Europa sempre più ingolfata: la BCE riduce ulteriormente i tassi d’interesse e le prospettive inflattive

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Draghi porta a 0 il tasso sui prestiti e al -0,40% il tasso sui depositi. In calo pure le attese sull’inflazione nel 2016 ora stimata allo 0,1% dal precedente 1%

 

mario draghi 2“Supermario is back”, Supermario (Draghi) è tornato: questo il commento più frequente fra i giornalisti e gli addetti ai lavori nella nuova sede della Bce dopo un pacchetto di nuove misure senza precedenti, in sei mosse, che appare decisamente sopra le attese dei mercati. 

A sorpresa (pochissimi lo avevano citato fra le possibilità) il consiglio direttivo guidato da Mario Draghi ha tagliato il tasso principale d’interesse, fermo da mesi a 0,05%, portandolo a zero dopo che era stato detto che il livello raggiunto fosse invalicabile. Scende anche il tasso sui prestiti marginali (a 0,25%). La seconda mossa è un taglio del tasso sui depositi a -0,40%, decisione attesa dai mercati. 

Il “quantitative easing”, a partire da aprile, accelera decisamente dai 60 miliardi di titoli acquistati mensilmente a 80 miliardi: i mercati si aspettavano in media 70 o 75 miliardi. Altra mossa a sorpresa, di cui si parlava da tempo ma senza segnali concreti è che la Bce ora acquisterà anche bond delle aziende non bancarie purché abbiano un rating con livello d’investimento (cioè non speculativo). Infine, è la sesta mossa, la Bce da giugno lancia un pacchetto di quattro prestiti Tltro alle banche: presterà liquidità illimitata agli istituti che fanno credito all’economia. E per la prima volta il tasso su questi prestiti sarà non più il tasso principale ma il tasso sui depositi, quindi negativo: in pratica la Bce pagherà alle banche che ricevono un prestito un tasso dello 0,40%.

Draghi, aveva sempre detto che la Bce ha in mano strumenti praticamente infiniti per combattere la crisi economica in Europa. Con la riunione di oggi ha dato la dimostrazione concreta della sua forza. L’annuncio ha messo il turbo alle Borse, che hanno cominciato a galoppare vista l’ampiezza, assolutamente inaspettata, delle misure espansive. Inoltre il programma proseguirà «se necessario» oltre la scadenza prevista di marzo 2017 «e in ogni caso fino a quando vedremo una sostenuta risalita della dinamica di inflazione» a valori coerenti con gli obiettivi. Draghi ha chiarito che i tassi d’interesse resteranno al livello attuale o addirittura più basso per un periodo di tempo molto lungo, anche se ha sottolineato come sussista un limite all’abbassamento dei tassi. 

A partire da giugno verrà lanciata una nuova serie di quattro nuove operazioni “Tltro”, finalizzate a far ripartire il credito all’economia reale, con durata di quattro anni. Le imprese potranno raccogliere fondi a un tasso che potrebbe scendere per le banche che hanno impiegato più fondi fino a quello dei depositi. Di fatto la Bce potrebbe pagare le banche anche affinché prestino alle imprese. A imporre decisioni così incisive è la situazione economica. Il rallentamento congiunturale sta diventando preoccupante per il banchiere centrale. Oggi la Bce ha tagliato le sue previsioni di crescita dell’area euro dall’1,7% all’1,4% nel 2016, dall’1,9% all’1,7% nel 2017 mentre per il 2018 stima un +1,8%. Molto sorprendente il taglio delle previsioni sull’inflazione per il quale ora l’Istituto centrale stima un indice dei prezzi al consumo a +0,1% dal precedente +1%, mentre per il 2017 stima un +1,3% (da +1,6%) e per il 2018 a +1,6%, un livello che comunque non sarebbe ancora agganciato all’obiettivo ufficiale di Francoforte (inferiore ma vicino al 2%). 

Draghi ha comunque ribadito che l’Eurozona «non è in deflazione» sebbene registrerà tassi di inflazione negativi per ancora «diversi mesi». Alla fine dell’anno, ha previsto, «l’inflazione salirà di nuovo grazie alla nostra politica monetaria, che ancorerà le aspettative di inflazione». In questo contesto di bassa inflazione e crescita «tutti i Paesi dell’area euro devono sforzarsi di approntare una composizione delle politiche di bilancio più favorevole alla crescita», ha aggiunto Draghi, spiegando che l’indebolimento delle prospettive di crescita dei Paesi dell’Eurozona e «una disoccupazione strutturale che resta elevata rendono decisiva l’applicazione di riforme strutturali».

«Una mossa attesa, sul costo del denaro, e una sorprendente sulle modalità d’intervento» afferma Andrea Goldstein, managing director di Nomisma commentando la decisione della Bce, che è anche «un trionfo per Mario Draghi, sempre più convincente nel suo ruolo di coordinatore della politica economica europea. Infatti la Bce dimostra di aver colto in pieno il significato del G20 di Shanghai, l’invito cioè ad agire su tutte le leve in maniera decisa e coordinata – afferma l’economista -. In Europa la politica monetaria sta facendo la sua parte, ma non può fare tutto: come Draghi ha ripetutamente sottolineato, è tempo di accelerare sugli altri fronti, politica fiscale e riforme strutturali. A livello globale, però, va cercato un meccanismo per evitare una pericolosa guerra delle valute. Non con una riedizione degli accordi del Plaza, ma con la cooperazione rinforzata in seno al Financial Stability Board».