Cigia di Mestre, ecco il “vero” peso del fisco italiano: 49% (+6,4% rispetto a quello “ufficiale”)

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Pressione fiscale Documento programmatico di bilancio
Zaia: «nessuna speranza di ripresa se non si abbassa la pressione fiscale»

 

grafico crescita peso tasseSecondo la stima realizzata dall’Ufficio studi dell’Associazione artigiani di Mestre, sui contribuenti italiani fedeli al fisco grava una pressione fiscale “reale” che per l’anno in corso si attesta al 49%, ben 6,4% in più rispetto a quella ufficiale.

«Chi fa impresa, ad esempio, e si trova a subire un aggravio fiscale che sfiora il 50% per cento fa fatica a reggersi in piedi – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, Paolo Zabeo -. Sebbene il Governo Renzi abbia previsto nella nuova legge di Bilancio tutta una serie di misure che vanno nella direzione auspicata, il peso delle tasse rimane ancora eccessivo e del tutto ingiustificato rispetto alla qualità e alla quantità dei servizi pubblici erogati».  

La Cgia, che da anni fa un monitoraggio attento sull’andamento della pressione fiscale “reale”, è giunta a questo risultato ricordando che il Pil nazionale include anche l’economia non osservata ascrivibile alle attività irregolari che, non essendo conosciute al fisco, almeno in linea teorica non versano né tasse né contributi. 

Secondo l’Istat, nel 2014 l’economia non osservata ammontava a 211,3 miliardi di euro (pari al 13% del Pil): di questi, quasi 194,5 miliardi erano attribuibili al sommerso economico e gli altri 16,8 alle attività illegali. In questa nuova metodologia di calcolo, non viene inclusa tutta l’economia criminale, ma solo quelle attività che si compiono attraverso uno scambio volontario tra soggetti economici (come il traffico di sostanze stupefacenti, la prostituzione e il contrabbando di sigarette). Per gli anni 2015 e 2016 l’Ufficio studi della Cgia ha ipotizzato che il sommerso economico e le attività illegali incidano  sul Pil nella stessa misura del 2014 (ultimo anno in cui il dato è disponibile).

Ricordando che la pressione fiscale ufficiale è data dal rapporto tra le entrate fiscali/contributive ed il Pil prodotto in un anno, nel 2016, al lordo del bonus Renzi, è destinata a scendere al 42,6%. Tuttavia, se si “toglie” dalla ricchezza prodotta la quota addebitabile al sommerso economico e alle attività illegali che, almeno in linea teorica, non producono nessun gettito per l’Erario, il Pil diminuisce (quindi si “contrae” il denominatore), facendo aumentare il risultato che emerge dal rapporto. 

Di conseguenza, la pressione fiscale “reale” che grava su lavoratori dipendenti, sugli autonomi, sui pensionati e sulle imprese che pagano correttamente le tasse è superiore a quella ufficiale di 6,4 punti: per l’anno in corso è destinata ad attestarsi al 49%. Anche se in calo rispetto agli anni precedenti, il peso complessivo del fisco rimane comunque ad un livello insopportabile. 

«E’ evidente che con un peso fiscale simile – afferma il segretario della Cgia Renato Mason – sarà difficile trovare lo slancio per ridare fiato all’economia del paese in una fase dove la crescita rimane ancora molto debole e incerta». 

Il risultato della ricerca degli artigani mestrini ha avuto immediato riflesso sulla politica: «checché ne dica questo Governo, affannosamente alle prese con la legge di stabilità, non può esistere alcuna ripresa economica in presenza di una pressione fiscale del 49% – dice il governatore del Veneto, Luca Zaia -. È inutile drogare l’economia se il dato concreto è quello di una tassazione che inevitabilmente disincentiva gli investimenti, toglie ai giovani la voglia di intraprendere, blocca le società estere a scegliere il nostro Paese per creare lavoro e produzione. A ciò si aggiungono i nefasti effetti di una burocrazia che rende tutto più complicato e di una giustizia che non restituisce giustizia nei contenziosi».

Per Zaia «la ricetta del rilancio dell’economia è una sola: abbassare questa abnorme pressione fiscale e recuperare risorse tagliando tutti gli sprechi delle amministrazioni pubbliche, magari assumendo il modello Veneto per ritrovarsi subito 30 miliardi di euro disponibili. Ma è più facile continuare a vessare cittadini e imprese invece di aggredire i grandi bacini elettorali dell’eterno spreco italiano».cgia sommerso pressione fiscale