Divorzio in seno al Consorzio tutela vini Valpolicella: l’Amarone si suddivide

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Direttivo Famiglie dellAmarone Sandro Boscaini Marilisa Allegrini Stefano Cesari 1
Direttivo Famiglie dellAmarone Sandro Boscaini Marilisa Allegrini Stefano Cesari 1Nasce l’Associazione Famiglie dell’Amarone d’arte. Allegrini: “una reazione contro lo scempio nei confronti del vino simbolo della Valpolicella”

E’ divorzio tra l’Associazione Famiglie dell’Amarone d’arte (12 cantine che esportano 85% della produzione all’estero e principalmente in Canada, Svizzera, Usa Svezia e Germania, che nel 2009 si sono associate a tutela delle qualità dell’amarone contro logiche di massificazione: Allegrini, Begali, Brigaldara, Masi, Musella, Nicolis, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Venturini, Zenato) e il Consorzio Tutela Vini Valpolicella. Lo ha comunicato a Verona la presidente dell’associazione Marilisa Allegrini sottolineando che “da tempo è in atto uno scempio nei confronti del vino simbolo della Valpolicella”.

A fare “alzare” le 12 Famiglie dell’Amarone (circa 140 milioni di euro il fatturato annuale complessivo) dal Tavolo di concertazione a cui sedevano con il Consorzio “le modifiche capestro al disciplinare di produzione”. Sotto accusa, in particolare, l’ipotesi emersa in questi giorni e mai comunicata al Tavolo di concertazione dell’eliminazione del limite alla Doc per i vigneti impiantati in terreni freschi e di fondovalle. “Una sorta di condono tombale – dice l’associazione – per chi purtroppo già pratica, indisturbato, una produzione mai consentita dal regolamento”.

“La verità – spiega il responsabile del Tavolo per le Famiglie dell’Amarone, Sandro Boscaini – è che, nonostante le nostre rivendicazioni, la politica di gestione non tiene più conto delle zone vocate e si adegua solo a minimi parametri di legge, a tutto svantaggio della riconoscibilità di uno dei vini simbolo del ‘Made in Italy’ nel mondo”. Le famiglie si schierano compatte a difesa della qualità del grande vino. “L’Amarone – sottolinea Boscaini – si può produrre solo nei terreni vocati. Il Consorzio pone invece obiettivi di quantità, sulla base delle richieste del mercato. Non per nulla negli ultimi 15 anni l’aumento della produzione è stato del 1.140%, ma l’Amarone non è una ‘commodity’ e la sua fortuna nel mondo è dovuta al nostro assunto, non al loro”.

“Contestualmente – ha aggiunto Allegrini – chiediamo a tutti, a partire dai produttori di collina che hanno a cuore le sorti dell’Amarone, di partecipare uniti alla prossima assemblea (il 10 maggio) indetta dal Consorzio. Obiettivo: scongiurare le modifiche capestro al disciplinare di produzione”.

Le Famiglie dell’Amarone, che hanno modificato il regolamento interno consentendo l’ingresso ad altri produttori, rilanciano quindi in nome della tutela della qualità del prodotto senza condizioni. “Riteniamo a questo punto doveroso chiamare a raccolta tutti i produttori di qualità – ha detto il vice presidente dell’Associazione, Stefano Cesari – per ripristinare i valori fondanti della produzione, a scapito di interessi che coionvolgono tutti noi, con la consapevolezza che la posta in palio è molto più importante. Per questo il 10 maggio, nell’assemblea del Consorzio, proporremo l’aggiunta all’articolo 3 (dichiarante le delimitazioni delle zone produttive tra classica, doc e Valpantena) di una specifica declaratoria che differenzi la collina dalla pianura. Tale differenziazione è già contenuta nella Carta Angelini del 1998 (“Delimitazione dell’area a più alta vocazione viticola”) ed è a questa che noi intendiamo riferirci”.