia) ha registrato 153 parti (159 nel 2015), con una percentuale cesarei del 29,5%. Infine, a Pavullo nel Frignano (Modena) l’anno scorso i parti sono stati 196 (261 nel 2015); 13,7% la percentuale dei tagli cesarei.