Boeri: «insostenibile il sistema previdenziale di parlamentari e consiglieri regionali»

0
349
tito boeri
Il presidente dell’Inps denuncia la disparità di trattamento di pensionamento tra comuni cittadini ed eletti, il quali spesso godono pure di una doppia pensione. Con il calcolo contributivo le pensioni dei politici si ridurrebbero del 40%

 

tito boeriAl presidente dell’Inps, l’economista progressista Tito Boeri, piace tirare “bombe” mediatiche tra i pubblico e vedere l’effetto che fa. Ora tocca ai politici, agli esponenti di quella “casta” che predica bene (per gli altri, tutti i comuni cittadini), ma razzola male per sé stessa.

Oggetto dell’ultima intemerata del presidente del maggior istituto previdenziale italiano sono le pensioni dei politici, tema che Boeri ha affrontato nel corso di un’audizione in commissione Affari costituzionali della Camera. «Applicando le regole del sistema contributivo oggi in vigore per tutti gli altri lavoratori italiani all’intera carriera contributiva dei parlamentari, la spesa per vitalizi si ridurrebbe del 40%, scendendo a 118 milioni, con un risparmio, dunque, di circa 76 milioni di euro all’anno (760 milioni nei prossimi 10 anni)» ha detto Boeri, rimarcando come «i vitalizi dei parlamentari sono quasi il doppio di quanto sarebbe giustificato alla luce dei contributi versati».

Per Boeri «oggi ci sono circa 2.600 vitalizi in pagamento per cariche elettive alla Camera o al Senato. Applicando le regole che ci sono state comunicate alle informazioni disponibili sugli eletti alla Camera e al Senato nelle diverse legislature, si giunge a stimare il costo attuale dei vitalizi in circa 193 milioni di euro – spiega il presidente Inps ai deputati -. Si tratta di una sottostima perché ottenuta, come si è detto, applicando le regole ai soli anni di servizio presso il Parlamento italiano. Sono così stati esclusi eventuali anni di servizio presso il Parlamento europeo o presso Consigli Regionali. Questi concorrono alla formazione del vitalizio con le stesse regole dell’anzianità contributiva maturata presso il Parlamento italiano. Inoltre non teniamo conto degli assegni di fine mandato». 

Con le regole attuali «la spesa per vitalizi è destinata ad eccedere anche nel prossimo decennio di circa 150 milioni l’anno i contributi versati da deputati e senatori», insiste Boeri che osserva anche come «vi sono 117 ex-deputati e senatori con lunghe carriere contributive per i quali il ricalcolo potrebbe comportare un incremento del vitalizio secondo i dati a nostra disposizione. I risparmi derivanti dal ricalcolo contributivo salirebbero a circa 79 milioni se la correzione alla luce del ricalcolo contributivo avvenisse solo al ribasso, tenendo conto del fatto che per la stragrande maggioranza degli ex-parlamentari ha ricevuto un trattamento di favore rispetto agli altri contribuenti». Supponendo poi che il rapporto «fra vitalizi in essere e vitalizi ricalcolati sia lo stesso per i consiglieri regionali, il risparmio complessivo in caso di ricalcolo per l’insieme delle cariche elettive salirebbe a 148 milioni di euro circa per il solo 2016 (e circa un miliardo e 457 milioni sui primi 10 anni presi in considerazione dalle nostre simulazioni».

Ma Boeri sottace il fatto che moltissimi deputati e senatori fruiscono anche di un altro trattamento pensionistico: si tratta di quello che gli eletti al Parlamento o nei consigli regionali maturano anche durante il loro mandato connesso con il lavoro che essi svolgevano prima di essere eletti. Trattamenti che maturano parallelamente a quello da rappresentante del popolo. Per non dire del fatto che agli eletti spesso viene erogato un trattamento agevolato anche per l’indennità di fine mandato e per l’assicurazione contro gli infortuni e la premorienza, tutte cosette che i comuni mortali devono pagarsi di tasca propria.

La “bomba” scagliata da Boeri ha ovviamente fatto scandalo tra i diretti interessati, con una difesa d’ufficio da parte delle istituzioni («le pensioni di deputati e senatori non dipendono dal bilancio dello Stato o dell’Inps, ma fanno riferimento ai bilanci di Senato e Camera dei Deputati». Come se non si sapesse che i soldi che alimentano i bilanci dei due ram del Parlamento non vengono dallo Spirito Santo, ma direttamente dal bilancio dello Stato o, in definitiva, dai contribuenti tutti.

E che dire degli effetti della famosa “Legge Mosca” votata nel lontano 1974 su iniziativa del deputato Giovanni Mosca, ex sindacalista Cgil, i cui effetti si sono dispiegati sui sindacati e partiti, regalando fior di pensioni a fronte di contributi figurativi (ovvero non versati dai diretti interessati ma dallo Stato) per un costo di oltre 12 miliardi di euro si cui hanno beneficiato personaggi come Giorgio Napolitan, Armando Cossutta, Ottaviano del Turco, Achille Occhetto, Fausto Bertinotti, Pietro Larizza, Sergio d’Antoni o Franco Marini.

Se sacrifici devono essere per i comuni cittadini, pari sacrifici – e pari trattamento – devono esserci anche per i rappresentanti del popolo, i quali non possono deliberare sacrifici per gli elettori e poi applicare per gli eletti (ovvero per loro) corsie e trattamenti preferenziali. Tutti i cittadini devono essere uguali anche nel trattamento previdenziale. E pazienza se qualche ex eletto pensionato inneggia al moloch dei “diritti quesiti”, salvo il fatto che per i cittadini elettori i patti non vengono mai rispettati. E che la legge non è uguale per tutti.pensioni politici e sindacati