Auto elettrica: i consumatori non abboccano, ma il governo Meloni aumenta gli incentivi 2024

Cresce la svalutazione rispetto a quelli termici, mentre per l’auto prodotta in Cina aumentano i problemi di reperibilità dei ricambi.

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Da queste colonne lo abbiamo più volte scritto e ribadito: l’auto elettrica, allo stadio attuale di sviluppo, specie per quanto riguarda la tecnologia delle batterie, non è conveniente per i consumatori, oltre che essere di difficile utilizzo per la gestione delle ricariche e per l’esposizione ad una maggiore svalutazione e, per i prodotti in Cina, anche a problemi di reperibilità dei ricambi.

E nonostante l’acclarato insuccesso di vendite dell’auto elettrica, il governo Meloni continua a mettere soldi su soldiper incentivarne l’acquisto, a danno delle gamme di prodotto realmente utili per i consumatori, finendo così con il penalizzare il mercato e il ricambio di quella fascia di veicoli circolanti più vecchia ed inquinante.

Secondo il III rapporto Sicurauto sulle auto elettriche, questo prodotto soffre di una svalutazione maggiore e più accelerata rispetto ad un modello omologo con motorizzazione tradizionale, trascinato in basso sia dal calo del prezzo di acquisto dei veicoli nuovi – eclatante il caso delle Tesla – che dalla scarsità di interesse da parte degli acquirenti dell’usato, con un calo medio del 50% a 5 anni dall’immatricolazione rispetto ad un 38-40% di uno tradizionale.

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Non solo: c’è anche una questione sempre più stridente riguardo alla disponibilità dei ricambi, specie se si tratta di modelli prodotti in Cina. Quando si rompe una batteria, sono grossi problemi, specie se la garanzia è scaduta, perché al momento i produttori non ne prevedono la sua riparabilità, ma solo la sostituzione completa, anche in quei casi di batterie che non sono direttamente coinvolte in incidenti, ma che vanno comunque in sicurezza per scongiurare fenomeni di cortocircuito. Ma anche quando c’è un problema apparentemente minore, come la necessità di cambiareun pezzo di carrozzeria, capita sempre più spesso di dovere attendere settimane se non mesi di fermo macchina in carrozzeria per l’attesa del ricambio.

In questo contesto dove l’auto elettrica non decolla nelle vendite, il governo Meloni rilancia anche nel 2024 nei sostegni all’acquisto di veicoli nuovi, specie se elettrici ed ibridi, a danno di quelle tradizionali. Per gli incentivi sono disponibili 570 milioni di euro, ripartiti in 205 milioni per la fascia 0-20 g/km CO2 (praticamente le elettriche pure), 245 milioni di euro per la fascia 21-60 g/km CO2 (le ibride con batteria) e solo 120 milioni per la fascia di prodotto più gradita dai consumatori, quella con emissioni 61-135 g/km CO2.

Rispetto al 2023 ci saranno più soldi sulle prime due fasce, quelle snobbate dagli italiani (+15 milioni nella prima e +10 nella seconda) e meno (-30 milioni) nella terza, quella che invece è la più attesa, nonostante che dei 190 milioni di euro previsti per il 2023 sulle auto 0-20 g/km, dopo dieci mesi e mezzo ne siano ancora disponibili 114,7, più del 60%. Dei 235 milioni stanziati sulla seconda fascia, invece, ne sono addirittura disponibili l’88%, oltre 207 milioni. Il flop 2023 si aggiunge al fallimento registrato nel 2022, quando avanzarono, rispettivamente, 127 e 147 milioni.

Tutt’altra musica per la fascia 61-135 g/km CO2, quando i 150 milioni stanziati sulle auto finirono il 6 febbraio, dopo appena cinque settimane dal via. Non è azzardato immaginare, dunque, che stavolta finiranno ancor prima che arrivi il mese di febbraio. Considerando l’entità del contributo, pari a 2.000 euro, potranno beneficiarne appena 60.000 acquirenti, i primi che lo prenoteranno.

Davvero non si capisce perché anche il governo Meloni s’intestardisca a rimanere nella linea di governo lanciata da M5s e Pd unicamente per una motivazione ideologica, del tutto destituita di fondamento, perché oggi possono essere ecologicamente sostenibili anche i veicoli con motore tradizionale purché alimentati con carburanti a basso impatto ambientale, cosa che non esporrebbe la manifattura automobilistica italiana ed europea a dipendere dai monopoli produttivi cinesi, preoccupanti anche per una questione geopolitica.

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