Il Pil rivalutato con le attività illecite fa scendere la pressione fiscale, ma quella effettiva sfiora il 49,5%

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Cgia mestre giuseppe bortolussi
Cgia mestre giuseppe bortolussiBortolussi (Cgia): «il carico gravante su famiglie ed imprese è giunto ad un livello spaventoso»

Con un gioco di prestigio reso possibile dall’armonizzazione dei metodi di calcolo a livello europeo del Pil, grazie all’introduzione tra i fattori produttivi del Belpaese dell’economia illegale (criminalità organizzata, spaccio stupefacenti, prostituzione, ecc.) nel 2013 la pressione fiscale in Italia è scesa al 43,3%, 0,5 punti percentuali in meno rispetto al dato calcolato con la vecchia metodologia.

Peccato solo che quella reale. Quella gravante sui cittadini e sulle imprese in regola con il Fisco, sia ben più alta, come conferma il segretario generale degli artigiani di Mestre, Giuseppe Bortolussi: «la pressione fiscale reale, vale a dire quella che grava sui contribuenti onesti, che si misura togliendo dal Pil nominale il “peso” dell’economia non osservata, si colloca appena sotto il 50%, attestandosi, secondo una nostra stima, al 49,4%. Un carico fiscale spaventoso».

La Cgia, che da anni effettua un monitoraggio molto puntuale sull’andamento della pressione fiscale “reale”, è giunta a questo risultato ricordando che il Pil nazionale, include anche la cifra imputabile all’economia sommersa prodotta dalle attività irregolari che, non essendo conosciute al fisco, non pagano né tasse né contributi. Secondo l’Istat, l’economia non osservata – che ora include anche il valore aggiunto “prodotto” dal contrabbando di sigarette, dalla prostituzione e dal traffico di stupefacenti – si aggira attorno ai 200 miliardi di euro all’anno. 

Ricordando che la pressione fiscale ufficiale è data dal rapporto tra le entrate fiscali/contributive ed il Pil prodotto in un anno, nel 2013 la nuova pressione fiscale ufficiale scende, rispetto alla precedente stima, al 43,3%.  

Tuttavia, se si “storna” dalla ricchezza prodotta la quota addebitabile al sommerso economico e alle attività illegali che non producono nessun gettito per l’Erario, il Pil diminuisce (quindi si “contrae” il denominatore) e, pertanto, aumenta il risultato che emerge dal rapporto. Quindi, la pressione fiscale “reale” che grava su coloro che pagano correttamente le tasse è molto superiore a quella ufficiale che viene calcolata dall’Istat che, è bene sottolinearlo, rispetta fedelmente le disposizioni metodologiche previste dall’Eurostat.