Al Teatro la Fenice si festeggia con la IX di Beethoven

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teatro-la-fenice-venezia-ilnordestCelebrato a Venezia il decennale dalla ricostruzione del teatro incendiato

Non è stato all’altezza delle aspettative il concerto straordinario per il decennale della ricostruzione del Teatro La Fenice. Organizzazione solenne, con tanto di autorità, nomi locali, ambasciatori americani e retorica europeista. In programma, anche per chi di musica non se ne intende e a teatro è stato invitato d’ufficio, il rinomato direttore franco-americano Lorin Maazel (6 marzo 1930) e l’ancor più nota Nona Sinfonia di Beethoven, il cui Inno alla gioia, in un contesto siffatto, si è visto dislocato dal suo spirito e invito originario.

«L’evento importantissimo per la cultura non solo italiana, ma anche europea» – secondo le parole di Maazel – si è aperto con saluti, ringraziamenti e con un’esecuzione sottotono e defilata dell’Inno di Mameli, che ha tuttavia visto scattare in piedi tutto il teatro. Un teatro che si è mantenuto nei limiti a ribasso dell’esplicita richiesta del ‘dress code’ da parte degli organizzatori dell’evento, pena l’impossibilità di accedere alla platea. Pochissimi i giovani in sala e probabilmente pochi i musicofili, dato l’obiettivo della ovazione raggiunta, nonostante il sincretismo poco fecondo tra due espressività musicali: quella di Maazel e quella della Nona. Un’interpretazione che, più che travisare, non è arrivata a cogliere o a comunicare il senso né la grandezza di una Sinfonia che, prestata ai differenti ambiti della comunicazione mediatica, ogni tanto meriterebbe di essere valorizzata. La direzione, improntata ad un narrativismo che ha visto smorzati i contrasti espressivi che caratterizzano la composizione, ha privilegiato un’immediata e serena comunicabilità, forse un po’ compassata, la quale ha reso poca giustizia al lato fantasmagorico e all’ebbrezza della musica che, un Beethoven ridotto all’ormai completa sordità, ha voluto esprimere: Inno non solo alla gioia, ma anche alla musica, alla sua potenza e alla bellezza. Ultima sinfonia progetto di una vita, il cui creatore non ha nemmeno potuto goderne.

Lorin Maazel è forse un po’ troppo anziano per un’orchestra come quella del Teatro La Fenice, dalle ottime potenzialità, ma che per suonare ad alto livello avrebbe bisogno di essere seguita e spronata. Bravi i cantanti solisti, mentre il coro, non impeccabile, però entusiasta, ben s’intonava con i toni e il testo dell’Inno di Schiller. Il primo movimento, ‘Allegro ma non troppo e un poco maestoso’, non è riuscito a rendere la nascita dal silenzio del suono e del suo intrecciarsi per diventare opera, idea della creazione musicale in sé e, in modo particolare data la biografia dell’Autore, della Nona: allusione all’Incipit di ogni esecuzione musicale, all’accordatura dell’orchestra. Il secondo movimento, ‘Molto vivace’, ha visto sottomesse alla linea espressiva decorosa e moderata del Direttore le esplosioni timbriche che lo caratterizzano. Un movimento lento ‘Adagio molto e cantabile’, trascorso come distensivo intermezzo tra i due acmi del secondo e del quarto, ben si accostava al pubblico, amante del noto, atteso Inno. Il movimento finale, ‘Presto- Allegro assai’, è stato senza dubbio il momento più emozionante. La geniale composizione ha ecceduto ogni tentativo di Maazel di contenere ammansendo quel sovrapporsi di voci, temi e moti del cuore che la caratterizzano. Per quest’Inno, unico vero e importante momento della cultura europea, nessuno s’è alzato in piedi. Accantonando qualsiasi retorica, si tratta di un brano la cui bellezza oggettiva vale al di là di ogni possibile scelta di gusto, di linea interpretativa e di un direttore di molta esperienza, presente e coerente durante tutta l’esecuzione.

Più che un evento importante per la storia della musica e della cultura italiana ed europea, un’occasione per onorare attraverso due grandi interpreti, un teatro, un’istituzione culturale, un luogo che questa storia ha ospitato e promosso nelle sue eccellenze.