Tragedia di Refrontolo, 4 morti e cinque feriti per un’improvvisa “bomba” d’acqua

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refrontolo molinetto della croda torrente in piena
refrontolo molinetto della croda torrente in pienaDa placido torrentello di collina, il Lierza è diventato pauroso scaricando in pochi attimi una quantità d’acqua impressionante che ha travolto tutto lungo il suo percorso. Zaia: «serve un intervento straordinario per mettere in sicurezza tutto il Veneto»

A meno di 36 ore dall’esondazione del torrente Lierza che ha provocato la devastazione di una tensostruttura che ospitava una festa privata e la morte di quattro persone, Refrontolo si svegliata con il cielo sereno e un quadro meteorologico stabile che dovrebbe agevolare le attività di Protezione civile, Vigili del fuoco ed altri organi tecnici previste nella giornata.

Delle cinque persone ferite ricoverate negli ospedali, tre sono state dimesse mentre le due più gravi, ricoverate all’ospedale di Treviso, si trovano nel reparto di terapia intensiva con lesioni ortopediche. La prognosi rimane per entrambi riservata ma, per almeno uno di essi, escluso il pericolo di vita. I Vigili del fuoco hanno mantenuto nella notte un presidio precauzionale, rimasto inattivo, e nella giornata proseguiranno la loro opera sostanzialmente con la ripulitura dell’alveo del Lierza dal materiale ingombrante trascinato dalla piena, in larga misura consistente in piante sradicate o parti di esse.

Dopo le diverse considerazioni tecniche sulle possibili cause dell’evento, quella nettamente prevalente sembra convergere sulla pura fatalità, ossia sulla coincidenza di intense precipitazioni molto localizzate nelle aree di alimentazione dei vari piccoli affluenti del torrente esondato, e questo senza che una sola goccia di pioggia, al contrario, sia caduta nel centro del capoluogo di Refrontolo. In giornata la Protezione civile appronterà una mappatura sistematica dei territori di questo ed altri tre comuni contigui – Cison di Valmarino, Tarzo e Follina – nei quali, complessivamente, sono state contate oltre 50 frane di modesta dimensione, molte delle quali cadute sulla viabilità ordinaria ormai già ripristinata all’80%. A destare qualche preoccupazione sono anche alcuni piccoli ponti sulla viabilità comunale minore.

refrontolo molinetto della croda torrente magroIl torrente Lierza era stato sottoposto a manutenzione ordinaria, e dunque pulito da ogni ostacolo che si trovasse nel suo alveo, alla fine del 2013. Nel recente Piano di assetto del territorio (Pat) di Refrontolo l’area colpita sabato sera dall’evento alluvionale non era classificata come a rischio idrogeologico. Lo ha sottolineato il sindaco, Loredana Collodel, riferendo l’esito di una riunione di giunta straordinaria svolta ieri sera assieme al comune confinante di Pieve di Soligo. I due territori sono infatti divisi per un lungo tratto proprio dal torrente Lierza, il quale, a valle di Refrontolo, prosegue nel comune pievigino. «Oggi i tecnici – ha spiegato ancora Collodel, in carica da due mesi – intendono comprendere con esattezza la quantità d’acqua caduta nei comuni a monte, soprattutto Tarzo e Cison di Valmarino, e per questo utilizzeranno i dati dei molti pluviometri installati nelle aziende agricole locali». Un ulteriore accorgimento che dovrà essere preso, ha spiegato ancora il primo cittadino, è quello di trasportare il materiale trascinato a valle dalla piena, che stato e che sarà raccolto nelle prossime ore, in un’area lontana dai pendii, viste le possibili conseguenze di precipitazioni piovose che nessuno, prima di ieri, avrebbe potuto immaginare.

Nella zona colpita dall’alluvione è tornato il presidente del Veneto Luca Zaia, che ha accompagnato in una visita ai danni il ministro all’ambiente Gianluca Galletti. «Per mettere in sicurezza il Veneto servono due miliardi di euro. Ci vuole un piano Marshall. dal 2010 che lo chiediamo al governo, ma non successo nulla.

La tragedia di ieri, non c’entra con il dissesto idrogeologico» sottolinea Zaia che non ci sta a finire sul banco degli imputati per la bomba d’acqua nel Trevigiano: «siamo tutti bravi a fare tanti discorsi quando capitano queste cose, ma quando si tratta di investire i soldi non arrivano mai. Si è trattato di una bomba d’acqua spaventosa, che ha scaricato una massa impressionante sul torrente Lierza, che scorre accanto all’antico Molinetto della Croda. L’area dove le quattro vittime stavano cenando è disabitata. Non c’è stata alcuna cementificazione.

REFRONTOLO-BOMBA-DACQUA-ZAIA-facebookUna zona incontaminata che abbiamo chiesto all’Unesco di proclamare patrimonio dell’umanità». Zaia nega eventuali responsabilità dei vigneti di Prosecco che fioriscono numerosi nella zona tipica: «quell’alveo non è stato mai toccato dall’uomo, non ha nemmeno gli argini. Anche quei vigneti sono storici, ma ci sono più boschi che vigneti. Tanto che in quella zona non c’è mai stata una frana. Chi dice queste cose non conosce il Veneto. Le acque dei fiumi scorrono sul piano di campagna. I nostri colli sono fragili perché di formazione morenica. La cementificazione la troviamo a valle, non sui colli del prosecco – prosegue Zaia – abbiamo centinaia di chilometri di argini vecchi su cui fare manutenzione, ma per farla abbiamo bisogno di risorse. Nel 2010 l’acqua ne ha sfondati 32. Il governo deve metterci i soldi. Finora abbiamo ricevuto solo 300 milioni del governo Berlusconi per l’alluvione del 2010».

Zaia torna anche sulle critiche alla similitudine che lui ha fatto a caldo con il Vajont: «qualcuno mi ha criticato perché ho fatto dei paragoni con il Vajont, ma quella stata una tragedia annunciata, però ha una caratteristica simile rispetto alla dinamica idraulica: la bomba d’acqua che arriva all’improvviso e in pochi istanti travolge tutto. Per dare una dimensione, dell’evento, tutte le auto parcheggiate, il capannone della Pro Loco e pure i cadaveri delle persone che han perso la vita li abbiamo trovati distanti circa un chilometro lontano dal teatro dell’evento».

Zaia punta dritto su Roma esul suo essere taccagna nei confronti di un Veneto che versa fior di tasse ma che riceve poco: «il Veneto nel 2010 non andato sotto acqua perché l’acqua ha sormontato gli argini, ma perché 35 argini si sono rotti, il che vuol dire che esiste un problema di manutenzione, ma per fare manutenzione degli argini, fare grandi bacini di laminazione per contenere le piene ci vogliono soldi. Noi diamo tasse a Roma per 21 miliardi all’anno e vogliamo che ci restituiscano le nostre tasse perché viene prima la sicurezza dei veneti. Nel 2010 abbiamo presentato un piano che in grado di mettere il sigillo di fatto e sicuro al 100%, in Veneto. Vale due miliardi di euro. Siamo pronti a cantierarlo da subito, ma a Roma ci diano le risorse».

Sul luogo della tragedia è giunto nel primo pomeriggio il ministro all’ambiente Gianluca Galletti: «siamo davanti a una tragedia e porto qui la vicinanza del governo. Il nostro è un Paese morfologicamente malato: il dissesto uno dei principali problemi italiani e il suo contrasto stato messo fin dal primo giorno tra le priorità del governo. Il nostro primo atto – ha Galletti – stata la creazione di un’unità di missione proprio sul dissesto idrogeologico, una cabina di regia a Palazzo Chigi per coordinare l’attività dei ministeri. Ci siamo resi conto poi che molte risorse erano incagliate presso le Regioni, con un meccanismo sbagliato che complicava invece di semplificare: lo abbiamo cambiato, togliendo i commissari. Nel decreto 91 – ha concluso Galletti – c’è un’autorizzazione unica per gli interventi di contrasto al dissesto: non bisogna chiedere più mille permessi, questo dovrebbe permettere di spendere meglio i fondi disponibili».

Quanto alle possibili implicazioni della coltivazione dei vigneti nella tragedia, il presidente del Consorzio di tutela del vino Valdobbiadene Prosecco Superiore Innocente Nardi, dopo avere espresso il cordoglio per questa tragedia alle famiglie colpite, ha sottolineato come « questo tragico evento non ha alcun legame con la coltivazione della vite. Fare viticoltura significa salvaguardare il paesaggio, il territorio per noi un valore aggiunto. Un imprenditore nel momento in cui coltiva il vigneto lo fa con una logica di conservazione del territorio e con attenzione alle normative di legge. La zona sottoposta al massimo grado di tutela imposta dai Beni Ambientali. Siamo estremamente convinti – ha concluso Nardi – che la presenza di tremila viticoltori, per un totale di seimila ettari vitati in un’area che comprende 15 amministrazioni comunali costituisca una presenza continua e capillare che garantisce la manutenzione del territorio».